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Mario Nigro, tragico lirico totale

Il lavoro dell’artista italiano in mostra a Milano, a Palazzo Reale fino al 17 settembre e al Museo del Novecento fino al 5 novembre

Le orme, 1988
(Mognetti © Archivio Mario Nigro Milano)
10 settembre 2023
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A cinque anni della mostra dedicata a Mario Nigro presso la Fondazione Ragghianti di Lucca e poi la Fondazione Ghisla di Locarno, il Palazzo Reale e il Museo del Novecento di Milano ospitano una nuova presentazione del lavoro dell’artista italiano, importante esperienza per la nostra storia curata da Antonella Soldaini ed Elena Tettamanti.

Siamo di fronte a un lavoro concentrato, di fase in fase della propria carriera, a progettare come la pittura possa essere una realtà umana autonoma, strutturata, pregna dell’esistenza. Come egli disse a Carla Lonzi nel 1969, l’impegno è di costruire “una ricerca estetica come struttura intima dell’uomo”, cioè dell’essere umano. L’espressione è semanticamente densa, ricca, polivalente.

Partiamo dal concetto di ricerca. Essa è orientata alle formulazioni e formalizzazioni possibili, è più esigente che indulgente e ambisce a strutturare il soggetto pittorico con coerenza e con la forza dei meccanismi e dispositivi interni alla ricerca stessa: non ambisce tanto a piacere o a compiacere, piuttosto persegue una dignità intima. I due allestimenti di Milano sono felicemente complementari. Al Museo del Novecento vediamo l’opera su carta, la documentazione bibliografica e fotografica, i disegni, i lavori preparatori. È una parte del lavoro che ha funzione di cantiere e di area di definizione ipotetica; ciò consente a Nigro di produrre un corpo che, nella propria strumentalità, ci restituisce spesso una bella felicità artistica. Rispetto alla corrispettiva produzione pittorica, in alcuni casi la freschezza dell’impegno in cantiere offre una maggiore incisività poetica e pittorica, mentre nel quadro l’artista cerca una perfezione, un compimento che appesantiscono il peso specifico della componente programmatica. Altre volte l’efficacia delle proposte è complementare. Così, nelle due tempere su carta del 1955 che ci propongono un reticolo in nero su bianco, la gestualità essenziale (di “essenzializzazione della composizione”, scrive Antonella Soldaini) incide nella nostra percezione una griglia quasi brutale, nella quale la tensione tra i segni che occupano lo spazio è espressivamente e rappresentativamente efficace. Per Mario Nigro, “il reticolo crea questa sensazione dell’uomo che ha dinnanzi a sé una rete, come fosse prigioniero”. Tra le tempere su carta proposte al Museo del Novecento e la tempera su tela del 1965, Dallo spazio totale, esposta a Palazzo Reale, abbiamo una interessante complementarietà.


Mognetti© Archivio Mario Nigro Milano
Progetto per Composizione, 1951

Ruolo sociale della pittura

Passiamo alla preoccupazione estetica di Nigro, che affronta i modi possibili del ruolo sociale della pittura. Nei cataloghi che accompagnano le iniziative a Lucca e a Locarno e oggi quella milanese troviamo un ricco inventario di strumenti che ci aiutano a capire come ciò avviene. Dopo una prima fase produttiva legata ad alcune tradizioni della Toscana e ad altre extra-regionali, Nigro si insedia nel territorio dell’astrazione, all’interno del quale sviluppa un linguaggio e una poetica rivoluzionaria e generativa. Intendo dire che la sua modalità di trasferimento dei dati originari è rigenerativa, cioè genera una nuova realtà, pittorica. Il risultato è quindi autonomo dai dati di partenza e la pittura è una nuova realtà generata, più ancora che dall’artista, dal procedimento di rivoluzione, cioè di traduzione e di trasferimento. Mario Nigro mette in campo la propria formazione scientifica e farmaceutica, le proprie competenze musicali, la sensibilità politica e il coinvolgimento nei fatti sociali, l’ideologia comunista e umanista, le esigenze rispetto alla strumentazione pittorica, l’analisi e l’utilizzo (mentale e anche un po’ massimalista) del colore, della forma grafica, del rapporto tra supporto e area espressiva, le condizioni della propria esistenza e anche gli impulsi del vivere. Tutto ciò viene studiato e utilizzato ai fini della generazione di una nuova realtà, quella pittorica.

Un concetto centrale della sua azione è ‘totale’, aggettivo che egli applica prima alla dimensione dello spazio, poi del tempo. Ancora a Carla Lonzi, Nigro spiega: “totale … annulla ogni distinzione tra reale e possibile restituendo all’uomo l’evidenza di una totalità originale tra sé e mondo». Tutto ciò avviene, e qui riprendo alcune parole di Tommaso Trini, «nella consapevolezza profonda di pensare ed agire per contraddizioni evidenziate ma irrisolte e forse irrisolvibili… Totalità fu il suo motto in contrasto con ideali quali avanguardia e infinito che non erano altrettanto condivisivi”.

Quando poi, nella frase citata sopra, Nigro fa riferimento alla “struttura intima dell’uomo”, noi vediamo come sia il lavoro di analisi (o meglio di conoscenza; Francesca Pola, nel catalogo di alcuni anni fa ha scritto: ”per Nigro fare arte è una forma di conoscenza non per via di analisi ma di partecipazione”), sia quello di produzione sono strutturati e strutturanti, sulla base del vissuto intimo, cioè denso e pieno, in aderenza totale alla realtà dell’essere umano. Ringrazio ancora Francesca Pola, autrice anche nel catalogo odierno di un importante saggio; attingo alle frasi di qualche anno fa: “Lo spazio totale non è uno spazio puramente concettuale né una composizione a carattere esclusivamente formale ma un sostanziare il sentire umano attraverso la pittura. È la compiutezza di una scelta, il suo modo di schierarsi per la solidarietà tra gli esseri umani… Attraverso l’emotività introdotta dalla componente cromatica, Nigro ricerca una empatia, una partecipazione alla condizione inevitabile di lotta. La lotta è quella per la libertà dell’individuo, delle sue azioni e delle sue emozioni”.

Ecco perché noi troviamo, attraverso i suoi reticoli così come nella relazione tra linee frastagliate o continue o interrotte o guardando le tassellature o campiture cromatiche degli ultimi periodi, concetti come tragedia, amore, solitudine, emarginazione.

La mostra di Milano ricorre in occasione del trentennale della strage di via Palestro. Fu una tragedia raccapricciante, al contrario della estetica della tragedia di Nigro, e impedì l’allestimento di una mostra dedicata al nostro artista, un anno dopo la sua morte. L’impegno profuso da Mario Nigro per trasferirci dall’esperienza orribile della morte (la guerra, la violenza, l’eccidio, la malattia, l’incidente, la natura) alla lirica tragica in pittura è un grande dono.


© Archivio Mario Nigro Milano
Dallo spazio totale, 1954 - Museo del Novecento