Cambi climatici, il capogruppo ecologista dopo la bocciatura del Consiglio di Stato delle mozioni di Ps e Udc bacchetta l'esecutivo: 'Bisogna muoversi'
Se il buongiorno si vede dal mattino la strada che porta al Piano cantonale climatico chiesto con una mozione dai Verdi, almeno per quanto concerne il Consiglio di Stato, è impervia a dir poco. Il governo non si è ancora espresso sulla proposta concreta degli ecologisti, firmata dalla deputata Cristina Gardenghi, che è di sole poche settimane fa. Ma prima della pausa estiva da Palazzo delle Orsoline è giunto un doppio pollice verso a due richieste, una del Ps e una dell’Udc, in ottica lotta ai cambiamenti climatici.
Chiaramente, essendo due partiti che vedono all’opposto la questione la richiesta di considerare evase le proposte assume una valenza non indifferente. Stiamo già facendo quello che possiamo, è questa in soldoni la risposta che l’Esecutivo ha dato alla mozione socialista che chiede una legge sul reddito di transizione ecologica e alla mozione democentrista che mira all’elaborazione di un Masterplan relativo a un centro economico del clima, con il ruolo dello Stato limitato a stimolare e promuovere il progetto.
Bocciate dal governo queste due proposte, e in attesa che venga presa una posizione sul Piano cantonale climatico la domanda si pone: il Consiglio di Stato sta facendo davvero tutto il possibile in ambito di protezione del clima e di lotta ai cambiamenti che, anche in Ticino, in queste settimane hanno mostrato tutta la loro forza dirompente? Nicola Schönenberger, capogruppo in Gran Consiglio dei Verdi, non ne è affatto convinto: «È chiaro che su problemi così grandi come sono quelli ambientali c’è l’impressione che si temano riforme vere. L’affrontare temi complessi e di fondo comporta impegno, e non abbiamo una classe politica sufficientemente coraggiosa per combattere queste sfide sia a livello di Esecutivi, sia a livello di Legislativi». La preoccupazione di Schönenberger è evidente, «perché si continua a gestire queste faccende come si è sempre fatto, senza voler rendersi conto che si rischia di andare a sbattere contro un muro. È ora di rendersi conto che è meglio essere pionieri rispetto al subire in silenzio».
Un essere pionieri che per il capogruppo dei Verdi è più che fondamentale: «Quando si parla della questione climatica si rimanda alla Confederazione, ma dimenticandosi che noi siamo un pezzo della Confederazione e, quando una misura necessaria implica un cambiamento anche sistemico, allora potremmo essere pionieri per fare un’esperienza, costruire una metodologia che magari potrà far scuola in Svizzera». Anche quando il discorso va sui costi, spesso indicati come ostacolo principale al cambio di paradigma chiesto da più parti sulle questioni ambientali? «Forse il democentrista Marchesi, con la sua mozione, era un po’ ottimista nel far diventare un problema un’opportunità, ma fondamentalmente non aveva torto – rileva Schönenberger –, perché è vero che agire può comportare dei costi ma dobbiamo metterci in testa che il costo dell’inattività è ben più alto. Facciamoci avanti, il Ticino per motivi anche solo geografici è un cantone più esposto alla questione dei cambiamenti climatici rispetto ad altre zone».
Però, rimanendo al presente e al recente passato, nelle considerazione di Schönenberger c’è anche molta amarezza: «In queste due risposte il Consiglio di Stato si rifà al Piano energetico, che ha sì una base legale ma che di per sé non è ancora fatto. Per non parlare della confusione che si fa regolarmente quando si mischiano soluzioni in ambito climatico e soluzioni in ambito energetico, perché il primo copre molte, molte più questioni rispetto al secondo. Ad esempio, dal piano energetico resta fuori tutto ciò che riguarda industria, artigianato, gestione del territorio, tutto l’adattamento ai cambiamenti climatici non solo in fatto di emissioni. Questo è il motivo per cui abbiamo chiesto un Piano cantonale climatico».
Ma è tutta l’azione del governo a non soddisfare il capogruppo degli ecologisti: «Negli obiettivi di legislatura si sono posti l’arrivare a una società al 100% rinnovabile, ma dentro quell’obiettivo non ci sono le scansioni temporali. Entro quando? Con quali indicatori e obiettivi intermedi? È un principio, non un obiettivo. E trovo questo molto fuorviante». Perché il discorso, per Schönenberger, finisce sempre lì: «C’è sempre una mancanza di volontà, all’origine di queste non risposte sul clima. La crisi pandemica ha mostrato come con la volontà, l’impegno e gli investimenti abbiamo sviluppato i vaccini in un anno. Ma questo perché l’urgenza era lì, visibile, impetuosa». Il problema dei cambiamenti climatici, invece, «è più complesso. Quando si arriva all’emergenza non si possono chiudere le scuole, istituire dei lockdown o bloccare l’inquinamento. Quando si arriva all’emergenza vuol dire che la bomba è già esplosa da tempo, e riguarda risorse vitali come nutrimento, acqua, temperature sopra le quali non si riesce più a vivere come testimoniano purtroppo i diversi decessi per l’ondata di caldo che ha travolto il Canada poche settimane fa». Insomma, «occorre agire, e occorre farlo davvero in fretta».