Il Ps rilancia: ‘Cassa malati unica e pubblica’. L’Mps: ‘Moratoria di tre anni e modello Avs’. L’Acsi: ‘È sui volumi di prestazione che bisogna lavorare’
Monta l’«indignazione». Contro l’ennesima stangata dei premi di cassa malati il Partito socialista ticinese invita a scendere in piazza (Piazza Nosetto a Bellinzona, mercoledì 2 ottobre alle 18) “per ribadire con forza la necessità di una cassa malati unica e pubblica con premi in base al reddito”. Dal canto suo l’Mps invoca “un cambiamento radicale di sistema”. Un cambiamento che, secondo il Movimento per il socialismo, “deve essere proposto subito attraverso il lancio di un’iniziativa popolare per un’assicurazione malattia sociale sul modello Avs, con contributi in base al reddito e con la partecipazione dei datori di lavoro”. Nel frattempo “esigiamo dal Consiglio federale un intervento d’urgenza che decreti una moratoria di tre anni sui premi di cassa malati e imponga alle casse malati questa soluzione”.
«Una terza replica dell’incremento dei premi, se vogliamo annunciata, ma davvero devastante». Antonella Crüzer, segretaria generale dell’Associazione consumatrici e consumatori della Svizzera italiana (Acsi), va dritta al punto: «Per gli assicurati ticinesi, che come tutti gli svizzeri stanno subendo aumenti su tutti i fronti, ma con salari nettamente più bassi, il quadro si fa davvero inquietante». Sotto il fuoco incrociato, il potere d’acquisto: «Il Ticino – rimarca – è tra i cantoni con il premio più elevato e subirà un ulteriore aumento. È insostenibile». Crüzer parla anche di solidarietà tra gli assicurati: «Il Ticino è un cantone con un’importante quota di popolazione anziana, di cui una fetta rilevante proveniente dal resto della Svizzera, con un alto volume di fornitori di prestazioni che non si fanno una vera concorrenza e non sono efficienti nel coordinare le cure. Non possiamo incolpare di questa situazione solo i pazienti e chi oggi va dal medico, è inammissibile». Tanti poi i fronti caldi. Dalla cartella informatizzata dei pazienti, alla cassa malati unica. «L’Acsi – ricorda Crüzer – l’aveva già chiesta dieci anni fa. La situazione in Svizzera è troppo frastagliata: le apparecchiature che vengono consegnate costano troppo e ancora di più in Ticino, ci sono farmaci generici con prezzi assolutamente non concorrenziali». Ma c’è un ma: «La cassa malati unica avrebbe permesso allora di tenere maggiormente sotto controllo i costi, ma a questo punto non risolverebbe la situazione perché è sui volumi di prestazione che bisogna lavorare». Lo stesso giorno dell’annuncio dei premi, gli Stati hanno adottato, segnala un dispaccio dell’Ats, una mozione che chiede al Consiglio federale di adeguare, esclusi i bambini, la franchigia minima (ora 300 franchi), affinché rispecchi meglio l’evoluzione dei costi, non escludendone di fatto un aumento. «È una vergogna – commenta Crüzer–. È assolutamente sbagliato proporre ora questo tipo di soluzioni che vanno a pesare sulle persone anziane e in difficoltà».
Sulla stessa linea d’onda anche Danilo Forini, direttore di Pro Infirmis Ticino e vicepresidente cantonale del Ps: «Aver approvato questa mozione due ore prima dell’annuncio dell’aumento dei premi è oltraggioso. È proprio accanirsi sulle fasce sensibili». E sui premi osserva: «È necessario essere più coraggiosi nel controllare gli appetiti finanziari dei vari attori sanitari. Mi chiedo se il fatto che siamo il cantone con la più alta percentuale di istituti privati rispetto agli ospedali pubblici abbia influito o meno». Questo aumento è per Forini emblema «del fallimento completo del mito della concorrenza nel settore sanitario. Bisogna essere ideologicamente accecati per non capire che la libera concorrenza tra le casse non funziona, come pure tra gli attori sanitari che cercano di fare dei profitti sulla nostra salute. È indispensabile a questo punto una cassa malati unica con un finanziamento proporzionale al reddito».
«Da qualche parte i conti non tornano». Per Lorenzo Quadri, consigliere nazionale della Lega dei Ticinesi, «bisogna capire a cosa sia dovuto questo aumento dei premi così superiore alla media svizzera». E spiega: «Gli elementi demografici, peraltro in parte dovuti a migrazioni interne di anziani che da altri cantoni si trasferiscono in Ticino, da soli non spiegano una tale differenza e chiamano in causa il tema di una compensazione intercantonale». Non pochi dunque i punti sui quali fare chiarezza. A cui si aggiungono «i costi generati dai richiedenti asilo e dai rifugiati ucraini, categorie sovrarappresentate in Ticino rispetto al resto della svizzera». Sulla cassa malati unica Quadri rilancia: «La Lega è storicamente a favore. In qualche modo bisognerà arrivarci, perché continuando a inventarsi soluzioni con ambizioni di perfezione teorica non si va da nessuna parte». Non solo. «C’è poi – rammenta il consigliere nazionale – anche l’iniziativa della Lega a livello cantonale sulla deducibilità integrale dei premi di cassa malati che è un po’ che aspetta di essere messa in votazione popolare. Sarebbe ora vista la situazione».
