L'Udc: ‘Siamo nel perimetro del referendum finanziario obbligatorio’. Tra contrari e favorevoli alle misure di compensazione, la politica scalda i motori
Le misure di compensazione sono ora nero su bianco, contenute nel messaggio appena varato dal Consiglio di Stato all’indirizzo del parlamento. Ma la posizione di Udc e Lega non cambia: l’ultima parola al popolo. «Da una prima lettura del messaggio – afferma il granconsigliere democentrista Paolo Pamini – emerge fra l’altro che l’operazione avrà un costo ben superiore ai 12 milioni e mezzo ipotizzati inizialmente. Eravamo assai scettici allora, lo siamo a maggior ragione oggi: l’importo annuo prospettato è ora di 14,6 milioni, cosa che chiaramente rende ancor più difficile un’eventuale nostra adesione alla proposta. Di sicuro nelle trattative fra sindacati e governo non ci si è mossi nella direzione da noi auspicata. Siamo – rileva Pamini – nel perimetro del referendum finanziario obbligatorio, visto che la somma indicata nel messaggio supera i 6 milioni di spesa annua ricorrente, e come Udc abbiamo sempre detto che chiederemo il voto popolare, soprattutto quando i cittadini, chiamati a far fronte a un grosso onere finanziario, non ottengono niente in contropartita, come potrebbe essere ad esempio una gestione efficiente e dinamica del personale dello Stato, anche per motivarlo e per, ad esempio, limitare i casi di mobbing e le assenze per malattia. Durante la trattazione del messaggio governativo in parlamento saremo comunque aperti al dialogo».
Osserva a sua volta Boris Bignasca: «Al tavolo delle trattative si erano seduti sindacati e Consiglio di Stato, mancava però un attore fondamentale, quello che paga, quello che dovrebbe pagare le misure di compensazione. Mancavano cioè i cittadini». Per il capogruppo della Lega in Gran Consiglio «la fattura di oltre 14 milioni di franchi annui rischia di essere a carico dei contribuenti per decenni. E questo quando i cittadini, non dipendenti pubblici, non hanno alcuna colpa dei grossi problemi dell’istituto di previdenza degli statali. Ora, chiamare i cittadini alla cassa senza chiedere la loro opinione, non va per niente bene. Quindi da parte nostra sarà referendum».
Le misure di compensazione proposte, ricorda il presidente e deputato del Plr Alessandro Speziali, «sono il frutto di un lungo negoziato tra le associazioni del personale e il Consiglio di Stato ed è senz’altro positivo che si arrivi finalmente a prospettare una soluzione, ora tradotta in un messaggio governativo che come parlamento valuteremo. Detto questo, come partito – aggiunge Speziali, alludendo a coloro che brandiscono l’arma del referendum – riteniamo che non è facendo crociate contro gli impiegati pubblici che si migliora la situazione dell’Ipct. Noi ci battiamo e ci batteremo per una soluzione equilibrata e sostenibile, che soprattutto eviti di penalizzare i giovani assunti per errori di cui non sono responsabili: una soluzione quindi che sia anche rispettosa di una certa equità intergenerazionale. Mi pare, da una prima lettura, che il messaggio del Consiglio di Stato vada nella direzione da noi auspicata. Ciò non toglie – puntualizza Speziali – che sia giunto il momento di rivedere la cultura della gestione della pubblica amministrazione per renderla efficiente, ma pure attrattiva e motivante per chi ci lavora e per chi intende lavorarci. Purtroppo di segnali in tal senso finora non ce ne sono. Ed è per questo che io e il collega di partito Bixio Caprara abbiamo presentato di recente una mozione che chiede una vera riforma della macchina Stato, e non desisteremo. Il risanamento delle finanze del Cantone deve infatti essere anche l’occasione per costruire un’Amministrazione orientata verso il futuro, come peraltro sta facendo la Confederazione. E in Ticino la necessità di questo cambiamento viene evidenziata in particolare da chi è alle dipendenze della stessa Amministrazione, e non solo dalle aziende che hanno bisogno di un referente istituzionale dinamico e al passo coi tempi».
