La base ha respinto massicciamente la proposta di Roncelli di superare le candidature d’esperienza e di rinnovamento. Nel pomeriggio la sfida a Carobbio
Il congresso socialista riunito da stamattina a Bellinzona per ratificare l’accordo con i Verdi in vista delle cantonali e i due nomi del Ps per la lista unica ha sancito una prima, importante vittoria della direzione: l’emendamento dell’ex vicepresidente Evaristo Roncelli, che chiedeva di superare la divisione tra candidatura d’esperienza e candidatura di rinnovamento – con un voto aperto che portasse all’entrata in lista dei due nomi più votati sui tre a disposizione –, è stato respinto. Dei 286 votanti, solo 79 hanno seguito la linea di Roncelli. In 203, per contro, hanno dato via libera alla proposta della direzione del partito.
Amalia Mirante, uscendo dalla sala subito dopo il voto con i lavori congressuali in pausa pranzo, ci ha risposto stentorea: «Andrò avanti, nessun ritiro». Nel pomeriggio, quindi, sfiderà Marina Carobbio per il posto da candidata d’esperienza. Ma considerato il clima in sala l’esito, a ora, appare scontato.
Il voto su questo emendamento, per contro, ha blindato il posto della Gioventù socialista: Yannick Demaria sarà nella cinquina progressista.
Prima della lunga discussione sull’emendamento ha preso la parola la copresidente Laura Riget: «Sono state settimane intense e difficili, politicamente ma anche umanamente. Considerando le circostanze ho un auspicio: che oggi ci sia una discussione franca e argomentata, rispettosa delle diverse posizioni e delle persone. Senza cadere in attacchi che non fanno altro che svilirci».
Così, ha detto Riget, «ne usciremo rafforzati come partito e ancora più vicini come persone». Il congresso, ha considerato la copresidente, «è un inizio, una tappa intermedia ma anche una fine». E ha articolato: «Io e Fabrizio tre anni fa abbiamo annunciato la disponibilità a diventare copresidenti del partito con un documento che proponeva la nostra visione. Quella di giustizia sociale e ambientale». Detto altrimenti, «di rafforzare l’alleanza con i Verdi».
Oltre alla visione a corto termine, ha evidenziato, «crediamo in un apporto che guardi al futuro e che sappia responsabilizzare i giovani. Giovani che spesso non hanno sufficiente voce in capitolo – ha lamentato Riget –. Queste visioni sono diventate un progetto di lista unitaria che guarda al domani coinvolgendo i giovani. Non è una strategia elettorale ma un progetto politico».
Oggi «è anche la fine di qualcosa», ha ripreso Riget: «O la fine del progetto di questa visione di cui ci assumeremo la responsabilità. O la fine di un periodo difficile per il partito. Auspico una discussione centrata non più sulle persone ma sui problemi da affrontare. Per fare il bene del partito ma soprattutto del progetto comune». La domanda, ha detto la copresidente, è «come possiamo rendere più giusta la società?». E riferendosi alla discussione sui nomi ha valutato: «Le ambizioni personali sono legittime ma solo se sono un mezzo per arrivare a concretizzare il progetto».
Senza nominare Amalia Mirante, ma il bersaglio era chiaro, ha affondato: «C’è chi ha manifestato la disponibilità alla candidatura prima che si definisse il progetto, e che non si è mai manifestato negli anni. Siamo qui per porre fine a questo inutile e poco edificante confronto. Il voto che ci apprestiamo a rifare – ha sottolineato – determinerà la composizione della lista». Lista che per la copresidente dovrebbe dare il giusto spazio alle nuove generazioni.
«Non proponiamo un giovane come alibi, ma delle candidature giovani volute per rafforzare il messaggio di unione tra i Verdi e il Ps. Uniti per porre le basi per ottenere due consiglieri di Stato in futuro». Rivolta alla platea, Riget ha poi chiesto di pensare «al bene del progetto, a che tipo di lista vogliamo, e a quali persone si iscrivono meglio nella visione di un Ticino solidale e socialista». E riferendosi alla "lista forte" che chiede una frangia del partito, quella frangia che «trova superflua la candidatura giovane», si è chiesta: «È davvero una lista forte quella che guarda solo a quanti voti porta una persona, non si sa da dove?».
La lista forte per la copresidente Ps «è quella credibile e rappresentativa del progetto determinato. Quella che dimostra nelle parole e nei fatti di crederci per concretizzare la realizzazione del progetto. Prima arriva il progetto e solo dopo i nomi». Perché «chi ci vota lo fa per il progetto e i valori e non per le persone». Oggi, ha rimarcato, «abbiamo il dovere morale di chiudere questo momento difficile e partire con un progetto contro le disuguaglianze, la precarizzazione, e a favore del clima. Invitiamo a fare una Politica con la P maiuscola. Per la lavoratrice precaria, per l’operaio frontaliere che cerca un progetto di vita migliore, per la pensionata che non sa come arrivare a fine mese, per il giovane che non sa se potrà trovare un ambiente lavorativo in Ticino. Torniamo a essere uniti tra noi e con i Verdi», ha esortato. E infine ha osservato: «Qualsiasi scelta odierna venga presa invito tutti a mettere da parte la delusione o l’orgoglio ferito per il bene del partito che rappresenta sempre la nostra casa e famiglia politica perché i nostri valori resteranno sempre gli stessi».
