Il Gran Consiglio boccia la proposta rossoverde di ‘imitare’ il progetto di regolarizzazione del Canton Ginevra: per la maggioranza prassi sufficiente
Non ci sarà alcuna operazione Papyrus in Ticino. A deciderlo, a larga maggioranza, è stato questo pomeriggio il Gran Consiglio respingendo la proposta di Ps e Verdi di seguire l’esempio del Canton Ginevra in materia di regolarizzazione dei sans-papier. L’obiettivo, spiegato dal mozionante Carlo Lepori (Ps), era semplice: «Fissare con la Segreteria di Stato della migrazione (Sem) dei criteri per la richiesta di ottenimento del permesso di dimora, e in particolare l’integrazione, la situazione professionale e finanziaria, la situazione familiare e il rispetto dell’ordinamento giuridico svizzero». Insomma, «non è buonismo, ma una misura ragionevole, razionale, astuta per risolvere due gravi problemi: lavoro nero e dumping salariale». Tracciare l’identikit dei sans-papier «è difficile, le statistiche parlano di persone registrate e annunciate. Uno studio del 2015 attesta che in Ticino, nel 2015, ce ne potevano essere mediamente 600. Poche? Tante? Si tratterebbe comunque di 600 persone vittime di lavoro nero, sfruttamento e in pericolo. È uno scandalo – rincara Lepori – che in uno Stato di diritto si accetti che ci siano persone, anche se poche, di terza classe, vulnerabili, col rischio costante di venire espulse».
Niente da fare. La versione ticinese di quanto approntato a Ginevra con l’operazione Papyrus, progetto conclusosi nel 2018 e con i risultati presentati nel 2020, non vedrà la luce. A Ginevra «ha permesso di inviare alla Sem 1’834 dossier, che hanno portato alla regolarizzazione di 2’390 persone». Facendo incassare «oltre 6 milioni di franchi alle casse delle assicurazioni sociali», ricorda Lepori.
Perché in Ticino non ce n’è bisogno? Innanzitutto, premette la relatrice del rapporto di maggioranza Sabrina Aldi (Lega), «il diritto federale regola entrata e soggiorno delle persone straniere: sono permesse eccezioni, certo, quando sussiste un caso personale particolarmente grave viene concesso un permesso di dimora. Ma queste eccezioni devono restare tali, senza che venga creato alcun automatismo. È una questione di rispetto delle norme, di sicurezza interna e il sistema attuale è sufficiente per garantire tutti gli interessi in gioco». Pollice verso anche dal Plr, che con Michela Ris sottolinea come «anche se da un punto di vista umano si capisce la difficile situazione di queste persone, l’attuale sistema legale basato su eccezioni e casi di rigore è sufficiente». Dalla Lega anche Andrea Censi è perentorio: «In Svizzera risiedono oltre il 30% di stranieri, la nostra politica migratoria non è così rigida».
«Permettetemi sorpresa e sdegno», ribatte la socialista Laura Riget: «È vero che la prassi garantisce ampio spazio ai Cantoni che volendo, e sottolineo volendo, possono portare avanti una politica migratoria più aperta. Ma il Dipartimento istituzioni ticinese persegue altri obiettivi: centinaia di appostamenti, controlli fiume, esame del frigo, la conta delle mutande... una lista di verifiche e prassi vessatorie, lo stesso Gobbi ha ammesso che le procedure sono frutto di una chiara scelta politica».
Già, e Gobbi? Il direttore del Di Norman Gobbi dal canto suo rimarca come «Ginevra è un Cantone che ha tollerato per anni che i rappresentanti di diversi Paesi, soprattutto non occidentali, presso le varie istituzioni dell’Onu avessero personale illegale alle loro dipendente per affari domestici». Insomma, la spiegazione di Gobbi per il successo dell’operazione Papyrus a Ginevra è che «è stato garantito uno Stato di diritto mai garantito prima». E quindi, stigmatizzando che l’occasione venga usata per «blablare su altre questioni in maniera molto imprecisa», il direttore del Di attacca: «Resta il fatto che nessun altro Cantone abbia voluto lanciare un progetto simile perché aveva una situazione puntuale da sanare, oltre che di legalità pure di moralità. Non credo che questo passo possa farlo il Ticino, anche perché di esempi concreti non ce n’è tanti».