Il deputato leghista chiede al Consiglio federale di riconsiderare lo scenario. Intanto Bellinzona si esprime sulla modifica della legge sulla vigilanza
Torna sul tavolo del Consiglio federale il tema della cassa malati unica e statale. Vi approda con un postulato del consigliere nazionale leghista Lorenzo Quadri che chiede al governo di allestire un rapporto che valuti, appunto, la creazione di una cassa malati unica e pubblica per l’assicurazione di base LaMal a livello nazionale, così come la creazione di casse malati pubbliche cantonali. Come ricorda lo stesso Quadri, il popolo è stato chiamato più volte a esprimersi su una tale ipotesi e in occasione dell’ultima votazione sul tema, nel 2014, l’esito è stato netto: 62% di no e 22 Cantoni contrari. Tuttavia, argomenta il deputato leghista, “a quasi un decennio di distanza, la situazione di partenza appare profondamente cambiata. Il susseguirsi di pesanti aumenti di premio rende il pagamento di un’assicurazione sociale obbligatoria vieppiù insostenibile per i cittadini. Di questo passo, la maggior parte degli abitanti – a maggior ragione in Cantoni come il Ticino, dove gli stipendi sono chiaramente inferiori alla media nazionale e i premi superiori – non sarà più in grado di far fronte ai premi di cassa malati senza un aiuto statale”. Quadri fa inoltre leva su un recente sondaggio condotto da Demoscope secondo cui il 79% dei cittadini sarebbe oggi favorevole a una cassa malati unica, definendolo “un segnale che non può essere ignorato”.
Per stessa ammissione di Quadri, una cassa malati unica e pubblica non avrebbe di per sé incidenza sui costi sanitari. «Va tuttavia considerato che, negli ultimi 25 anni, i costi sanitari sono aumentati dell’81%, mentre i premi addirittura del 146%”, scrive Quadri, senza però citare fonti. Il consigliere nazionale leghista punta poi il dito contro il meccanismo di formazione dei premi “macchinoso e opaco”, contro il fatto che le riserve delle casse malati “per l’ammontare di svariati miliardi non vengono restituite ai cittadini”, contro “il numero spropositato di manager e consiglieri d’amministrazione degli assicuratori malattia”, nonché contro “l’estrema lobbizzazione del sistema sanitario”. Quadri ricorda in conclusione un altro suo recente postulato che chiede alla Confederazione un contributo volto a ridurre i premi di cassa malati per tutti, sostenendo che sarebbe più agevole farlo confluire in una cassa malati unica e pubblica.
«Non è sicuramente la soluzione per arginare l’aumento dei premi visto che questi, per legge, devono coprire i costi sanitari in costante crescita, e la proposta del postulato non ha nulla a che vedere con la gestione o il controllo di tali costi» commenta il consigliere nazionale liberale radicale Alex Farinelli. «Se si introduce la cassa malati unica con premi più bassi bisogna chiedersi come finanziare i costi sanitari. Si farebbe attraverso un maggiore ricorso alle imposte, che comunque sono pagate dai cittadini», afferma Farinelli. Quanto al divario negli ultimi 25 anni tra l’incremento dei costi sanitari e quello dei premi indicato da Quadri, «non essendo dati supportati da alcuna fonte verificabile, sono pura speculazione», considera il deputato del Plr. Che aggiunge: «Sembra che ci siano decine di miliardi che non si sa dove vadano a finire, mentre vediamo che la qualità del sistema sanitario è enormemente aumentata e l’aspettativa di vita si è allungata. A ciò corrispondono un maggior ricorso alle prestazioni e, appunto, un aumento dei costi sanitari». Per Farinelli è su questi ultimi che bisogna agire: «Se poi contestualmente si vuole discutere sulla struttura del sistema – se avere un intermediario privato come oggi o pubblico – si può fare, ma non deve essere visto come il modo per risolvere il problema, altrimenti si rischia solo di vendere un’illusione».
