Davanti al ‘parlamentino’ socialista Laura Riget e Fabrizio Sirica analizzano l'esito del voto. Discussione in sala: ‘Son stati commessi degli errori’
«I risultati ottenuti in governo e in parlamento sono al di sotto delle nostre aspettative, dobbiamo ammetterlo ed è inutile negarlo». Ma «abbiamo confermato il seggio progressista al Consiglio di Stato e con Marina Carobbio abbiamo eletto una persona estremamente competente e credibile per il progetto rossoverde». Si ripete il concetto di ‘chiaroscuro’ nell’analisi del voto di queste elezioni cantonali che offre, davanti al Comitato cantonale socialista riunitosi stasera a Bellinzona, la copresidente del Ps Laura Riget. E, a nome della direzione, individua sei fattori che possono spiegare il risultato.
Si comincia con «l’assenza della dinamica ‘Salvataggio seggio di Manuele Bertoli’ che nel 2019 ha portato tanti voti di lista da Pc ed Mps, e preferenziali da radicali o dal Centro. Stavolta non è successo, e ha inciso». Poi, prosegue Riget, la presenza di Avanti: «Dopo il nostro congresso nei media si usava la parola ‘scissione’ a livello di partito, che non c’è stata, le dimissioni sono state meno di cinque. Ma questa scissione sembrerebbe esserci stata a livello di elettorato, un numero importante di persone non hanno votato più il Ps ma Avanti. Abbiamo sottovalutato il loro impatto elettorale, rivendichiamo la scelta di non mettere in lista Amalia Mirante ma a livello elettorale questa scelta di coerenza ha avuto un impatto negativo».
Guarda anche ai compagni di viaggio ecologisti Riget, asserendo che «HelvEthica ha rubato una parte importante dell’elettorato dei Verdi, e in più una parte importante dell’elettorato ecologista fatica a definirsi di sinistra e quindi a identificarsi col progetto rossoverde».
Per la copresidente del Ps ha giocato un ruolo anche «la percezione di una lista blindata per il governo, coi giochi già fatti e un risultato scontato senza concorrenza. Ciò ha contribuito ad attirare meno interesse e preferenziali esterni». Di «percezione», parla Riget. Perché «la scelta di due socialisti, due verdi, con due candidature di esperienza e due di rinnovamento, più una della società civile, portava a una lista equilibrata. Dopo il no di Greta Gysin, dipendeva dai Verdi trovare un’altra persona».
A seguire, immancabili come responsabili, «le forti critiche mediatiche che hanno costruito un contesto molto sfavorevole, con continui attacchi. Le critiche possono essere giustificate, ma i giornali in questi giorni hanno parlato solo di noi, della nostra sconfitta e di cosa dovremmo fare, senza parlare degli altri partiti di governo» (cfr. edizioni de ‘laRegione’ del 3 e del 4 aprile per trovare la prova del contrario, ndr).
Nell’analisi di Riget trova spazio anche il notare «una distanza tra la base in senso stretto e l’elettorato progressista più ampio, nei nostri incontri abbiamo visto molta gente e molto entusiasmo. Forse ci ha dato troppa sicurezza in noi stessi, senza però trasmettere le nostre idee e il nostro entusiasmo in un elettorato più ampio».
L’altro copresidente Fabrizio Sirica, rivendica di «aver insistito sull’inscindibilità dell’elemento sociale da quello ecologico, che questo fosse chiaramente il futuro. Pensavamo fosse una calamita per l’area, un elemento di grande novità: elettoralmente non è successo, e ci pone come di fronte al fatto che forse all’interno abbiamo avuto la sensazione di rappresentare un sentimento che fuori non era così presente». Per Sirica «tra crisi del potere d’acquisto e geopolitica, l’urgenza climatica è stata meno sentita e forse questo progetto rossoverde che per noi aveva vento in poppa non ne aveva così tanto». Il progetto comunque va, deve andare avanti: «Queste considerazioni non significano dismetterlo, è il futuro e dobbiamo continuare».
