Dalla commissione della Gestione dovrebbe uscire un solo rapporto che invita a respingere il credito di 1,5 milioni. I relatori passano da uno a quattro
La commissione parlamentare della Gestione è pronta a fare fronte comune e a invitare il Gran Consiglio a respingere la richiesta governativa di stanziare un sussidio di 1,5 milioni di franchi per il restauro globale dello stabile amministrativo, a Locarno, dell’Ofima, le Officine idroelettriche della Maggia. Un bene culturale d’interesse cantonale. Dalla Gestione dovrebbe quindi uscire un solo rapporto, stilato da Fabrizio Sirica (Ps), Fiorenzo Dadò (Centro), Boris Bignasca (Lega) e Natalia Ferrara (Plr). A motivare la contrarietà dei commissari, come emerso nelle scorse settimane, è la grande disponibilità finanziaria dei proprietari di Ofima. Ovvero: Axpo (30%), Alpiq (12,5%), Iwb (12,5%), Bkw (10%), Città di Zurigo (10%) ed Ewb (5%). Azionisti economicamente piuttosto solidi ai quali si aggiunge il Canton Ticino (20%).
Per capire quale margine d’azione ci sia, visto che si tratta di un bene culturale d’interesse cantonale, la commissione aveva chiesto un approfondimento ai Servizi giuridici del Gran Consiglio. I deputati volevano sapere in particolare se fosse possibile non entrare nel merito del contributo finanziario oppure se fosse possibile ridurre l’importo (1,5 milioni) stabilito dal Consiglio di Stato. Citando l’articolo 8 della Legge sulla protezione dei beni culturali (Lbc), la risposta del consulente giuridico Roberto di Bartolomeo afferma che “la natura del contributo in materia di conservazione dei beni culturali, tenuto conto del chiaro tenore letterale delle norme, risulta essere di natura obbligatoria”. Non solo. “Di natura obbligatoria con limitazione di merito”. Per questo motivo, rileva il consulente giuridico del Gran Consiglio, “non è possibile non entrare nel merito della sua concessione poiché per i beni protetti d’interesse cantonale il contributo da parte del Cantone, che ne decreta la tutela, è per principio dovuto”. Un certo margine d’azione, però, c’è. Scrive Di Bartolomeo: “L’eventualità che non si possa non entrare in materia sulla concessione del contributo finanziario alla conservazione non esclude che l’autorità fruisca di un certo margine di apprezzamento nello stabilire l’importo sussidiabile. Tuttavia questa latitudine di giudizio non è illimitata”. E chiarisce: “Il contributo, che può ammontare al massimo al 50% della spesa riconosciuta, deve essere determinato in funzione della natura dei lavori e considerando obbligatoriamente l’importanza culturale del bene, l’incidenza economica della misura di protezione, la situazione economica del proprietario, i vantaggi conseguibili dal proprietario a seguito dei lavori e lo stato di conservazione e di manutenzione del bene”. In tal senso, conclude Di Bartolomeo, “stante il vigente quadro legale vi sarebbe la possibilità per la commissione di adeguare il contributo rispetto all’importo proposto con il messaggio governativo”.
Ma la questione, hanno sottolineato nel recente passato diversi parlamentari membri della Gestione, è anche politica. E sarebbe pure per questa ragione che si è deciso di affiancare al relatore designato inizialmente, Sirica, altri tre estensori del rapporto, appartenenti anche loro ai partiti di governo. «Possiamo avere tutte le perizie giuridiche che vogliamo, per quanto mi riguarda non firmo e non voto alcun rapporto per concedere un sussidio del genere», aveva per esempio affermato a inizio marzo il deputato e presidente del Centro Fiorenzo Dadò. «È una questione di principio. I padroni di Ofima hanno miliardi di capitale. Non è normale che per una riattazione vengano a chiedere soldi al Cantone».
Ieri sui banchi della Gestione è inoltre planato per la prima volta il corposo messaggio, uscito la scorsa settimana dal Consiglio di Stato all’indirizzo del parlamento, sul Consuntivo 2023 del Cantone, che chiude con un disavanzo di 121,8 milioni di franchi. «Abbiamo preso atto del risultato negativo, che preoccupa in prospettiva, alla luce anche delle discussioni che ci sono state sul Preventivo relativo all’anno in corso – afferma il presidente della commissione, il leghista Michele Guerra –. Abbiamo stabilito un termine congruo da assegnare ai gruppi parlamentari perché possano formulare eventuali quesiti al governo. Peraltro sul tema è già previsto un incontro fra la Gestione e il Consiglio di Stato».
Un deficit dunque di quasi 122 milioni, una quarantina in più di quelli preventivati. “Degli interventi per riequilibrare i conti – scrive il governo – sono necessari, anche perché nei prossimi anni, pur ipotizzando che la Banca nazionale svizzera possa tornare a versare una partecipazione agli utili a Confederazione e Cantoni, difficilmente potrà farlo nell’entità conosciuta tra il 2020 e il 2022”. Interpellato dalla ‘Regione’ quando è stato pubblicato il Consuntivo, il capogruppo democentrista Sergio Morisoli, artefice del controverso Decreto per il pareggio dei conti entro fine 2025, tagliando sulla spesa e senza aumento delle imposte, aveva rilanciato. “A questo punto – aveva dichiarato il deputato dell’Udc – si potrebbe valutare una proroga” del Decreto “fino al 2027, perché indipendentemente da questo Consuntivo, e a meno che non si voglia fare macelleria sociale, non sarà col Preventivo 2025 che si arriverà al pareggio”.
Intanto c’è già un no all’ipotesi proroga. Arriva dal presidente del Plr, partito che ha appoggiato il ‘primo’ Decreto Morisoli. “Sono contrario a un Morisoli bis. Andiamo oltre, facciamo e non ‘decretiamo’”, afferma Alessandro Speziali contattato da liberatv.ch: “Come Plr abbiamo sostenuto il principio di finanze sane senza aumenti di tasse, tant’è che abbiamo contribuito a plasmare il decreto che, tuttavia, aveva una sua contestualizzazione storica. Ora occorre andare oltre perché quello che serve non è ricreare il solito ritornello sul decreto, ma prendere delle decisioni in governo e in parlamento. Serve avere coraggio e riformare, per esempio i sistemi di sussidio, e metter mano all’Amministrazione e alla sua organizzazione. L’obiettivo è sempre lo stesso: vogliamo evitare l’aumento delle imposte”. Evitando però un secondo Decreto Morisoli.