In mostra Mendrisio i disegni giovanili dell'architetto e urbanista svizzero
Siamo al Teatro dell’Architettura, ma in realtà di architettura ne troviamo poca. E da una parte è giusto così: l’idea con cui è nato questo spazio dell’Accademia di Mendrisio è appunto quello del dialogo e dell’incontro tra le arti, dell’impossibilità di isolare l’architettura dalle altre forme espressive. Abbiamo quindi l’opera di Le Corbusier approntata da due punti di vista. Al secondo livello, in tre salette, il cinema: sei mediometraggi per scoprire Villa Savoye, l’Unité d’habitation di Marsiglia, la città di Chandigarh in India, la chaise longue LC4. È una sorta di rassegna cinematografica, organizzata dall’Accademia in collaborazione con il Milano Design Film Festival, che spazia dal 1966 del documentario di Alain Tanner ‘Una Ville à Chandigarh’ a opere più recenti come quella l’esperimento di videoarte di Heinz Emigholz.
I film saranno proiettati, a ciclo continuo, negli orari di apertura del Teatro – 14-18 da martedì a venerdì, 10-18 sabato e domenica –, ma la parte principale dell’esposizione dedicata a Le Corbusier è al primo piano, dove troviamo i disegni giovanili, realizzati dal 1902 al 1916. Quando Le Corbusier non era ancora Le Corbusier: non solo perché le prime opere sono quelle di uno studente dell’Ecole d’arts appliqués di La Chaux-de-Fonds che ancora non aveva deciso di dedicarsi all’architettura e all’urbanistica, ma anche perché il nome d’arte con cui è universalmente noto nacque alcuni anni dopo e i disegni che troviamo sono ancora firmati Charles-Édouard Jeanneret.
Troviamo esposti, raccolti in ordine perlopiù cronologico, numerosi disegni provenienti da collezioni private e pubbliche svizzere, in gran parte inediti; abbiamo poi alcune riproduzioni di disegni originali e di carnet di viaggio eseguiti da Le Corbusier nello stesso periodo.
Le due date limite, 1902 e 1916, sono quelle dell’entrata nella scuola d’arte e del definitivo trasferimento in Francia. Tra quelle date troviamo il famoso viaggio in Oriente, da Berlino a Istanbul attraverso i Balcani e poi il ritorno via Grecia e Italia, sulla cui influenza si è tanto scritto e del quale troviamo alcuni interessanti disegni. È proprio in uno di essi – le colonne del Partenone – che Mario Botta, in conferenza stampa, ha affermato di vedere la nascita dell’interesse per l’architettura. Ma forse è più interessante lavorare di contrasto, guardare quei disegni vicini all’Art Nouveau, quelle ricerche sul decoro e l’ornamento e confrontarli con le linee delle sue costruzioni. La mostra ha anche un intento didattico: molti di quei disegni sono stati realizzati da Le Corbusier quando aveva l’età degli studenti dell’Accademia d’architettura: una lezione da imparare è probabilmente che, per poter superare determinati codici, bisogna prima conoscerli bene.
La mostra al Teatro dell’architettura si lega al lavoro della storia dell’arte Danièle Pauly che non solo ha curato l’allestimento ma è anche autrice del ‘Catalogue raisonné des dessins de Le Corbusier’, di cui il primo volume, pubblicato alla fine del 2019, costituisce in un certo senso il catalogo dell’esposizione.