Il presidente dell'associazione (a fianco dell'Udc) a tutto campo sul loro ruolo nel dibattito politico: welfare, ma non solo. Adesso anche la giustizia
Un’assemblea per decidere le prossime tappe, consapevoli di dover allargare un po’ il proprio raggio d’azione. È quella che ha celebrato AreaLiberale, e tra welfare, giustizia e un’iniziativa parlamentare sulla procedura di nomina in magistratura, ne parliamo col suo presidente Paolo Pamini.
Come sta procedendo la vostra attività? Sempre un think tank di approfondimento e contributo al dibattito o sta diventando qualcosa in più?
Stiamo evolvendo in qualcosa di più di un semplice think tank. Nato come centro di approfondimento e influenza, AreaLiberale ha mantenuto la missione di produrre proposte politiche concrete di orientamento liberalconservatore. Grazie all’influenza acquisita nel panorama politico ticinese e alle nostre iniziative legislative, siamo diventati un attore rilevante capace di influenzare attivamente il dibattito e le decisioni politiche. La nostra collaborazione con l’Udc, che storicamente ha ripreso molte delle nostre proposte, testimonia il nostro impatto concreto. L’attività parlamentare, sia a livello cantonale che nazionale, da parte di Sergio Morisoli e mia, ha ulteriormente rafforzato la nostra capacità di incidere sulle politiche pubbliche. All’interno di AreaLiberale, Morisoli e io siamo solo le figure più visibili, ma ci sono anche iniziative meno note come il Ginnasio liberalconservatore: quattro sabati mattina all’anno, cittadini interessati alla politica si incontrano per formulare veri e propri atti parlamentari, che poi depositiamo. Lo abbiamo fatto in Gran Consiglio, ad esempio interrogando il governo sull’efficacia dei radar, e recentemente sull’intelligenza artificiale. Grazie alla mia presenza in Consiglio nazionale, possiamo ora coinvolgere i cittadini nella produzione di atti parlamentari federali. In dicembre, ho interrogato il Consiglio federale sulla scarsità di farmaci e in giugno sulla censura operata dalle piattaforme online.
Quali priorità vi ponete nel prossimo periodo?
Nei prossimi mesi intendiamo formulare proposte di riforma della socialità ticinese, intesa in senso ampio, poiché quasi la metà della spesa cantonale si compone di sussidi, basate su dati concreti, mirate a migliorare l’efficienza ed efficacia del sistema di welfare, sviluppando al contempo i principi di sussidiarietà e responsabilità individuale. Stiamo lavorando per presentare soluzioni che possano contenere la spesa pubblica e rafforzare la società civile, le famiglie e le imprese, senza aumentare la dipendenza dallo Stato. Siamo ormai pronti a entrare nella “giungla” della socialità statale grazie alla nostra cultura politica e, soprattutto, facendo leva su 13 anni di dati raccolti nel Morisoli Welfare Index, che monitora 90 indicatori pubblici. Le nostre proposte saranno ben documentate per innescare un confronto politico che migliori l’attuale situazione di continuo degrado, soprattutto nell’ambito giovanile, una delle sei dimensioni misurate dall’indice. Continueremo a seguire da vicino anche le politiche fiscali che abbiamo già influenzato, assicurandoci che rimangano allineate ai nostri principi di uno Stato snello e di un carico fiscale sostenibile per cittadini e imprese. Lo stesso vale per la nostra proposta di riforma scolastica, affinché le nuove generazioni possano beneficiare di un’istruzione rigorosa anziché vittima del relativismo postmoderno.
Ultimamente domina il tema della giustizia, nelle cronache e nei palazzi. Avete degli spunti, iniziative o contributi all’orizzonte in questo ambito?
Il tema della giustizia è diventato cruciale e AreaLiberale ha deciso di intervenire con proposte innovative per migliorare il sistema. Il nostro ultimo contributo in questo ambito, presentato nell’assemblea del 4 settembre, è un’iniziativa parlamentare ispirata ai meccanismi storici di elezione del Doge di Venezia e del Rettore dell’Università di Basilea.
È una battuta?
No, sembra una battuta ma in realtà quei contesti di lotte di potere non erano molto dissimili da oggi; quindi, vale la pena valorizzare secoli di esperienza istituzionale. Proponiamo che, quando va scelto un nuovo magistrato, giudice o procuratore, questo venga sorteggiato tra i candidati proposti da tre commissioni cerca tra loro indipendenti. Ogni commissione cerca si comporrebbe di sette membri: tre granconsiglieri, due avvocati, un magistrato in carica e un ex magistrato, sorteggiati dai rispettivi gruppi di persone. In tal modo, si rompono le logiche clientelari ma si mantiene una selezione basata sulle competenze, coinvolgendo sia la politica sia gli esperti del settore. Inoltre, la nomina a candidato magistrato diventa un’attestazione di pregio per il curricolo personale, e la mancata elezione non più uno smacco perché determinata dal sorteggio.
Come sono i rapporti con l’Udc a sei anni dall’intesa?
Solidi ed estremamente collaborativi, basati su una condivisione di valori e obiettivi comuni. L’intesa raggiunta nel 2018 è decisamente stata la scelta giusta, basta vedere la crescita elettorale e propositiva. Essa ha permesso di rafforzare la nostra influenza politica, senza però snaturare la nostra identità come think tank indipendente, aperto anche a chi non milita nell’Udc. Il partito ha beneficiato delle nostre proposte, se necessario sfumandole o adattandole alla propria strategia, e noi abbiamo trovato nell’Udc, di cui Morisoli e io siamo membri a tutti gli effetti, un alleato importante per concretizzare le nostre idee. I risultati sono visibili e gli elettori stanno sempre più riconoscendo l’impatto reale e duraturo che abbiamo sulla politica ticinese.