Fabio Regazzi (Ppd) chiede invano al Consiglio federale di prevedere eccezioni per i pochi distillatori in proprio rimasti in Ticino
«Con ‘l’eutanasia attiva’ delle distillerie domestiche si stanno lentamente uccidendo le tradizioni rurali». Non usa mezzi termini Fabio Regazzi, consigliere nazionale del Ppd presentando la sua mozione con la quale chiedeva al Consiglio federale di prevedere le basi legali, all’interno della Legge federale sulle bevande distillate affinché anche i piccoli produttori potessero detenere una concessione per distillerie domestiche. Inoltre, si chiedeva di ripristinare la validità delle concessioni domestiche, abrogate a fine 2020 e per taluni casi prolungate provvisoriamente fino alla fine del 30 giugno 2025, come pure la possibilità di trapasso a terzi. Inutile aggiungere che l’atto parlamentare – che aveva trovato l’adesione di quaranta deputati – ha ricevuto il parere negativo del governo che invita il parlamento a bocciarlo. In pratica – motiva il Consiglio federale – la Confederazione concede, secondo la LAlc, l’esercizio del diritto “di fabbricare e rettificare bevande spiritose a società cooperative o ad altre imprese private”. Il mercato dell’alcool, infatti, non è stato liberalizzato. Questa situazione impone l’obbligo di disporre di una concessione per poter distillare. Concessioni che sono accordate dall’Amministrazione federale delle dogane per un periodo limitato e tenendo conto dei requisiti richiesti. Ad esempio veniva attribuito lo statuto di agricoltore con concessione di distillare uva o frutta in generale anche a chi non era registrato come tale presso l’Ufficio federale dell’agricoltura, ma rispettava il criterio di possedere almeno un ettaro (10mila metri quadrati) di terreno coltivato. «Nel caso di un vigneto, tale limite è invece di 6mila metri quadrati», precisa Sergio Peverelli, già ispettore federale degli alcool per la Svizzera italiana e ora in pensione. «Negli anni scorsi, tra Ticino e Mesolcina, c’erano circa 300 distillatori amatoriali con questo statuto. Ora sono diminuiti di oltre un terzo, un po’ perché chi ha ereditato i terreni ha colto l’occasione per costruirci la casa e un po’ perché si è persa la tradizione. Tenere in ordine un vigneto, per un hobbista, costa tempo e fatica e molti non se la sono più sentita», afferma Peverelli.
Un dato, quello dell’abbandono delle vigne, constatato anche dall’Amministrazione federale delle dogane che nel corso del 2020 ha provveduto a verificare il rispetto dei criteri di attribuzione dello statuto di agricoltore con concessione. Per il Ticino è emerso che tra le 121 persone classificate come agricoltori, la metà non dispone più del minimo di superficie agricola utile necessaria al mantenimento dello statuto in questione. Gli interessati, informati di questo, hanno accettato di essere classificati come piccoli produttori. Da distillatori in proprio, ora devono fare capo presso uno dei tre distillatori per conto terzi professionali presenti in Ticino o presso uno dei 63 consorzi del Cantone Ticino. Lo stesso Consiglio federale ricorda che sono 3’354 gli altri piccoli produttori che già distillano in questo modo in Ticino. L’anno scorso, per esempio, solo 20 hanno messo in funzione il loro alambicco personale per una produzione che rappresenta in litri solo l’uno per cento del totale dei distillati non professionale. «E proprio perché rappresenta una quota minima, sarebbe giusto prevedere un’eccezione per salvaguardare un patrimonio culturale immateriale che fa parte della tradizione ticinese, ma non solo», spiega Fabio Regazzi. Distillare frutta in proprio è infatti una tradizione nota anche in Vallese, Berna e Basilea.
In Ticino la cosiddetta uva americana viene generalmente trasformata in distillato. «Si parla di grappa quando la materia prima è la vinaccia di uva, di qualunque tipo. In altre parti della Svizzera si usano ciliege (Kirsch), pere o albicocche», ci spiega ancora Sergio Peverelli che ricorda anche che la produzione di alcool è tassata. «Un litro di alcool al 100% è colpito da una tassa pari a 29 franchi. La grappa, generalmente con volume di alcool del 45%, è tassata in proporzione. Sono previste comunque delle franchigie per gli agricoltori», afferma l’ex ispettore federale. «Ma la tendenza è quella di spingere verso l’anonimizzazione di un momento di festa conviviale, dove magari si può cogliere l’occasione per tramandare una tradizione alle nuove generazioni», afferma invece un produttore amatoriale che intende rimanere anonimo.