La proposta dei Cantoni latini al Consiglio federale. In Ticino per gli ottantenni la spesa sanitaria per paziente è del 18% più elevata che in Svizzera
Togliere la quarta età dalla LAMal e trovare un finanziamento alternativo per coprire la spesa sanitaria degli ultraottantenni. È la proposta shock dei ministri della Sanità latini, che davanti all’inarrestabile aumento dei premi di cassa malati chiedono al Consiglio federale di agire in modo energico per rivedere un sistema al collasso. La caldeggia anche il consigliere di Stato Raffaele De Rosa che ci spiega cause e rimedi per l’esplosione dei costi sanitari. Alla base c’è una regola d’oro: l’offerta genera la domanda. Concretamente, il Ticino soffre di un’alta densità di fornitori e operatori sanitari che, accoppiata a una insufficiente vigilanza delle casse malati, finisce per causare troppi trattamenti superflui e non necessari. I costi vanno su. E pure i premi.
Le cifre sono lì da vedere: rispetto al resto della Svizzera, i ticinesi vanno più di frequente dallo specialista. Ci stanno per più tempo. Ma non è tutto, le statistiche federali mostrano una tendenza insolita: fino ai 65 anni la spesa sanitaria individuale è nella media nazionale, ma per gli 80enni, in Ticino, si spende fino al 18% in più, per paziente, rispetto al resto del Paese. Non è poco!
Non certo per colpa dei pazienti. A non funzionare, ribadisce il direttore del Dipartimento sanità e socialità, è il sistema che non frena, ma favorisce la spesa. Lo si osserva in Ticino, dove tanti anziani convivono con troppi specialisti e operatori sanitari.
Perché, coi suoi colleghi romandi, propone al Consiglio federale di scorporare la quarta età dalla LAMal?
Con l’evolvere dell’età è fisiologico – e le statistiche lo dimostrano – essere confrontati con tutta una serie di malattie croniche (problemi cardiovascolari, diabete, demenze, tumori…). Queste patologie correlate alla quarta età andrebbero scorporate dalla LAMal, perché non sono più un rischio, ma una forte probabilità. La LAMal segue invece un principio assicurativo e di solidarietà fra assicurati. La logica è diversa. Lo vediamo dai premi che sono differenziati per fasce di età. Abbiamo sollecitato la Confederazione perché studi un modello di finanziamento alternativo per questa fascia di età.
Un tema urgente in Ticino, dove le statistiche federali illustrano che per le cure agli over 80 si spende fino al 18% in più, per paziente, rispetto al resto della Svizzera. Come se lo spiega?
Sicuramente non è ‘colpa’ dei nostri anziani. Il sistema, che andrebbe gestito con maggiore trasparenza e vigilanza, è basato su incentivi sbagliati: più si propongono trattamenti, più l’operatore sanitario fattura e guadagna. Puntando invece su remunerazioni a forfait – che disincentivano il moltiplicarsi di consulti e cure anche inutili – si toglierebbe questo perverso incentivo legato alla quantità. Ha funzionato con la pianificazione ospedaliera, dove il Cantone contratta i volumi di prestazione con gli ospedali, permettendoci negli ultimi 10 anni di contenere la crescita sotto il 2%. L’ambito ospedaliero stazionario cresce in modo moderato, l’esplosione è avvenuta nelle cure ambulatoriali.
Temete che si rompa la solidarietà tra generazioni? In Ticino, il 35% della popolazione non usa la LAMal ma finanzia l’intero sistema.
È una preoccupazione. Questa proposta andrebbe a favorire una maggiore coesione sociale, in un cantone dove il problema è grave, più che altrove. In Ticino una persona su tre riceve un aiuto statale per pagare il premio di cassa malati. Un messaggio che Consiglio federale e parlamento non hanno percepito nella sua gravità.
Infatti, vista l’ennesima stangata dei premi, parliamo ora delle cause: troppi ospedali, troppi specialisti, troppi interventi inutili, una popolazione anziana… si consuma troppa sanità?
Tutti questi fattori in combinazione causano l’esplosione della spesa sanitaria e di riflesso dei premi. Si stima che, evitando cure superflue, si potrebbe risparmiare un 15%. Poi c’è il progresso tecnico con trattamenti innovativi ed estremamente cari. C’è l’evoluzione demografica: abbiamo una presenza di anziani più pronunciata che altrove in Svizzera. Ma soprattutto abbiamo una densità molto elevata di fornitori e operatori sanitari, di conseguenza troppi trattamenti superflui, non necessari.
Come fate a dirlo?
Lo dicono le statistiche: ad esempio, la spesa per la fisioterapia è del 60% più elevata rispetto alla media nazionale. Siamo il cantone dove si fanno più consultazioni per paziente, anche la durata (i minutaggi) è tra le più alte. A tutto ciò vanno aggiunte la grande densità di specialisti e l’assenza di un coordinamento nel percorso del paziente. È il ruolo del medico di famiglia: consigliare il paziente, gestire la rete di cura, evitando il costoso moltiplicarsi di atti. Per questo sosteniamo la medicina di famiglia e il principio delle reti di cura integrate.
