“Il concetto che i frontalieri debbano contribuire a finanziare il servizio sanitario nazionale è corretto, ma la ‘tassa sulla salute’ è sbagliata”, osserva Alessandro Alfieri, senatore dem varesino, da sempre in prima linea (e non potrebbe essere diversamente, visto che abita a due passi dalla ramina, per cui i problemi transfrontalieri li conosce bene). La nuova fiscalità dei frontalieri, sottoscritta nel luglio 2023 e in vigore dal 1° gennaio di quest’anno, è scaturita da una sua proposta di legge. Negli ultimi giorni si è rianimata la discussione attorno alla ‘tassa sulla salute’ che, prevista dalla Legge di bilancio 2024, caso più unico che raro, dovrebbe essere applicata dal 1° gennaio 2025.
Introdurre il balzello tocca alle Regioni di confine con i Cantoni Ticino, Grigioni e Vallese. Piemonte e Valle d’Aosta non ci pensano, in quanto giudicano la ‘tassa sulla salute’ ingiusta. Solo la Regione Lombardia insiste: il Pirellone spera di incassare dal balzello fra i 100 e i 120 milioni di euro (oltre ai frontalieri, a pagare la ‘tassa sulla salute’ sarebbero anche i familiari a carico). Tuttavia Milano sbatte contro un macigno: la mancanza di un’anagrafe fiscale dei frontalieri, visto che Ticino, Grigioni e Vallese non intendono fornire dati sensibili che vanno a incidere sulla privacy dei frontalieri, ovvero il reddito netto percepito, sul quale poi calcolare il balzello.
“Coloro che hanno voluto la ‘tassa sulla salute’ sapevano perfettamente che da parte svizzera non avrebbero avuto la benché minima collaborazione – sottolinea Alfieri –. In tutte le occasioni li ho avvisati. Stesso avvertimento da parte svizzera. Nonostante ciò hanno voluto continuare per la loro strada, che si è infilata in un vicolo cieco. Ora Roma sta cercando un’intesa con Berna per avere una base legale che possa permettere ai cantoni di confine di trasmettere l’anagrafe fiscale dei frontalieri. Per quanto mi risulta Berna sarebbe molto tiepida. Che la Regione Lombardia sia in difficoltà lo conferma la bislacca idea di un’autocertificazione per chiedere a ogni frontaliere di comunicare il proprio reddito. Parlano anche di controlli a campione. Come possono accertare che un frontaliere ha dichiarato il falso, se non hanno uno straccio di documento ufficiale che possa provare la dichiarazione fallace? Un’idea, quella dell’autocertificazione, che prova come non sappiano cosa fare. Una soluzione però ci sarebbe”. Quale? “Innanzitutto, devono chiedere scusa (coloro che hanno voluto la ‘tassa sulla salute’, ndr) per quello che hanno combinato: tensione fra i frontalieri e obiezioni da parte svizzera e ticinese (la presa di posizione del Consiglio federale svizzero, le preoccupazioni degli imprenditori e le interrogazioni dei granconsiglieri ticinesi, ndr). La Regione Lombardia dovrebbe riunire attorno a un tavolo i sindacati di categoria e l’Associazione nazionale dei comuni di frontiera. Quel tavolo di lavoro da noi promosso e che è stato utile in occasione della stesura dell’accordo italo-svizzero sulla fiscalità dei frontalieri. Una via d’uscita potrebbe essere l’utilizzo di una quota dei ristorni dei frontalieri che, casomai qualcuno lo avesse dimenticato, sono la quota riconosciuta all’Italia delle tasse pagate in Svizzera dagli stessi frontalieri. Sarebbe a mio giudizio un modo concreto per dimostrare che i frontalieri contribuiscono a finanziare il servizio italiano. I ristorni a cui penso sono quelli che Berna, per il tramite di Roma, versa alla Regione Lombardia”. Scontato, ma non da oggi, che i frontalieri (quelli considerati ‘vecchi’) dal prossimo 1° gennaio non pagheranno il balzello che sarebbe stato calcolato sulla base dei redditi nel corso dell’anno che sta arrivando al capolinea. Un balzello che, stando alle proiezioni della Regione Lombardia per stipendi netti di 4mila euro sarebbe dovuto essere di 120 euro al mese, anche per i familiari a carico. di Marco Marelli