Sulla «percezione» di una lista blindata torna anche lui, come sulla «narrativa» che decidono in pochi. Fattori che secondo Sirica «portano come partito l’essere percepiti come non accoglienti nonostante la trasparenza e la democrazia interna». Epperò, «percezione» o «narrativa» sulla lista blindata che sia, è lo stesso Sirica a stretto giro di posta a dire che «serve riflettere su come aprire il nostro partito, io ad esempio sono affascinato dalle primarie, bisogna prevedere forme più ampie di partecipazione rispetto a una struttura che oggi è percepita come chiusa».
Per quanto riguarda gli obiettivi: «Forse quello di voler fare un seggio in più era un po’ troppo ambizioso, considerato quanto successo con Avanti. Dovevamo essere più sulla difensiva». Ma intanto, «abbiamo arato il campo per il futuro. E sono sicurissimo che abbiamo seminato e in questo prato cresceranno bellissimi fiori».
Critico rispetto alla scelta della lista per il Consiglio di Stato l’intervento di Mario Branda che, alzandosi in piedi, afferma: «Abbiamo preparato una bella macchina da corsa con questa alleanza. Poi però abbiamo sgonfiato una gomma, escludendo Amalia Mirante. Con lei il risultato sarebbe stato diverso, avremmo fatto meglio». Il sindaco di Bellinzona ha poi aggiunge: «Il Ps ha le potenzialità per vincere, non solo per salvarsi o perdere dignitosamente come facciamo di solito». Tra gli esempi citati c’è la conquista di Bellinzona nel 2012 «quando presentammo una lista competitiva e di altissimo livello». Questo perché, secondo Branda, «per avere successo dobbiamo rivolgerci a chi non viene ai nostri congressi. E lo dobbiamo fare presentando liste competitive. Perché le nostre idee camminano sulle gambe di chi proponiamo». Posizione ribadita dal municipale di Bellinzona Henrik Bang: «Siamo stati noi, blindando l’elezione al Consiglio di Stato, ad aver creato la vittima e spianato la strada ad Avanti».
D’altro avviso l’ormai ex consigliere di Stato Manuele Bertoli: «Se al congresso avessimo fatto un’altra scelta non avremmo avuto la lista rossoverde». Deluso dalla linea intrapresa dal partito anche Fabrizio Garbani-Nerini: «Rispetto all’elettorato d’opinione siamo diventati troppo maestrini. Tendiamo a voler imporre regole alle persone perché sappiamo che i fini sono nobili, ma la gente è stufa di sentirsi dire cosa non può fare». Una richiesta profonda di analisi del partito è arrivata da Ilario Lodi: «errori ne sono stati commessi e tutti dobbiamo assumerci le nostre responsabilità».
«Mi batterò sempre per i valori e gli ideali in cui crediamo, oggi ancor di più in un momento difficile per noi e per un paese che comunque ha bisogno di forze progressiste e presenza rossoverde nelle istituzioni», afferma l’applauditissima consigliera di Stato eletta Marina Carobbio. Domani ci sarà la prima riunione di governo, nella quale verranno assegnati i dipartimenti. Ma Carobbio è chiara: «Intendo impegnarmi sul dipartimento che otterrò, ma anche su tanti altri temi, e continuerò a lavorare con voi, col gruppo in Gran Consiglio, con il gruppo dei Verdi, con tutti coloro che lavorano nel partito, nelle associazioni attive nel sociale, nella cultura, nella scuola, nella migrazione e nell’ambiente. È importante che il lavoro istituzionale sia accompagnato dal lavoro fuori, rafforzando i contatti con la base».
CIò detto, è chiaro: «Non sarà una legislatura facile sia per la composizione del parlamento, sia per i temi che dovremo affrontare – ricorda Carobbio –. Temi importanti, che necessitano di avere voci forti, presenti e progressiste per contrastare una deriva che non fa bene al cantone, ai più deboli, alle famiglie e ai pensionati». Si dovrà «certo fare un’analisi», per carità. Ma «dobbiamo portare avanti con convinzione le nostre proposte e credere in questo progetto rossoverde».
Oltre a quella della copresidenza, è stata offerta una lunga e dettagliata analisi anche da Pietro Snider. Il riassunto: «Domenica quando sentivo parlare di crollo ho storto un po’ il naso perché è un crollo solo teorico, visto che il dato aggregato dei due partiti non c’è mai stato nella realtà. Ciò non toglie che la valutazione è nettamente negativa».