Annota a sua volta il capogruppo socialista Ivo Durisch: «Sicuramente si poteva fare di più, ma il messaggio governativo è da sostenere. Sono misure assolutamente necessarie per evitare una drastica riduzione, e si parla del 20 per cento, delle rendite di vecchiaia degli affiliati all’Ipct. Si tratta del personale dell’amministrazione pubblica e degli alti enti o Comuni affiliati. Personale, ricordiamo, che ha già partecipato in ampia misura al risanamento della cassa stessa e anche per questo motivo, senza misure di compensazione, arriverebbe ai minimi di legge per quanto riguarda le rendite di vecchiaia. Quale principale datore di lavoro in Ticino, era il minimo che il Cantone potesse fare». Del resto, continua il deputato del Ps, «gran parte degli altri istituti di previdenza hanno già adottato misure simili. Se ci saranno opposizioni e si arriverà a un referendum, vogliamo che sia chiara una cosa: noi staremo fermamente dalla parte delle lavoratrici e dei lavoratori. Ci impegniamo a proteggere i loro diritti e a garantire un futuro sicuro e dignitoso per tutti».
Il deputato del Centro Giorgio Fonio ha partecipato, in qualità di sindacalista (Ocst), alle trattative con il governo. Precisa di esprimersi a titolo personale. «Il messaggio del Consiglio di Stato riprende quanto concordato nella fase negoziale e ciò ovviamente ci soddisfa come sindacati – sottolinea Fonio –. Il risultato che abbiamo ottenuto lo si deve anche all’attività della Rete per la difesa delle pensioni. D’altronde era ed è inaccettabile una perdita, tenuto conto dei cambiamenti intervenuti nel 2012, del quaranta per cento delle rendite pensionistiche future degli attuali lavoratori: il Consiglio di Stato ha capito, ascoltando anche le richieste dei sindacati, che era quindi necessario invertire la rotta. Adesso – prosegue il granconsigliere – comincia l’iter parlamentare e comincia in salita alla luce della posizione rigida di una parte del Gran Consiglio, contraria già in partenza a misure di compensazione. Spero che il parlamento capisca che quella prospettata dal messaggio governativo è ad oggi l’unica soluzione sostenibile, praticabile e urgente per scongiurare una diminuzione delle rendite pesante. E ingiusta: non dimentichiamoci che i dipendenti pubblici attuali non hanno alcuna responsabilità per il dissesto della cassa pensioni, a differenza della politica».
Si diceva di un iter parlamentare in salita. Secondo il Movimento per il socialismo “le misure presentate nel messaggio del Consiglio di Stato e quelle annunciate dal Consiglio di amministrazione dell’Istituto di previdenza del Canton Ticino non sono convincenti e, soprattutto, non affrontano alcuni problemi principali”. E «in primo luogo non si affronta uno degli errori principali della riforma del 2012 e meglio il versamento, in quell’occasione, di un contributo di risanamento di gran lunga inferiore al dovuto», scrive l'Mps, che non ribadisce “il cinismo con cui si conferma che il capitale che verrà utilizzato per compensare parte di tagli per le persone con più di 50 anni è in gran parte stato accumulato con la decisione di decurtare le rendite vedovili in aspettativa, in altre parole si vuole ridare alle stesse persone ciò che pochi mesi fa si è deciso di togliere”.
«Ora studieremo bene il messaggio. Poi organizzeremo una consultazione tra gli assicurati. Vogliamo capire cosa ne pensa la ‘base’», spiega Enrico Quaresimini, docente e portavoce della ErreDiPi, la Rete per la difesa delle pensioni. «Questo accordo tra sindacati e governo – precisa Quaresmini – va comunque in direzione di un peggioramento delle condizioni per gli affiliati all’Ipct. Anche se più contenuto rispetto a quello che si temeva all’inizio». Merito pure, puntualizza il portavoce, del lavoro fatto dalla ErreDiPi. «Continueremo con la nostra azione. La strada è infatti ancora lunga e ora la palla passa al parlamento, dove ci sono partiti che hanno l’intenzione di opporsi alle compensazioni». Confermata quindi la giornata di mobilitazione prevista per mercoledì 27 settembre.