La deputata del Centro eletta Prima cittadina del cantone. Festa, sorrisi e battute in attesa della discussione sulla ripartizione dei seggi commissionali
Con 81 voti sulle 88 schede distribuite, la deputata del Centro Nadia Ghisolfi è appena stata eletta presidente del Gran Consiglio. Al suo fianco, e sempre senza alcuna sorpresa, Michele Guerra (Lega) come I vicepresidente e Fabio Schnellmann (Plr) come II vicepresidente.
Occhi lucidi e un momento di cedimento all’emozione quando ricorda il sostegno ricevuto sempre dalla sua famiglia, Ghisolfi subito dopo l’elezione, nel suo discorso, lancia un avvertimento già espresso nell’intervista rilasciata a ‘laRegione’ il 19 aprile: «Il parlamento dovrebbe essere lo specchio della società, il fatto che non lo sia deve farci riflettere e spingerci a rappresentare anche chi non è presente. Sta a noi dare voce a chi non può averla».
Perciò, afferma Ghisolfi «vorrei che questo mio anno presidenziale fosse all’insegna dell’inclusività, vorrei che davvero tutti possano sentirsi rappresentati dal parlamento cantonale». Il rischio che non sia così, per la neo Prima cittadina del cantone, è concreto: «Benché ci siano forze nuove in Gran Consiglio, e ci siano ben 34 volti nuovi, ci sono ancora diverse realtà e categorie di persone non rappresentate, e la percentuale di donne elette non rispetta le proporzioni nella popolazione».
Passando al ‘programma’, la speranza è di «concretizzare una sessione dedicata alle persone con disabilità, come fatto a livello federale. È importante coinvolgere i diretti interessati, e sentire da loro quali siano i reali problemi e le esigenze».
E al di là di questo, le sfide non mancano. Anzi. «A partire dall’occupazione giovanile – riprende Ghisolfi –, e l’importanza di formare i giovani in professioni che abbiano sbocchi concreti». Ma l’occupazione non è un problema solo per i ragazzi e le ragazze, il suo partito, il Centro, lo sa bene dopo aver promosso un atto parlamentare in questo senso. E Ghisolfi lo rimarca, perché «dobbiamo pensare a chi ha più di 55 anni, e con un andamento del mercato del lavoro sempre più critico, le riduzioni del personale – rileva la deputata, che è anche sindacalista di Transfair – colpiscono in maniera indiscriminata, e a volte i più ‘scomodi’ sono quelli con più esperienza, salari più alti, un’età superiore ai 50 anni. Coloro che fanno più fatica a trovare, poi, una nuova occupazione».
Un’altra preoccupazione di Ghisolfi è che i posti di lavoro, una volta creati e tutelati, «devono avere condizioni davvero dignitose. Fondamentale, in questo ambito, è sostenere le Piccole e medie imprese, spina dorsale della nostra economia. Un sostegno che sia concreto, affinché creino posti di lavoro qualificati per giovani e meno giovani». In questo, nello svolgimento dei lavori e nel dibattito «sarà fondamentale l’ascolto da parte di tutti».
Prima dell’elezione di Ghisolfi, i corridoi e l'aula si sono riempiti lentamente di veterani con la sicumera di chi entra nel salotto di casa e neoeletti che chiedevano come arrivare alle tribune stipate di amici e familiari, dove fosse il bagno, dove si potesse fumare una sigaretta in pace. In un tripudio di «sono molto felice di essere qui», ci sono Roberto Ostinelli e Maria Pia Ambrosetti, i due eletti di HelvEthica, che prima di sedere nei posti assegnati – a sorpresa – in alto a sinistra di fianco ai Verdi liberali, chiacchierano in separata sede prima di cominciare a stringere mani.
