Così il presidente della Conferenza dei genitori commenta la protesta del Collegio docenti della Scuola media Bellinzona 2 contro i tagli del governo
«Prese di posizione come quella dei docenti della Scuola media Bellinzona 2 sono un evidente segnale della frustrazione e dell’insofferenza per il profilarsi di ulteriori tagli dopo che nelle ultime tre legislature i funzionari cantonali, in molti casi genitori con figli, hanno subìto molteplici peggioramenti salariali, con impatti negativi puntuali e strutturali. Una richiesta quindi di attenzione, comprensibile. Dopodiché, e penso di esprimere il parere di molti genitori, spiace pensare che non tutti gli allievi potranno contare sulle stesse opportunità sul territorio cantonale. Vorrei ricordare che negli anni della pandemia di Covid-19 i ragazzi hanno già pagato un prezzo molto alto. Spero allora che si apra un dialogo tra i docenti e che si possa rientrare, per i ragazzi, in una situazione normale». Comprensione e un auspicio nelle parole del presidente della Conferenza cantonale dei genitori Pierfranco Longo.
“Annullamento di tutte le attività didattiche che richiedono di lavorare oltre gli obblighi contrattuali, cioè a titolo volontario”. In soldoni, “soppressione di tutte le uscite di studio con pernottamento e di tutte le attività ricreative solitamente svolte dai docenti indipendentemente dal loro grado di occupazione”. È la proposta, di cui ha riferito giovedì la ‘Rsi’, contenuta nella presa di posizione discussa e approvata a larghissima maggioranza verso fine ottobre dal Collegio dei docenti della Scuola media Bellinzona 2 in risposta alle misure di risparmio messe a preventivo dal Consiglio di Stato per il 2024 e destinate a “ulteriormente peggiorare le condizioni di lavoro degli insegnanti”. Consiglio docenti che facendo da apripista in vista della manifestazione di protesta del 22 novembre a Bellinzona contro i tagli a salari (la trattenuta del 2% nella parte eccedente i primi 60mila franchi di stipendio, il cosiddetto contributo di solidarietà), sussidi e servizi, ha trasmesso il documento a tutte le altre Medie e Medie superiori del cantone. Adesioni sono giunte da alcune sedi, mentre altre hanno optato per forme leggermente differenti, o più soft. Altre ancora si pronunceranno all’inizio della prossima settimana.
Uno scenario molto simile, per motivi identici, si era palesato nel 2003 e 2004 quando tagli e l’aggravio di un’ora settimanale d’insegnamento avevano messo sul piede di guerra i docenti di Medie, Licei e Commercio. Ma anche gli studenti, con tanto di scioperi in taluni istituti medi-superiori. «Ricordo bene la contestazione di allora. Ero una giovane liceale a Mendrisio e la preoccupazione dei nostri ‘prof’ appariva chiara. Da noi studenti ben percepita e condivisibile, come lo è oggi», premette Denise Maranesi, presidente del Collegio docenti delle Medie Bellinzona 2, specificando che l’azione di protesta abbraccia idealmente tutti i dipendenti dello Stato, tutte la classi salariali. «La scuola infatti è costituita anche da custodi, personale amministrativo e di pulizia». Nell’arco di vent’anni, annota Maranesi, «la situazione, per quanto ci riguarda, ha conosciuto un aggravio di oneri obbligatori, ad esempio in ambito formativo e di aggiornamento. Più le varie incombenze extra insegnamento. Che è giusto che ci siano, ma ora di fronte a quanto prospettato dal governo abbiamo deciso di esporci in modo forte e chiaro. Con una contromisura concreta che va a toccare il contributo da noi assicurato a titolo gratuito a favore di attività importanti per la crescita e la formazione degli allievi, perché sviluppano le loro competenze trasversali e sociali». Positivo, aggiunge, è che l’appello bellinzonese «non è caduto nel vuoto e nella maggior parte delle sedi si è aperta una riflessione interna su come reagire».
laRegione
Correva l’anno 2004
«Da tempo – sottolinea il presidente del Movimento della Scuola Fabio Camponovo – denunciamo il lento degradarsi della funzione dell’insegnante e ciò anche a causa dei tagli, negli anni, decisi dalla politica, soprattutto da quella parte della classe politica che considera i docenti, e in generale i funzionari, come dei privilegiati, veicolando questa immagine nella popolazione. Un’immagine falsa. Come è stato ricordato ancora in questi giorni, il Ticino è uno dei Cantoni che investe meno nell’istruzione, eppure è tra quelli che presenta i migliori risultati come numero di maturati e di diplomati universitari. Questo grazie soprattutto all’impegno, ai sacrifici e alla responsabilità del corpo docente». Le «ulteriori» misure di risparmio nei confronti dei dipendenti pubblici contenute nella manovra di rientro confezionata di recente dal Consiglio di Stato, continua Camponovo, che precisa di esprimersi a titolo personale, «non si giustificano. Penso che i docenti debbano affrontare oggi due problemi fondamentali: avere il coraggio di difendere la dignità della professione e concordare delle misure di resistenza a vantaggio della qualità del loro lavoro. Sarebbe improvvido manifestare il disagio in forme diverse, quando invece un segnale pubblico forte potrebbe giungere da uno sciopero vero e proprio».
Per Enrico Quaresmini, docente e coordinatore della Rete per la difesa delle pensioni (ErreDiPi), le forbici governative «rischiano fortemente di demotivare il personale pubblico, di indebolire di conseguenza l’Amministrazione e di riflesso di compromettere la qualità dei servizi e delle prestazioni erogati alla popolazione. Con questo modo di agire il Consiglio di Stato sembra purtroppo dar ragione a chi abbaia contro l’Amministrazione e i suoi funzionari». Aggiunge: «C’è un grande malumore fra i dipendenti, un malumore che andrebbe ora incanalato per costruire una solida opposizione come è stata ed è l’opposizione alla riduzione delle pensioni in seguito alla diminuzione del tasso di conversione deciso dall’Istituto di previdenza del Canton Ticino». In altre parole, bisognerebbe guardare anche oltre la manifestazione promossa dai sindacati per il 22 a Bellinzona contro la manovra di rientro elaborata dal governo.
Secondo il deputato del Movimento per il socialismo ed ex sindacalista Giuseppe Sergi «occorrerebbe indire per i giorni successivi alla manifestazione del 22 una vera e propria giornata di mobilitazione, che può tradursi anche in scioperi. Solo in questo modo si può essere realmente incisivi. Ricordo che il Preventivo 2024 e i tagli che contempla, con la maggior delle misure che non passa dal Gran Consiglio essendo di esclusiva competenza del governo, sono soltanto un assaggio di quello che sarà il Preventivo 2025». A Ginevra, ricorda Sergi, «di fronte al rifiuto del governo di compensare il rincaro, i dipendenti pubblici hanno appena scioperato, tutto il pomeriggio. E una grande assemblea ha deciso di dar vita a una nuova giornata di sciopero per il 23 novembre. Da noi i tagli sono ancora più drastici: oltre al mancato riconoscimento del carovita, c’è il contributo di solidarietà del 2%. I vertici sindacali non possono quindi accontentarsi della manifestazione, che inizierà alle 17, del 22 novembre».