Marchesi (Udc) e Quadri (Lega) non arretrano dopo la consultazione promossa dal Consiglio federale. Porta (Atg): ‘Indebolimento e mossa spregiudicata’
«Questa non è una soluzione, ma un contentino che cerca di rompere l'unità degli iniziativisti. Senza, credo e spero, nemmeno riuscirci». Il progetto di revisione dell'Ordinanza sulla radiotelevisione che porterebbe a ridurre, tra il 2027 e il 2029, il canone da 335 a 300 franchi annui – e a esentare le aziende con un fatturato superiore a 1,2 milioni di franchi – lascia imperturbabile il consigliere nazionale Udc Piero Marchesi, che, anzi, è ancor più combattivo: «Come promotore dell'iniziativa per il canone a 200 franchi non sono soddisfatto, questa proposta non è assolutamente accettabile». Nessun timore, da parte di Marchesi, neanche per la tenuta dell'unità degli iniziativisti. La mossa del Consiglio federale di andare incontro alle aziende, infatti, è facilmente interpretabile come un tentativo di far scendere l'Unione svizzera delle arti e mestieri dal carro. Prima ancora della conferma della stessa Usam che da quel carro non si scende, il deputato democentrista al Nazionale è netto: «Non credo riusciranno in questo obiettivo, e nel caso in cui decidessero di ritirare il proprio sostegno a votare vanno i cittadini, e lo faranno tenendo conto di questo controprogetto che non porta a loro alcun vantaggio. Una riduzione di qualche decina di franchi non soddisfa affatto le richieste».
Per Marchesi è anche importante sottolineare come, con questa proposta messa in consultazione, «resta di fatto il monopolio della Ssr». L'iniziativa «pone una domanda fondamentale: che servizio pubblico vogliamo? A nostro avviso deve essere forte, certamente diffuso sul territorio, federalista e pronto a coprire le regioni linguistiche come abbiamo ben evidenziato nel testo dell'iniziativa. Ma – afferma Marchesi – con un'informazione imparziale, cosa che ora non succede visto che è molto evidente come sia di parte e sbilanciata a sinistra, e tutto quello che riguarda cultura, svago e sport una persona deve essere libera di potersi abbonare a dipendenza dei propri gusti. Il canone, invece, obbliga un a un abbonamento totale. Concorrenza del settore privato e decisioni del singolo cittadino sono tagliate fuori con questo monopolio».
A ruota Lorenzo Quadri, direttore del ‘Mattino della domenica’ e consigliere nazionale leghista: «Evidentemente qualsiasi riduzione è benvenuta – spiega da noi raggiunto per una reazione – ma non si può pensare che una microproposta del genere possa essere una reazione credibile alla nostra iniziativa. La votazione non si schiva con questi mini-interventi, tra l'altro molto dilazionati nel tempo». Al voto «andranno cittadini che votano secondo le proprie esigenze, che non sono di certo soddisfatti da questo controprogetto in due tappe. Non so dire oggi che effetto pratico avrà la decisione di aumentare la franchigia per l'esenzione delle aziende, il tentativo c’è... ma dubito riesca».
Inoltre, Quadri insiste su un altro problema presente a suo avviso: «Oltre a questa piccolissima riduzione, c’è l'aspetto del mancato adeguamento ai tempi: il fatto che oggi in Svizzera il contribuente sia ancora obbligato a pagare il canone più alto d'Europa ai tempi di Netflix, dello streaming, dello sport on demand è assurdo. L'offerta della Ssr è così bassa che un canone così alto non si giustifica affatto né coi tempi, né con un panorama mediatico cambiato».
Il presidente dell’Associazione ticinese dei giornalisti (Atg) Roberto Porta fa una premessa «doverosa». Vale a dire che «l’iniziativa del canone a 200 franchi è gemella di quella ‘No Billag’ già respinta dal popolo, vogliono la stessa cosa: la distruzione, e ripeto distruzione, della Ssr e della Rsi. La prima ne decretava la morte immediata, la seconda una morte a medio corto termine». Anche scendere a 300 franchi «è una misura importante, e i cittadini devono essere in chiaro: l’obiettivo è distruggere il giornalismo indipendente, indebolire un valore sicuro come il servizio pubblico radiotelevisivo e lasciare spazio alle piattaforme straniere e all’informazione italiana».
La lettura dell’Atg di questa proposta è semplice: «Una mossa tattica per indebolire la riuscita dell’iniziativa, ma rappresenta comunque un ridimensionamento della Ssr. Nel 2017 il canone era 450 franchi, e in un momento del genere dove oltre Gottardo i licenziamenti nel settore giornalistico sono a decine indebolire il servizio pubblico è una mossa spregiudicata».
E ora, che fare? «Parteciperemo alla consultazione come Atg e come Impressum, faremo capire bene la nostra voce. Il Consiglio federale e tutta la popolazione sappiano che per 90 centesimi al giorno a nucleo familiare hanno a disposizione un’informazione buona se non molto buona, in quattro lingue nazionali, programmi culturali, eventi sportivi… Se questi 90 centesimi al giorno sono tra le priorità del primo partito svizzero c’è evidentemente un problema».