Approvata dal Gran Consiglio la revisione della Legge sugli esercizi alberghieri e la ristorazione. Polemica sull’iter parlamentare
Meno restrizioni per alberghi e ristoranti, senza però permettere ai 16enni di entrare in discoteca. Non ha avuto grandi discussioni sui contenuti la revisione totale della Legge sugli esercizi alberghieri e sulla ristorazione, approvata dal Gran Consiglio a larga maggioranza con 64 voti a favore, 3 contrari e 12 astenuti. Il punto più controverso del messaggio governativo – l’abbassamento da 18 a 16 anni dell’età minima per poter accedere alle discoteche – era infatti stato escluso dal Consiglio di Stato nelle scorse settimane. Una rinuncia dovuta anche alle numerose critiche e perplessità arrivate da parte di operatori del settore e associazioni attive nel mondo giovanile. Tra le principali novità approvate si trovano quindi: l’abolizione dell’obbligo di presenza del gerente, una maggiore flessibilità negli orari di apertura e chiusura dei locali, l’alleggerimento del percorso formativo del gerente e l’inasprimento delle norme relative alla lotta contro l’abuso di sostanze alcoliche.
Ha fatto invece discutere l’iter che ha portato in parlamento questa proposta: due sole settimane di consultazione, praticamente un record. «Era evidente che ‘il come’ e non ‘il cosa’ sarebbe stato il principale oggetto di questo dibattito. È un po’ la malattia della politica ticinese e svizzera», ha commentato il direttore del Dipartimento istituzioni Norman Gobbi. «Questa revisione è però sui banchi della commissione da anni, durante i quali c’è stato modo di ascoltare le voci dei vari attori in gioco». Opinione condivisa dalla maggior parte del parlamento, che ha deciso di respingere la proposta del capogruppo socialista Ivo Durisch che chiedeva di rimandare in commissione: «Molti piccoli comuni vorrebbero essere ascoltati. Qui si è voluta forzare la mano. Non è il modo di lavorare. Sui contenuti niente da dire, siamo coscienti che la ristorazione non è facile. Ma ci vuole rispetto istituzioni». Opinione condivisa da Sabrina Gendotti (Centro): «Non è questo il modo di lavorare. Fortunatamente il governo ha tolto la possibilità della discoteca accessibile ai 16enni».
D’altro avviso Giovanna Viscardi (Plr), relatrice del rapporto insieme al leghista Andrea Censi per la commissione ‘Costituzione e leggi’: «Il rapporto non è stato frutto di una notte. Questa revisione è un tema dal 2018. Si tratta di un compromesso tecnico e non politico, con rivendicazioni arrivate dal basso». Censi ha poi voluto puntualizzare che «si è affrontato senza tabù ogni regola. Anche quella dei 16enni in discoteca, proposta anche troppo mediatizzata e non ancora matura». Sulla stessa lunghezza d’onda Sabrina Aldi (Lega): «La modifica che impone meno burocrazia. Un punto importante in un periodo come questo dove il lavoro scarseggia».
Tutti concordi, invece, sulla necessità dover aggiornare la legge. «Ci troviamo nella situazione dove i comuni escono dai confini di legge nel concedere l’utilizzo di spazi pubblici. È una risposta alla situazione contingente, emersa anche durante la pandemia», ha spiegato il direttore del Di. Maggioranza del parlamento e governo si sono invece divisi sull’estensione straordinaria dei posti esterni, che permette ai comuni di rilasciare l’autorizzazione di suolo pubblico (a esercizi già autorizzati). L’emendamento proposto dalla commissione e approvato dal Gran Consiglio chiedeva di portare a 52 (al posto delle 15 ipotizzate dal Consiglio di Stato) il numero massimo di estensioni, della durata di 24 ore. «Si tratta di un numero eccessivo», ha commentato Gobbi. «In questo modo l’eccezione può diventare la regola e le strutture si troverebbero sovraccaricate. Durante queste giornate di estensione, infatti, i ristoranti e le cucine producono più di quanto fanno normalmente». Puntualizzazione che non ha però convinto: «Si tratta di un limite massimo, non è detto che gli esercizi ne facciano uso totalmente», ha risposto Viscardi.
Tornerà invece in commissione ‘Economia e lavoro’ l’iniziativa parlamentare del socialista Fabrizio Sirica che chiedeva "di sanzionare aziende beneficiarie di sussidi e che effettuano licenziamenti collettivi nonostante fatturati in utile". Questo perché sia nell’atto parlamentare che nel rapporto di minoranza – relatore il comunista Massimiliano Ay – c’è un errore di forma. È infatti indicato "nonostante il fatturato del gruppo a cui appartiene segni un utile". Un problema ammesso anche dai due deputati. «Non si capisce cosa si intenda con questa frase. È ovvio che il fatturato sia in utile», ha fatto notare Daniele Caverzasio (Lega). Il tema tornerà quindi sui banchi della commissione, anche se gli schieramenti sono già chiari. «Siamo in una cultura aziendale, soprattutto quella delle grandi imprese, che mira alla massimizzazione. Un logica di utile che portano a vedere il personale come un ramo secco da poter tagliare» ha affermato Sirica durante il suo intervento. «Questa legge vuole promuovere l’innovazione. Non è il suo scopo vigilare sulle condizioni di lavoro», ha dichiarato Roberta Passardi (Plr). «Per quello ci sono già altre norme». Il tema tornerà sui banchi del Gran Consiglio all’inizio della prossima legislatura.