Di diverso parere è la granconsigliera del Centro Sabrina Gendotti: «Personalmente non sono contraria a valutare una cassa malati unica per l’assicurazione di base. Le prestazioni erogate sono uguali per tutti e di conseguenza dovrebbero costare per tutti allo stesso modo, mentre ora l’impressione è che le numerose casse malati presenti sul territorio usino parte dei soldi per farsi pubblicità, sponsorizzare squadre sportive, pagare i manager con stipendi molto elevati». Quindi, per Gendotti, «qualcosa nel sistema non funziona», e di riflesso fa riferimento a «l’annosa questione della trasparenza. Il problema è che c’è una grande complessità e ci sono anche molti interessi contrapposti. Quelli delle casse malati, quelli dei medici, quelli dei farmacisti. Ognuno cerca di tirare acqua al proprio mulino, e si alimenta un circolo vizioso. Non ci sono soluzioni facili – rileva Gendotti – ma la cassa malati unica potrebbe aiutare». Questa andrebbe però necessariamente accompagnata «da una maggior promozione di comportamenti sani e da un contenimento dei costi sanitari. Il nostro partito – ricorda – in questo senso qualche anno fa aveva presentato un’iniziativa su cui ora il Consiglio federale ha fatto un controprogetto indiretto».
«Per noi socialisti la priorità è una cassa malati pubblica e unica ma a livello federale, con i premi in base al reddito, perché è assurdo che ad esempio una persona che lavora alla cassa di un supermercato versi, come avviene oggi, lo stesso importo di un dirigente di banca», afferma la granconsigliera e copresidente del Ps ticinese Laura Riget. «Chiaramente – prosegue – attenderemo anche l’esito della votazione sulla nostra iniziativa popolare che chiede di limitare i premi al massimo del 10% del reddito disponibile. Se passerà la proposta, avremo validi motivi per sollecitare il passo successivo: l’istituzione di una cassa malati unica sul piano federale». Cosa che, secondo i contrari, non risolverebbe la questione a monte, ovvero l’incremento dei costi sanitari… «Abbiamo sempre detto – riprende Riget – che occorre agire anche sui costi e Berset ha presentato anche diversi pacchetti di misure di contenimento: maggiore prevenzione, reti integrate, farmaci generici eccetera. Ma sono proprio i partiti che sostengono che bisogna intervenire non sui premi, bensì sui costi, ad aver bocciato queste misure. Il problema di fondo è il lobbismo nelle commissioni parlamentari».
«Sostengo la richiesta del collega Quadri – annota il consigliere agli Stati democentrista Marco Chiesa –. Tutti i sistemi di gestione, pubblica, privata, unica o in concorrenza, meritano di essere rivalutati in uno studio. Più volte, però, il Consiglio federale ha concluso che l’aumento dei premi che paghiamo è causato dall’aumento dei costi sanitari. Negli ultimi dodici anni, da quando Berset è responsabile di questo dossier, sono cresciuti di 25 miliardi. E ogni anno l’Ufficio della salute pubblica, sotto la sua direzione, autorizza l’aumento dei premi. Posso immaginare – continua il presidente dell’Udc – una cassa malati pubblica in concorrenza con gli attori privati, tuttavia, l’obiettivo deve rimanere quello di diminuire i premi eliminando quel 20% delle prestazioni inefficaci o inefficienti che gonfiano il sistema e promuovendo la digitalizzazione».
Anche per la segretaria generale dell’Associazione consumatrici e consumatori della Svizzera italiana (Acsi) Antonella Crüzer bisogna agire su due fronti. «Uno sicuramente è il sistema. Qui l’idea di una cassa malati unica, sostenuta dall’Acsi già dieci anni fa, potrebbe aiutare a snellire il pesante apparato burocratico come anche a garantire finalmente la trasparenza». Ma per Crüzer è solo una parte della soluzione: «Bisogna intervenire pure sui costi sanitari, altrimenti non si risolverebbe il problema perché la cassa malati unica dovrebbe comunque coprirli». A questo proposito l’Acsi da anni mette l’accento sul problema della sovramedicalizzazione e dei sovratrattamenti, cercando di sensibilizzare e responsabilizzare gli assicurati e i pazienti invitandoli a fare domande al proprio medico per ottenere solo le prestazioni necessarie. Ha inoltre proposto recentemente l’introduzione di una fattura tradotta per i pazienti e chiesto maggior trasparenza nel campo dei generici. Tornando in generale alle idee politiche sul tema, la segretaria generale Acsi avanza una critica al fatto che «le misure arrivano tutte alla fine di una legislatura, quando i parlamentari avevano quattro anni per proporre le riforme necessarie. Speriamo siano ora maturati i tempi anche per ragionamenti più responsabili da parte loro».
