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‘La soluzione non è rinchiudere i consumatori dentro i confini’

L'Acsi critica l'abbassamento della franchigia per gli acquisti all'estero. Commercianti sollevati, ‘ma è solo un cerotto contro un'emorragia’

Un tema che divide
(Ti-Press)
16 ottobre 2024
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«Non è facile commentare ora questa decisione che abbiamo criticato fin dall’inizio. Si tratta di voler chiudere ulteriormente i consumatori svizzeri all’interno dei confini nazionali. Per noi il lavoro andrebbe fatto a monte, garantendo che tutti i cittadini abbiano accesso ai servizi e alla possibilità di consumare sul territorio. Detto ciò, la scelta è politica e va accettata», afferma la segretaria generale dell’Associazione consumatori della Svizzera italiana (Acsi) Antonella Crüzer commentando la decisione del Consiglio federale di abbassare da 300 franchi a 150 la franchigia per chi fa acquisti all’estero. Una decisione presa per cercare di arginare il turismo della spesa aiutando così il commercio locale. «L’intento è sicuramente comprensibile – riconosce Crüzer – che la Svizzera voglia posizionarsi in modo critico rispetto agli acquisti all’estero non è di per sé negativo. A questo punto, però, speriamo che pure i consumatori svizzeri vengano ascoltati. Proprio come è stato fatto con i rappresentanti del mondo economico che chiedevano questa misura». Gli esempi citati dall’Acsi sono i margini di guadagno opachi della grande distribuzione e rincari che difficilmente si giustificano. «Contestiamo il fatto che gli sforzi vengano fatti solo in una direzione, mentre chi compera raramente viene ascoltato. L’erosione del potere d’acquisto è un dato di fatto e avanti di questo passo il benessere elvetico, tanto decantato, andrà via via diminuendo. I tempi purtroppo sono cambiati e non basta cercare di rinchiudere i consumatori per correggere la situazione».

Tira invece un (mezzo) sospiro di sollievo il presidente della Società commercianti del Mendrisiotto Davide Rampoldi, in prima linea nel denunciare le difficoltà tra chi ha un'attività economica a ridosso del confine. «Il dimezzamento della franchigia per gli acquisti all'estero è più che altro un cerotto sull'emorragia. Ciò detto, il mare è fatto di gocce e ogni notizia va presa come un piccolo successo e un miglioramento rispetto alla situazione attuale». A lasciare particolarmente contenti «è l'ascolto che ha dimostrato la politica federale per le regioni a ridosso della frontiera, come la nostra. Prendiamoci questo piccolo momento di gioia e poi facciamo la nostra parte». In che modo? «La palla ora è tornata nel nostro campo – ammette Rampoldi – adesso dobbiamo farci trovare pronti ad accogliere i clienti che magari vorranno restare da noi». È però difficile pensare che questa misura porterà cambiamenti significativi. «Si tratta anche di un messaggio psicologico. L'abbassamento, che non è una decisione scontata per un Paese come la Svizzera, vuole anche dimostrare che la Confederazione è a favore della sua economia e invita la popolazione a sostenerla pure lei». Popolazione che si vede diminuire sempre di più il potere d'acquisto. «È un aspetto che conosciamo bene, e capiamo. Quello che chiediamo noi è di poterci confrontare onestamente con gli altri che sono sulla piazza». Tra le proposte avanzate, che vanno proprio in questa direzione, c'è anche quella di istituire una ‘zona franca’ a ridosso del confine, anche per combattere la riduzione da parte dell'Italia per poter chiede il ‘tax free’. «So che resterà un'utopia, ma è la dimostrazione che abbiamo bisogno un intervento maggiore. Non chiediamo che la politica risolva tutti i problemi, ma che dia un segnale forte e continui la politica di sostegno al commercio locale. Noi restiamo in ogni caso positivi».

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