La protezione civile nel Mendrisiotto per aiutare gli agricoltori. Già attivi due punti di distribuzione. Federviti: ‘Mai vista un’estate così’
L’acqua disponibile è sempre meno e si cercano con urgenza soluzioni applicabili a tutto il cantone. Ormai da settimane coltivatori e viticoltori lanciano un grido d’allarme, avvertendo che le riserve per bagnare campi e vigneti stanno finendo. A essere particolarmente colpito è il Mendrisiotto, dove in diversi comuni vige il divieto di utilizzare l’acqua se non per scopi domestici. E proprio dal distretto più a sud del Ticino sono iniziate ieri le prime importanti operazioni, coordinate dalla Protezione civile (Pc), per permettere di salvare la produzione. Interventi che riguardano anche la riattivazione di vecchi pozzi chiusi da anni.
Il primo a essere rimesso in servizio è stato il pozzo Sulmoni a Mendrisio, dove due vasche per un totale di oltre 80mila litri mettono a disposizione acqua non potabile per scopi agricoli. Una sorta di ‘self service’ simile sarà in funzione da questa mattina anche a Stabio, dove il pozzo Savoy è stato adattato per riempire botti e cisterne. Una boccata d’ossigeno soprattutto per i viticoltori, tra le categorie più colpite dall’assenza di pioggia: «Una situazione del genere penso di non averla mai vista in 30 anni di attività. Anche rispetto al 2003 siamo messi molto peggio» afferma Rudy Studer, viticoltore di Novazzano e vicepresidente di Federviti. «Un po’ tutti i vigneti patiscono, anche se sono ancora limitate in alcune zone le vigne che sono davvero in crisi e hanno bisogno d’interventi urgenti. Si tratta in ogni caso di lavoro e costi aggiuntivi che in questo periodo dell’anno di solito non abbiamo».
La riattivazione del pozzo Sulmoni non è stata comunque un intervento scontato, anche se alla fine si è concluso nel migliore dei modi con i primi agricoltori che hanno potuto rifornirsi già in tarda mattinata. «I dubbi erano legati al funzionamento della pompa», spiega Marco Quattropani, comandante della Protezione civile regione 6. «Il pozzo ha un’apertura di soli 30 centimetri e non sapevamo se la nostra pompa con questo diametro fosse abbastanza potente. Le altre di cui disponiamo hanno infatti un diametro maggiore». Ogni agricoltore, spiega il comandante, dovrà essere munito di un mezzo per trasportare l’acqua e, meglio ancora, anche dei sistemi necessari per estrarla dalle vasche. «Siamo però pronti a dare una mano» dichiara convinto Quattropani mentre insieme a una decina di militi della Pc controlla il riempimento della prima vasca.
La gestione del pozzo, una volta riempite le vasche e collaudato il sistema di pompaggio e distribuzione, sarà poi affidata al consorzio Acquedotto regionale del Mendrisiotto (Arm). «Funzionerà come un distributore. I coltivatori arriveranno per rifornirsi e portare l’acqua nei vigneti o nei campi» dice il segretario dell’Arm Marco Maffi. «Come consorzio non abbiamo infatti la possibilità di fornire un servizio maggiore». Non si sono fatte attendere le richieste, arrivate numerose tramite la Sezione cantonale dell’agricoltura. «Sono curioso di vedere il successo di questa operazione, di capire quanta gente arriverà». Le alternative, in ogni caso, non sono molte.
«Rispetto al rifornimento a lago questa soluzione permette di ridurre un po’ la distanza. A questo si aggiunge anche la comodità». Il pozzo Sulmoni è infatti situato a poca distanza dallo stand di tiro di Mendrisio e dispone di un ampio spazio per manovrare i mezzi. «A Riva San Vitale e Capolago ci sono pochi accessi diretti comodi per veicoli grandi come le autobotti. La speranza comunque è che ognuno arrivi con la propria pompa, così da poter velocizzare le operazioni». Di nubi all’orizzonte, purtroppo, non ce ne sono. «Noi siamo pronti ad andare avanti con questa soluzione per tutto il tempo che sarà necessario». A pochi passi dalle vasche si trova il pozzo dei Campi Maggi, che rifornisce la rete idrica comunale di Mendrisio. «I due pozzi non sono in competizione. Quello che abbiamo riattivato si trova infatti a una profondità molto inferiore dall’altro, che dispone di acqua potabile».
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Il riempimento della prima vasca al pozzo Sulmoni
Un altro punto di distribuzione, che è attivo da questa mattina, è quello del pozzo Savoy a Stabio. Anche qui la struttura è stata rapidamente convertita per la distribuzione. «L’acqua estratta da questo pozzo non può essere immessa nella rete idrica, perché è stato dismesso dal Cantone non avendo le zone di protezione» spiega il responsabile comunale dell’acqua Matteo Negri. «La disponibilità però c’è, abbiamo quindi montato un attacco speciale per rifornire chi ne ha bisogno». La distribuzione, rispetto al pozzo Sulmoni, avverrà in modo differente. Non sono infatti state installate vasche, ma il riempimento delle botti verrà effettuato direttamente dal pozzo. «Non stiamo parlando di grandi quantitativi, ma ogni contributo in questo momento è sicuramente utile» sottolinea Negri, che è anche presidente dell’associazione fontanieri ticinesi. «Il nostro scopo è promuovere figure di professionisti dell’acqua all’interno degli organici comunali. Un ruolo necessario per gestire anche queste situazioni di crisi con le giuste competenze». Proprio a Stabio, nei prossimi giorni, arriverà una serie di raccomandazioni da parte del Comune per un uso parsimonioso dell’acqua. «Eravamo l’ultimo comune del Mendrisiotto che non aveva mandato raccomandazioni. La nostra falda è da sempre molto ricca e il fatto che anche a Stabio si arrivi a questi avvisi fa capire bene la situazione generale». L’appello di Negri è quindi alla responsabilità individuale.
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Vigne aride
La penuria d’acqua non è in ogni caso un’esclusiva ticinese. Se al di là del confine le autorità italiane segnalano livelli record (in negativo) del fiume Po, meglio non se la passano a nord delle Alpi. Nel canton Friborgo è infatti stato vietato il pompaggio dai corsi d’acqua, mentre in alcuni comuni di Vaud e Giura si susseguono gli appelli a un uso parsimonioso. «Il problema è se l’acqua riesce o meno a raggiungere le radici. Deve infatti penetrare per almeno 20 centimetri» sostiene Rudy Studer. «Indispensabile in questi casi è il sistema d’irrigazione ‘goccia a goccia’. Senza non è possibile gestire le vigne, a meno che si tratti di appezzamenti piccoli». La preoccupazione dei viticoltori è però rivolta anche ai temporali estivi che potrebbero presentarsi. «Di solito dopo un periodo di siccità così lungo arriva la grandine. Ci sono le reti, ma la preoccupazione resta». Insomma, da un grattacapo all’altro.