Una figura centrale che scarseggia. Mancheranno 2’300 medici di famiglia entro il 2033. La FMH propone di cedere alcune competenze dei medici ad altre figure professionali. Che ne pensa?
Penso sia opportuno valorizzare l’inter-professionalità e un uso più efficace di risorse e competenze. Occorre però evitare un moltiplicarsi di atti, perché così si andrebbero a sommare invece di sostituirsi. E torniamo alla questione dei controlli che mancano. Aiuterebbe avere un attore unico, una cassa malati unica, non forzatamente tutta finanziata in base al reddito.
Pochi generalisti, ma troppi specialisti. Quando nel 2012 il parlamento ha tolto la moratoria per nuovi studi medici, c’è stato un repentino aumento (+28%) di nuovi medici in Ticino, in particolare specialisti. Sta qui il problema?
Non sta solo qui il problema, ma è una delle criticità. È da allora, con l’arrivo di nuovi medici dall’estero che rispettavano i requisiti della LAMal, che si è creato uno scalino importante nel trend di crescita della spesa. Occorre ora agire in modo rigoroso per contenere la crescita della spesa, ma con equilibrio per evitare problemi di approvvigionamento medico e garantire oggi e nel futuro cure a tutta la popolazione di qualità e quantità necessarie.
Grazie a una recente legge federale, i Cantoni possono pianificare il settore ambulatoriale: state intervenendo su quelle specializzazioni dove il grado di fabbisogno è già più che soddisfacente?
Effettivamente il Cantone può definire dei numeri massimi nelle specializzazioni dove c’è un eccesso di offerta e di fatturazione rispetto a una media nazionale che definisce il fabbisogno, tenendo conto anche della struttura demografica. Abbiamo elaborato un decreto legislativo, accolto dal parlamento, per intervenire in 11 specialità su 32. Siamo tra i Cantoni più rigorosi e tempestivi. Attualmente abbiamo circa 2mila medici in Ticino, ma possiamo intervenire solo sulle nuove autorizzazioni. L’efficacia però è contenuta soprattutto perché si limita il numero degli operatori, ma non la quantità di prestazioni erogate.
Lei parla di una sovramedicalizzazione costosa: nel Luganese, era opportuno un nuovo, il terzo, Pronto soccorso (Ps) alla clinica Sant’Anna?
Questo esempio è emblematico di quanto l’autorità cantonale sia limitata da regole federali e dalla giurisprudenza. Nella precedente pianificazione il Cantone aveva usato un approccio pragmatico attribuendo dei mandati anche in assenza di questo requisito. Approvando dei ricorsi, il Tribunale amministrativo federale (Taf) ha decretato che tutti i requisiti (compreso quindi quello della dotazione di un Ps ove previsto dal relativo mandato) devono essere adempiuti immediatamente. Di conseguenza, in vista della nuova pianificazione, la clinica in questione deve ottemperare a questo criterio per mantenere i suoi mandati.
Come valuta il modello di rete integrata promosso da Swiss Medical Network tra l’assicurazione Visana, le strutture del gruppo (le cliniche Sant’Anna e Ars Medica), i diversi centri medici da poco acquisiti? Il modello esiste già nell’Arco giurassiano dove tra i partner c’è anche il Cantone. In Ticino?
Abbiamo in previsione un incontro col fornitore di prestazione per capire l’impostazione. Esprimo preoccupazione e qualche dubbio sull’effettiva capacità di ridurre i premi con questo modello, già applicato nel Giura bernese con 1’200 (pochi) assicurati. Lì c’era un ospedale destinato a chiudere in una regione periferica con un problema di approvvigionamento sanitario. La situazione in Ticino è molto diversa, per cui è importante riuscire a capire se, e come, sia possibile cogliere questa opportunità per frenare la crescita dei premi.
In questa rete integrata viene stabilito un forfait per paziente, c’è un coordinatore delle cure e l’obiettivo comune di contenere le spese. Che cosa la preoccupa?
Nel principio, questa proposta si avvicina al modello di finanziamento per forfait che andrebbe implementato a livello nazionale, per evitare falsi incentivi. È interessante anche il concetto di medico di entrata, che gestisce il percorso del paziente nella rete sanitaria. Avere, però, nello stesso modello assicurazione malattia e fornitori di prestazione può comportare un conflitto di interessi. L’assicuratore dovrebbe essere l’istanza che verifica se un trattamento sia adeguato, se la fattura sia corretta, se ci sia sovramedicalizzazione eccessiva. Inoltre, osservo una riduzione del margine di libertà dell’assicurato, che, entrando in questa rete chiusa, accetta di restringere la possibilità di scelta di medici, specialisti, farmacie e ospedali, garantita dalla LAMal, limitandosi ai professionisti della rete. In realtà questo è già possibile scegliendo modelli alternativi. È ciò che la stragrande maggioranza degli assicurati già fa nel tentativo di ridurre l’onere dei premi.