La massiccia partecipazione alla manifestazione indetta dai sindacati rappresenta un atto di sfiducia nei confronti dei ministri contabili
Il governo, con i suoi ministri contabili, e il Gran Consiglio, frastagliato e dai dibattiti non di rado cacofonici, non possono e non devono ignorare i numeri e le voci della piazza, a meno che abbiano deciso di tenere chiuse le finestre, il che sarebbe da irresponsabili, o si siano dimenticati di aprirle, e sarebbe ancor più grave perché vorrebbe dire che abbiamo in Consiglio di Stato e in parlamento dei dilettanti allo sbaraglio. Ieri a Bellinzona, davanti al Palazzo della politica cantonale, erano in tanti a denunciare i tagli scellerati – e le conseguenze non solo per il personale pubblico e parapubblico, ma per i cittadini in generale che devono poter fare affidamento anche su servizi statali efficienti e quindi dotati delle necessarie risorse – della manovra governativa di rientro che accompagna il Preventivo 2024. Questa sì concepita con porte e finestre sbarrate per tenere a debita distanza la realtà di una società frastornata da rincari senza fine, da un potere d’acquisto in progressiva erosione e pertanto sempre più in difficoltà. Soffre il ceto medio, cresce la povertà e aumenta il disagio giovanile e della popolazione anziana.
Pare poi davvero surreale il rimprovero all’Esecutivo di aver usato unicamente il pallottoliere, una critica mossa in particolare da coloro, e fra questi il presidente del Partito liberale Alessandro Speziali (l’immagine del pallottoliere è sua), che hanno consegnato la calcolatrice al Consiglio di Stato, sostenendo il ‘decreto Morisoli’. Certo, un decreto legittimato dal voto popolare, ma il dubbio che tutti abbiano capito la posta in gioco resta. Peraltro non si può imporre le forbici, chiedere niente aumenti di imposta e infine pretendere misure di contenimento della spesa pubblica poco invasive. I tagli sono tagli. Soprattutto non lo si può pretendere da un governo che ha sempre richiamato quel decreto per giustificare i risparmi per raggiungere il pareggio di bilancio entro la fine del 2025. Preoccupano i tagli. E l’assenza, ciò che è segno di un Esecutivo debole, di una visione politica: quale Ticino vogliamo?
La massiccia adesione alla protesta indetta dai sindacati rappresenta un atto di sfiducia nei confronti del Consiglio di Stato, incapace anzitutto di attuare una politica del personale degna di questo nome. Lo confermano il mancato riconoscimento del carovita e la trattenuta del 2% per la parte eccedente i sessantamila franchi di salario, spacciata, per edulcorare la pillola, come ‘contributo di solidarietà’. Misure proposte senza considerare il loro impatto, tale l’impressione, sulla motivazione dei dipendenti, uno dei presupposti fondamentali per avere un’Amministrazione erogatrice di prestazioni di qualità. Ma la manovra contiene anche dell’altro: restrizioni nell’accesso ai sussidi per il pagamento dei premi di cassa malati, taglio di undici milioni al settore che si occupa di disabili adulti e minorenni… La lettera che l’Associazione ticinese delle istituzioni sociali ha indirizzato a parlamento e governo è chiara: queste misure di risparmio sono “inaccettabili” e “pericolose”.
È nell’interesse di tutti avere finanze pubbliche sane. Però i risparmi, come hanno scritto gli organizzatori della manifestazione, “vanno fatti sugli sprechi, non sul necessario”. Per individuare gli sprechi serve una vera analisi della spesa, fin qui mai fatta dal governo. Più che di studi e perizie avremmo bisogno di una Corte dei conti, di una magistratura contabile. Che verifichi pure la sostenibilità di futuri alleggerimenti fiscali.
Manovra di rientro e Preventivo 2024 del Cantone sono ora sul tavolo del Gran Consiglio. Chissà se le sue finestre ieri erano aperte.