Lo scorso anno aperti 14'703 nuovi incarti, 818 in più del 2022. Magistrati e personale amministrativo: numeri insufficienti, ribadisce il pg
Al Ministero pubblico il personale amministrativo è insufficiente, stesso discorso per quanto riguarda il numero dei magistrati. Lo ribadisce il procuratore generale Andrea Pagani nel rapporto sull’attività 2023 dell’autorità giudiziaria ticinese di perseguimento penale, che oggi conta ventitré magistrati inquirenti, pg compreso. Lo scorso maggio Pagani ha chiesto al Consiglio di Stato, “senza ottenere risposta”, un segretario giudiziario giurista e due funzionari amministrativi in più, anche alla luce dei “nuovi compiti conferiti alla Procura” sia dalla revisione del Codice di procedura penale – un pacchetto di modifiche normative entrato in vigore il 1. gennaio di quest’anno e che ha accentuato formalismi e garantismo – sia da altre leggi federali. E per quanto riguarda i procuratori, cioè i magistrati? Qualcosa forse si muove (forse) visto che in seno alla commissione parlamentare ‘Giustizia e diritti’, rileva Pagani, “si è già propugnata la reintroduzione della figura del sostituto procuratore pubblico”. Reintroduzione sollecitata da un’iniziativa parlamentare inoltrata nel dicembre 2019 dall’allora granconsigliere Giorgio Galusero per il gruppo Plr e che potrebbe finalmente trovare accoglimento. Vedremo.
Insomma, l’ultimo aumento (in ordine di tempo) del numero di magistrati inquirenti, avvenuto nel marzo 2021 quando il Gran Consiglio ha accordato al Ministero pubblico due pp, sembra non bastare ritenuta la consistente crescita delle entrate. Lo scorso anno, si legge infatti nel rendiconto della Procura allegato al rapporto 2023 del Consiglio della magistratura, il Ministero pubblico ha aperto “14’703 nuovi incarti, ossia 818 in più rispetto ai 13’885 del 2022 (+5,9%), 1’823 in più del 2021 e ben 3’214 in più del 2020”. Nota positiva: “Gli incarti evasi sono stati 12’898 e rappresentano il secondo miglior risultato di sempre, nonostante siano diminuiti di 1’654 unità rispetto al periodo precedente quando erano 14’552, a fronte di una media annua decennale di 11’596”. Tuttavia, gli incarti “riportati al nuovo anno (senza considerare quelli sospesi) sono aumentati in maniera importante passando da 6’985 a 8’790, ossia più 1’805”. Ergo: 1’805 giacenze in più.
Altri dati. I decreti d’accusa emessi lo scorso anno sono stati 6’927, quattro in più di quelli firmati nel 2022. Gli atti d’accusa, con deferimento quindi degli imputati a una Corte delle assise correzionali o criminali, sono stati 297, nove in più. Duecentotrenta le domande di assistenza giudiziaria internazionali (rogatorie) evase.
Ma a preoccupare è la crescita del numero di incarti in entrata: negli ultimi tre anni vi è stato un incremento del “25 per cento”, evidenzia il procuratore generale. Una situazione che “trova origine nell’aumento delle denunce per reati comuni, per violazioni della Legge sulla circolazione stradale e della Legge sul trasporto dei viaggiatori, ma soprattutto nel numero di detenuti che i procuratori pubblici della sezione di polizia hanno dovuto prioritariamente gestire, come attestato dal fatto che il carcere giudiziario Farera ha per la prima volta avuto una piena occupazione durante tutto l’anno”. La durata media dei procedimenti penali? Ci sono incarti che “restano aperti qualche ora, altri per settimane, mesi o anni (quest’ultimi sono ad esempio quelli per reati finanziari complessi o errori medici)”, indica il pg. Ma la lunghezza della procedura dipende da “innumerevoli fattori”.
Per il Consiglio della magistratura i numeri “sono inequivocabili e attestano un costante aumento delle procedure in entrata, interrotto solo dalla pandemia, la cui media decennale supera ora le dodicimila, ossia 12’325, vale a dire, sempre in media, 535 cause per ognuno dei 23 procuratori pubblici, procuratore generale compreso: più di due al giorno a testa per giorno lavorativo”. Purtroppo, osserva il Cdm, “l’auspicata conferma della tendenza alla riduzione delle giacenze si è interrotta già dopo un solo anno con un balzo verso l’alto a livelli mai raggiunti sino ad ora”. E aggiunge: “Nonostante il grande impegno della maggior parte dell’organico del Ministero pubblico, qualcosa evidentemente non funziona visti i risultati. È evidente che l’insufficienza d’organico sia una delle cause della difficile situazione. Tuttavia bisognerebbe verificare se non possa essere modificato qualcosa nelle modalità di lavoro e supervisione. L’autonomia di ogni singolo procuratore nella gestione dei propri incarti è al momento intoccabile, ma questo non significa che non possano essere introdotti dei sistemi di trattazione delle cause ispirati alle ‘best practices’ e delle tempistiche validi per tutti. Verosimilmente bisognerebbe adottare dei protocolli e degli schemi vincolanti per ogni magistrato. La questione non è di facile soluzione e messa in pratica, ma a questo punto non può più essere posticipata”.