ARTE

Giocare col mondo facendolo a pezzi

Lo sguardo sulla realtà dei 20 artisti selezionati per ‘La Regionale’, dall'8 dicembre al 28 gennaio 2024 negli spazi di Villa Ciani a Lugano

Enea Toldo, They use us (2023), olio su argilla, sabbia vulcanica e paglia su tela di iuta, 193 x 158 cm
6 dicembre 2023
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Un giovane artista in cerca del proprio posto nel mondo può rappresentare, intanto, il mondo che vorrebbe, che gli somiglia e lo rappresenta, recuperando dall'infanzia la sensazione di sicurezza, la dimensione piccola e intima, in un bosco che è tana, bozzolo e guscio, area sicura e siepe leopardiana oltre la quale, avendo ancora una vita da vivere, osservare quello che c’è al di là: il tappeto colorato, che evoca un paesaggio campestre, ricorda una coperta calda, e le sculture in ceramica, che completano l'installazione, sono il frutto di intersezioni fantastiche tra animali, vegetali e oggetti. È l'immaginario del venticinquenne locarnese Davide Barberi, che sa farsi forte della sua fragilità e se ne serve per costruire un ponte con i visitatori. Il rapporto dell'uomo con la natura, mediato attraverso il patrimonio culturale delle regioni montane, stimola anche la creatività del fotografo Massimiliano Rossetto, originario di Mendrisio: appare labile, pericolante, incerto l'equilibrio che bilancia l'avidità umana con le risorse non illimitate dell'ambiente, al punto che l'uomo è nascosto, assente, forse addirittura già estinto; è necessario che si fermi, si allontani un momento, rifletta sui propri errori, perché gli esiti della sua attività e il creato (o quello che è) contrattino le condizioni di una convivenza. Barberi e Rossetto sono due dei venti artisti selezionati per esporre nella seconda edizione de ’La Regionale‘, mostra biennale d'arte della Svizzera italiana, ospitata dall'8 dicembre al 28 gennaio 2024 negli spazi di Villa Ciani a Lugano, ovvero l'austerità neoclassica della dimora ottocentesca e la sfrenata libertà espressiva dell'arte contemporanea, che tende verso l'immersività, la multisensorialità, la concettualità.

Reagire al mondo così com’è

L'arte di Enea Toldo, ad esempio, si esprime impiegando una varietà di materiali che può sconcertare i profani: ‘They use us’ è un olio su argilla, sabbia vulcanica e paglia su tela di iuta che tracima leggermente dai limiti della tela. Con l'uso sperimentale di materiali naturali, come la sabbia raccolta a Sorrento durante una residenza invernale, Toldo crea paesaggi allucinati, diapositive infernali di una catastrofe ambientale che appare, più che imminente, già irrimediabilmente in atto: ulteriore testimonianza di una forma di reazione alla realtà che, al posto di incanalarsi in pericolose fantasticherie sul mondo che si vorrebbe (ci hanno provato le generazioni precedenti, con i disprezzabili risultati che vediamo) preferisce mostrare le cose così come sono o come, senza i necessari ripensamenti, potrebbero diventare. Un'altra risposta è il rifugio nel mondo interiore, anzi nella condivisione di interiorità ricercata dalla performer Francesca Sproccati, sacerdotessa ambient che maneggia computer, tastiere e giradischi proiettando frasi, poligoni vuoti, ombre in un sottofondo di musiche rarefatte, e poi a un certo punto attutisce i suoni e le luci e si sdraia in posizione supina, come un'eterea creatura di un tempo indefinibile, offrendo al visitatore il buio, un'intimità intellettuale e la libertà di andarsene. Anche Eleonora Meier apre finestre su altre dimensioni, oblò che sembrano affacciarsi su paesaggi di altri pianeti, universi che comunicano tra di loro, passaggi misteriosi verso mondi lontanissimi che appaiono improvvisamente a portata di mano.

Combinazioni di elementi

Scomporre il mondo e cercare un'armonia impossibile tra i frammenti: la bellinzonese Miki Tallone combina i tre elementi in lamiera di alluminio verniciata di ‘Instante 1.2.3.’ con una partitura visiva scomposta in dodici stampe fotografiche su carta Hahnemühle: sono suoni, respiri, petali, sensazioni che si coagulano in forme provvisorie, di cui ha isolato dei frammenti che tra di loro non combaciano, ed è, almeno per chi scrive, l'installazione più convincente dell'intera rassegna. Altri preferiscono puntare sulle suggestioni, i rimandi, le evocazioni della parola scritta. Abdelaziz Zerrou inventa un termine, SUISSIDE, che unisce Svizzera e suicidio, scritto con i caratteri dell'insegna del Credit Suisse, acquisito nella scorsa primavera dal concorrente istituto UBS. La scritta, realizzata su plexiglas termoforato con lampadine Led, ferro e cavi, si presta anche a giochi di parole e anagrammi, evocando in chi la osservi, come avverte l'opuscolo di presentazione della mostra (ottimamente redatto dai bravissimi curatori Daniele Agostini, Giada Olivotto, Sibilla Panzeri e Sébastien Peter), un senso di disagio e di mortalità imminente. Che sia questa una delle poche opere che, come rivelato dal presidente della commissione selezionatrice Tobia Bezzola, direttore del Masi, non hanno convinto tutti i giurati?