Una prima, fondamentale e massiccia, conferma da parte del congresso alla linea della direzione – si diceva – è stata quella di portare avanti una candidatura d’esperienza (Marina Carobbio) e una di rinnovamento (Yannick Demaria) con la bocciatura dell’emendamento di Roncelli.
Un emendamento che chiedeva – come ha illustrato dal palco Maurizio Canetta –, «un voto aperto tra Carobbio, Demaria e Amalia Mirante. Il congresso scelga le due persone più indicate per andare in lista». Per Canetta e i proponenti dell’emendamento, «Mirante e Carobbio, con i loro accenti diversi, hanno le caratteristiche per garantire la somma di qualità e competenze che è importante avere in una lista progressista».
Quindi perché rinunciarvi? «Non credo esista un giocatore di poker che vedendosi serviti due assi ne scarti uno, non possiamo accontentarci di un risultato accettabile, dobbiamo ottenere il massimo possibile». C’è un altro motivo per Canetta nel portare avanti questa proposta: «Significherebbe cancellare, spazzar via ogni eventuale malumore. La discussione di questi mesi ha lasciato scorie, che davanti a un sistema di voto congressuale non aperto potrebbero restare: sarebbe un peccato che i primi metri di questo importante percorso d’area venissero inquinati da un metodo che non credo sia stato applicato da alcun consesso».
Tesi, questa, smontata dal consigliere di Stato Manuele Bertoli che ha difeso la posizione della direzione: «Sarebbe un grave errore di valutazione: abbiamo visto negli ultimi mesi come i media hanno trattato la questione interna al Ps. Giudicate voi: partito in crisi, diatribe, discussioni… vogliamo andare avanti quattro mesi a parlare di queste cose?» ha tuonato suscitando un lungo applauso dalla sala. Per poi rincarare: «Se lo facciamo ci autodistruggiamo, perché il gioco fuori dal partito non è a nostro favore: è contro di noi».
E non è vero, per Bertoli, nemmeno che una lista più forte si traduca in un ampliamento del consenso: «Nel 1999, quando è stata eletta Patrizia Pesenti, c’era una lista fortissima: il risultato fu inferiore rispetto a quattro anni dopo, quando assieme a Pesenti c’erano altre figure di accompagnamento». Di più: «Quando venni eletto nel 2011, e ci fu una battaglia con Mario Branda, facemmo meno voti del 2007. Nel Plr, quando Marina Masoni fu estromessa da Laura Sadis loro persero molti, molti voti: non è vero che quando c’è competizione si migliora, si crea una dinamica brutta che non fa bene a nessuno».
E Bertoli difende anche «il processo che ci ha portati fin qui: comitato cantonale e conferenza cantonale si sono espressi a larghissima maggioranza, quest’ultima sia sul modello di composizione della lista 2+2+1, sia sul nome d’esperienza e il nome di rinnovamento. È stato un progetto corretto e ineccepibile». Questa lista ‘Socialisti e Verdi’, per il direttore del Decs «è l’unico vero elemento di novità delle elezioni 2023, è bene che venga sottolineato questo invece che venire oscurato da altro».
Nel lungo dibattito che ha preceduto il voto, in mezzo a molti contrari all’emendamento – Pepita Vera Conforti, Aurelio Sargenti, Anna Biscossa su tutti – e ai meno che invece lo hanno sostenuto – tra cui lo stesso Roncelli, Matteo Muschietti, Henrik Bang – sono spiccati due interventi.
Il primo è stato quello del sindaco di Bellinzona Mario Branda, che ha sottolineato come «Marina Carobbio è la mia candidata, e non condivido le critiche di scarsa democrazia nel partito. Ma non è importante solo quello che si è, è importante pure l’immagine che si trasmette: adesso è quella di un partito che vuole concentrare la propria attenzione su una persona e non vuole che altre persone la mettano in discussione».
Branda ha ribadito come «non voglio un partito che si salvi ogni volta, che perda lo 0,5% o l’1%. Voglio un partito che vinca, in questo contesto mi chiedo perché Amalia Mirante non possa far parte di questa lista. Non è più tempo di dare pagelle: le elezioni non sono un concorso di bellezza politica o di purezza ideologica».
Un intervento definito «ecumenico» a stretto giro di posta da Pietro Martinelli, secondo cui «non è possibile avere tutto, questa lista progressista non è un passo regalato ma è stato raggiunto da una direzione coraggiosa. Il partito che esce da questo congresso non è in difesa, ma è giovane, entusiasta e d’attacco».
Ultima postilla del proponente, Roncelli: «Non sono un guastatore come qualcuno mi ha detto, io voglio creare e non distruggere: questa proposta serve solo a dare una possibilità di fare scelte libere». La scelta libera del congresso è stata di respingere l’emendamento.
Nel pomeriggio il congresso deciderà, quindi, se il nome forte su cui puntare alle prossime cantonali sarà quello della consigliera agli Stati Marina Carobbio o quello dell’economista Amalia Mirante.