Contro il continuo aumento dei premi di cassa malati, anche una mini revisione legislativa può risultare utile. E contribuire, si spera, a frenarne la crescita. È il caso della modifica della LVAMal, la Legge federale sulla vigilanza sull’assicurazione malattie. Che il Consiglio federale ha posto in consultazione in maggio, sino a giovedì prossimo. Spiegando che il progetto “prevede, da una parte, di coinvolgere maggiormente i Cantoni nella procedura di approvazione dei premi: oltre a ricevere le proposte di premi che gli assicuratori sottopongono per approvazione all’autorità di vigilanza (l’Ufficio federale della sanità pubblica, ndr), essi avranno ora la possibilità di pronunciarsi in merito. Dall’altra parte, il progetto apporta una modifica alla compensazione dei premi incassati in eccesso: nel caso di persone il cui premio è interamente coperto dalla riduzione dei premi, la restituzione viene accordata ai Cantoni che si sono fatti carico della riduzione”. E il Ticino, scrive a sua volta il Consiglio di Stato, “non può che sostenere la modifica, essendone stato fra i promotori con il deposito di un’analoga iniziativa nel gennaio 2020, poi ripresa da più Cantoni e nei contenuti formalmente accolta dal parlamento attraverso l’adozione della mozione Lombardi nel settembre 2021”.
Il progetto, evidenzia Bellinzona, “da un lato rafforzerà il ruolo dei Cantoni nella procedura di approvazione dei premi con la fornitura di informazioni complete ai fini di un loro parere sui costi e – di nuovo – anche sui premi stimati nel loro territorio; dall’altro, gli stessi Cantoni saranno i beneficiari di un eventuale rimborso dei premi incassati in eccesso per gli assicurati i cui premi sono interamente sussidiati”. Con la modifica legislativa, ricorda ancora il governo ticinese nella recente presa di posizione indirizzata al Dipartimento federale dell’interno, “si ristabilisce la situazione previgente alla LVAMal, consentendo ai Cantoni un migliore contributo nel loro già marginale ruolo nella definizione dei premi: è infatti ferma convinzione del Cantone che l’analisi sui costi sia indissolubile da una valutazione dei premi, essendone loro diretta conseguenza e rappresentando l’elemento cardine della spesa sanitaria per il cittadino”. Ed è proprio la valutazione sui premi proposti dai singoli assicuratori malattie “il vero valore aggiunto del parere cantonale: il Cantone, dopo aver valutato i costi sia complessivi, sia delle singole casse, indica quali proposte di premio reputa plausibili e/o troppo elevate o troppo basse, spiegandone i motivi e raccomandando dei correttivi”.
C’è però un aspetto della proposta del Consiglio federale che il nostro governo non condivide. “L’autorità cantonale rileva l’eliminazione della possibilità per i Cantoni di esporre il proprio parere anche agli assicuratori. A questa parte di modifica il Cantone Ticino si oppone fermamente”, fa sapere Bellinzona. Il o i motivi? “Anzitutto, non è oggetto della mozione adottata dal legislativo” nel 2021, ma soprattutto “toglie al Cantone la possibilità di interloquire direttamente con le casse malati, facoltà a cui il Ticino ha fatto capo in passato ottenendo anche risultati concreti in termini di correzione dei premi proposti”.
Quanto alla restituzione dei premi incassati in eccesso, il Consiglio di Stato “sostiene il principio di un rimborso ai Cantoni in ragione del loro sussidio ai premi malattia, non limitandolo tuttavia ai casi in cui quest’ultimo copre l’intero premio, bensì estendendolo a tutti i beneficiari di una riduzione (anche parziale) di premio. Si allinea quindi alla posizione già trasmessa dalla Conferenza delle direttrici e dei direttori cantonali della sanità (Cds) il 22 giugno 2023, nell’ambito della presente consultazione. Rilevato che una restituzione proporzionale ad assicurati e Cantone rappresenterebbe la soluzione corretta dal profilo finanziario, ma la più complessa nella sua attuazione pratica, il Cantone Ticino riconosce il pragmatismo della soluzione suggerita dalla Cds, tenuto conto degli esigui importi in gioco e reputando socialmente sostenibile un rimborso prioritario al Cantone che sussidia il premio piuttosto che al singolo assicurato beneficiario dello stesso”.