C’è una raggiante Amalia Mirante che si presenta con accessori del consueto fucsia d’ordinanza e con in mano un’orchidea – fucsia, va da sé – regalatale per l’occasione. C’è Massimiliano Ay (Pc), con ancora addosso il fuso orario per il rientro dalla Cina, che il fato ha voluto non abbia avuto assegnato il seggio proprio di fianco a Giuseppe Sergi (Mps). C’è la sensazione di essersi persi a priori a qualcosa di divertente, ma tant’è.
Ci sono pacche sulle spalle, battute, strette di mano. Tutte interpartitiche. In una sorta di grande festa tra amici, legati da rapporti sinceri o dal panachage o da entrambi. Un antipasto dei coltelli che saranno sfoderati già domani quando partirà la buriana sulla ripartizione dei seggi commissionali. Ma nel sabato del villaggio delle Orsoline, tra un prosecco e i primi capannelli che tastano il polso a future alleanze o semplicemente chiacchierano – certo, come no –, i coltelli sono ancora nella guaina. Anche se ben affilati, stando ad alcune battute che girano nei corridoi. Interpartitiche anche quelle.
«Chi ci ha eletti desidera che vengano create opportunità per loro, che si risolvano i problemi, che vengano tutelati i diritti. Come parlamento faremo del nostro meglio, ma il cittadino non si aspetti solo cioccolatini». Non fa sconti il decano del Gran Consiglio, Alessandro Cedraschi (Plr), nel suo discorso d’insediamento della nuova legislatura prima che venga messa in atto la procedura per l'elezione della nuova presidenza. Un discorso che, tenutosi dopo i baci, gli abbracci, le strette di mano e le pacche sulle spalle di cui sopra, riporta tutti nuovamente sulla Terra: «Andranno dispensati anche dei no – avverte Cedraschi –, dovremo essere forti e uniti pur sapendo di essere impopolari».
Perché la manovra di rientro è dietro l’angolo, i sacrifici pure, e le premesse sono quel che sono. Con una popolazione che, riprende Cedraschi, «non ci chiede soluzioni utopiche, ma il diritto di essere fiduciosa per il proprio avvenire. Noi saremo un costante supporto a cittadini preoccupati per il lavoro, la disoccupazione e il futuro dei propri figli. Per questo, senza frenesia né panico, dobbiamo sposare una politica economica severa, capace di usare in maniera razionale le risorse per far crescere il cantone». Insomma, parlamento avvisato…
«Dovremo tutti fare un passo indietro, ma premiando il coraggio delle idee – afferma ancora il decano –. Solo così daremo certezze a tutti. Sarò tacciato di essere un inguaribile ottimista, ma ritengo che la speranza in tutto il nostro agire sia il sentimento che dovrà accompagnarci in questa legislatura, e dovremo avere il compito di divulgarla».
Una politica che deve essere attenta, certo. Ma che nemmeno deve fustigarsi a costo zero, per Cedraschi: «Nelle recenti elezioni ha prevalso l’assenteismo alle urne, preceduto da un periodo di critiche alla classe politica: il cittadino ha ragione quando ritiene di dover essere maggiormente ascoltato, ma dovrebbe riporre fiducia in chi lo rappresenta: vociare a posteriori senza aver partecipato democraticamente alle scelte è poco corretto». E quindi, «spezziamo una lancia a favore dei politici, e ci sia un po’ di biasimo per chi non si esprime per partito preso». Poi tutto è perfettibile, ci mancherebbe: «Dovremo informare meglio i cittadini sul lavoro e la dedizione che i politici mettono a disposizione, soprattutto nei momenti critici».
Per il parlamento, Cedraschi auspica «che i dibattiti non siano sterili e non portino a insinuare perplessità», così come «l’educazione e il rispetto per le persone siano i punti inderogabili per le future discussioni». Ai più giovani entrati in carica, il più anziano consiglia di «perseguire gli intenti politici con umiltà, ascoltando le esigenze dei cittadini, proponendo soluzioni ragionevoli e condivise». E che creino «al più presto un miscuglio omogeneo con i deputati più navigati».