Aumentati gli importi massimi, eliminato il limite dei 65 anni, adeguate le soglie e prorogata fino al 31 dicembre. De Rosa: 'Aiuteremo più persone'
La Prestazione ponte Covid è pronta a entrare nella sua seconda fase, che sarà all’insegna di un rafforzamento della misura, un allargamento dei criteri per potervi accedere e un’estensione della misura. Nel messaggio licenziato oggi dal Consiglio di Stato su proposta del Dipartimento sanità e socialità vi sono allentamenti nei requisiti per l’unità di riferimento, cioè del nucleo familiare, l’abrogazione del limite dell’età ordinaria di pensionamento e l’adeguamento delle soglie che permettono di ottenere la prestazione. Ma, soprattutto, vengono messi più soldi sul piatto: l’importo massimo della Prestazione ponte è raddoppiato da mille a 2’000 franchi per il primo richiedente e passa da 500 a 800 franchi per ogni componente dell’economia domestica. La natura dell’importo sarà comunque stabilita sulla base dei calcoli e vuole colmare meglio la lacuna di reddito. Ampliata la cerchia dei beneficiari, viene prolungata anche la durata dell’aiuto: sarebbe dovuta finire il 30 giugno, invece verrà estesa fino al 31 dicembre.
Un cambio di passo, un’accelerata che, spiega alla ‘Regione’ il direttore del Dss Raffaele De Rosa, «si deve al monitoraggio costante e attento dell’evoluzione della situazione svolto dal Cantone e dai Comuni. Questa analisi e l’esperienza accumulata in queste settimane ci hanno permesso di capire come migliorare l’efficacia di questo strumento unico, uno strumento supplementare voluto dal Consiglio di Stato rispetto a tutte le altre misure presenti sul territorio con l’obiettivo di fornire un aiuto mirato, straordinario e temporaneo per i salariati che non ricevono aiuti Ladi e i lavoratori indipendenti». Sulla base dell’analisi che è stata fatta «e dopo aver approfondito i motivi dei rifiuti, proponiamo al Gran Consiglio di facilitare queste condizioni di accesso, in particolare di innalzare il limite di età che era a 65 anni, di semplificare il computo della sostanza rendendolo più favorevole al cittadino, di adeguare le soglie e i criteri di riconoscimento dell’economia domestica», aggiunge De Rosa.
I dati del mese di marzo sono stati una guida. I Comuni hanno evaso 480 domande, di cui 190 con esito positivo. «Studiando attentamente le richieste giunte in un gruppo rappresentativo di Comuni - prosegue il direttore del Dss - abbiamo analizzato i motivi di rifiuto di questo 60% di decisioni negative e abbiamo capito che la metà di queste era dovuta a condizioni di accesso difficoltose e per l’altra metà c’erano criteri e limiti di calcolo restrittivi. In questo senso, d’intesa coi Comuni, si è deciso di rafforzare questa misura e con i nuovi criteri possiamo stimare un aumento del 50% delle domande che saranno accolte: andremo da un 40% attuale a circa il 60%». Per De Rosa è importante anche «non dimenticare che oltre a quattro domande su dieci con esito positivo, nel mese di marzo abbiamo avuto oltre 70 persone che hanno ricevuto una consulenza e sono state reindirizzate verso altre prestazioni o verso l’ente o il punto della rete sociale più idoneo a dare una risposta». In più, annota De Rosa, «abbiamo anche l’aiuto d’emergenza, cioè i 500mila franchi stanziati tramite il fondo Swisslos: circa 200 persone hanno potuto beneficiare di questo sostegno, erogato dai tredici enti riconosciuti dalla Catena della solidarietà. Sono numeri importanti».
Un punto interrogativo riguarda la questione della retroattività. Chi si è visto rifiutare la prestazione in base ai criteri in vigore in precedenza ma potrebbe riceverla con l’aggiornamento del decreto, cosa deve fare? «D’intesa con i Comuni abbiamo analizzato attentamente la questione e si è valutato che la questione della retroattività diventa spesso problematica - risponde De Rosa -. Quindi la decisione è di proporre al parlamento di fare entrare in vigore le novità a partire dal 1° giugno: quindi le richieste che arriveranno entro il mese di maggio verranno valutate sulla base del decreto attualmente in vigore». Quello che si può immaginare è «fare un invito ai Comuni in modo da poter recuperare quelle richieste respinte, valutarle coi nuovi criteri e se il Comune ritiene che ora la persona possa ricevere una risposta positiva contattarla per inoltrare una nuova richiesta. Ma l’invito lo rivolgiamo ai cittadini stessi, chi ha ricevuto una risposta negativa provi a capire i motivi e di vedere se con i criteri nuovi e le proprie condizioni personali al momento possano beneficiarne», conclude De Rosa.