Afferma il presidente della deputazione ticinese alle Camere, il democentrista Piero Marchesi: «Abbiamo avuto lunedì 16 un incontro con la consigliera federale Baume-Schneider e i suoi funzionari. C’è poco da fare: il problema è che il nostro cantone continua ad avere i costi sanitari più alti in Svizzera, da qui l’aumento più marcato dei premi di cassa malati». E allora, continua il consigliere nazionale, «c’è da chiedersi come mai in Ticino non si riesca a tenere sotto controllo i costi, a contenerli. Si deve fare di più. Fra i cantoni il Ticino è ad esempio quello con ancora il numero dei medici specialisti più elevato. Gli ospedali che abbiamo sono tutti necessari? In Svizzera, poi, la nostra popolazione è quella che fa maggiormente capo a dottori e pronti soccorso anche quando non è necessario. Insomma, ritengo che occorra da un lato limitare, dopo una seria verifica, l’offerta sanitaria, fra medici soprattutto specialisti e strutture, dall’altra sensibilizzare i cittadini per responsabilizzarli. E per quanto riguarda i sussidi, il Cantone dovrebbe sì aiutare chi non ce la fa a pagare premi di cassa malati, e ci mancherebbe, ma imponendo almeno un modello».
La nuova stangata «era prevedibile», dice il socialista Bruno Storni. I costi della salute «crescono per diversi motivi, la ricerca e l’innovazione generano una medicina sempre più performante che aumenta la qualità e la durata di vita: un aspetto ovviamente positivo, che costa. Con premi di cassa malati sempre meno sopportabili per una crescente parte della popolazione». Il Ticino, prosegue il consigliere nazionale, «con un più 10,5% ha ormai superato i premi di Basilea Città che ha saputo limitare la crescita all’1,5%. Sicuramente dobbiamo lavorare sul fronte dei costi, su offerta e accesso a medici specialisti, su doppioni, punti tariffali, farmaci generici, cartella digitale e via dicendo, ma dobbiamo prendere atto che non basterà. Non c’è una soluzione. Servono diverse misure pure sistemiche, vedi finanziamento pubblico, e per queste ci vogliono maggioranze a livello politico che al momento non abbiamo. La società è cambiata, così come struttura demografica, nonché qualità e costo della medicina. Lo Stato deve aumentare la spesa per calmierare i premi di cassa malati e dovremo trovare nuove entrate per finanziarli».
«Ribadisco quanto dico da mesi ed è del resto quello che il mio partito sostiene a livello federale in modo chiaro: occorre assolutamente – evidenzia il deputato del Centro al Nazionale Giorgio Fonio – mettere un freno ai costi della sanità, perché il sistema odierno favorisce pochi attori mentre penalizza la maggioranza della popolazione». E allora «o si interviene con riforme concrete, incisive oppure la situazione, già difficile e complicata, diverrà sempre più critica, ma soprattutto insostenibile», avverte Fonio.
«L’aumento dei premi, che pesa in maniera importante sulle economie domestiche, purtroppo – rileva a sua volta il consigliere nazionale del Plr Alex Farinelli – riflette l’incremento dei costi, che in Ticino fra il 2021 e il 2023 sono passati da 4’610 franchi pro capite all’anno a 5’146 franchi, e restano ben al di sopra della media nazionale. Misure miracolose e indolori non ve ne sono, questo bisogna dirlo con onestà alla popolazione. Nel breve termine – aggiunge Farinelli – la votazione del prossimo novembre sul sistema di finanziamento uniforme, denominato Efas, sarebbe un’importante boccata d’ossigeno: permetterebbe da un lato una riduzione immediata della parte dei costi da finanziare con i premi – meno 4,3% – e dall’altro un miglioramento dell’efficienza del sistema in generale. Altre misure come la cartella elettronica del paziente, per evitare ad esempio gli esami ripetuti, o l’approvazione di una pianificazione ospedaliera a livello cantonale potrebbero contribuire, ma solo nel medio termine». Se dovesse passare in votazione popolare, la riforma Efas avrebbe, secondo il Consiglio di Stato ticinese, un impatto non indifferente sulle casse cantonali, si parla di diverse decine di milioni di franchi… «Capisco l’obiezione – riprende Farinelli –, ma con Efas si vanno a ridurre i costi e quindi, lo sottolineo, i premi a carico degli assicurati».
«Se l’anno scorso ero indignato, quest’anno sono scandalizzato», tuona il presidente dell’Ordine dei medici Franco Denti. Che attacca subito a testa bassissima: «Sentire dalla consigliera federale Baume-Schneider che il problema in Ticino è la quantità di medici è vergognoso. Pagheremo il 25% dei premi più della media svizzera, in un contesto – insiste – dove viene detto che i costi complessivi della sanità aumenteranno del 4%. Come si spiega un aumento dei premi del 10% in Ticino? Non si spiega!». Denti prova però a dare una sua risposta: «Il motivo principale è che nel 2024 gli assicuratori hanno giustificato i premi con le perdite nei loro investimenti, ma sempre nel 2024 il loro impero immobiliare ha fatto utili, gli investimenti in borsa sono volati, ancora una volta se ne fregano dei cittadini e non usano questi utili per calmierare i premi, ma per implementare le riserve». Però c’è un però: «Il 24 novembre voteremo il progetto Efas, che se approvato porterà una forte opportunità di portare a una riduzione dei premi». Il perché, per il presidente dell’Omct, è chiaro: «In passato la forchetta di pagamento della sanità era il 70% con in premio e il 30% attraverso il Cantone, ma negli ultimi anni col fatto che gli ospedali si svuotano e aumenta la medicina ambulatoriale, i Cantoni si sono disimpegnati. Tutti i direttori della Sanità hanno detto sì a Efas, spiace vedere che De Rosa si dica contrario parlando di cifre, gli 80 milioni di ulteriori uscite menzionati dal nostro direttore del Dss, che la stessa Baume-Schneider ha detto si basano su analisi del tutto errate fatte da assicuratori contrari a Efas».
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