Il Dipartimento sanità e socialità sta verificando se vi siano i margini per allargare la cerchia dei fruitori. Presto arriveranno delle proposte
Prestazioni ponte Covid, il Dipartimento sanità e socialità intende riaprire il dossier per allargare la cerchia dei potenziali beneficiari. La conferma arriva dal Dss, interpellato dalla ’Regione’. «È volontà del Dipartimento rimettere mano al dossier ‘prestazione ponte’ e una prima condivisione in tal senso è già avvenuta anche in Consiglio di Stato - annota il Dss -. Rimettere mano significa per l’appunto valutare se vi sono margini per estendere i potenziali beneficiari del contributo, mantenendo tuttavia il principio per cui questo aiuto deve rimanere un aiuto mirato». Aggiunge al riguardo il Dipartimento: «Come ha affermato il direttore Raffaele De Rosa rispondendo a una recente interpellanza in Gran Consiglio, "la volontà rimane quella di intervenire laddove gli altri strumenti di sostegno non arrivano: scovare queste ’nicchie di precarietà’ e fragilità resta lo scopo di questa prestazione, e l’esperienza delle prime settimane serve anche a portare alla luce queste situazioni. Come detto, il nostro impegno nel modellare questo aiuto sulla base delle effettive necessità emergenti è garantito”. In questo senso - prosegue il Dss - si stanno valutando modifiche in particolare «ai criteri inerenti alle condizioni materiali per avere diritto alla prestazione, definiti dall’articolo 3 del Decreto legislativo in vigore». I tempi dovrebbero essere brevi. «Le modifiche attualmente allo studio saranno condivise con una rappresentanza dei Comuni e dovranno essere approvate dal governo e in seguito dal parlamento, tramite messaggio: è intenzione del Dipartimento concludere le valutazioni in corso e sottoporre le proposte al Consiglio di Stato entro la metà di maggio».
La competenza della valutazione dei casi, offrendo consulenza e accompagnamento, e di decidere se il richiedente abbia diritto o meno a questa prestazione, è dei Comuni. I quali, nel caso non fossero ottemperati i criteri richiesti, possono reindirizzare i richiedenti verso un altro tipo di prestazione più adatta. I requisiti da soddisfare sono stretti: occorre risiedere da almeno tre anni in Ticino, non aver raggiunto l’età ordinaria di pensionamento, non beneficiare di indennità Ladi, prestazioni complementari Avs/Ai, indennità di disoccupazione, assegni di prima infanzia e non essere in assistenza. I beneficiari del solo assegno famigliare integrativo, invece, possono richiedere la prestazione.
La scorsa settimana in Gran Consiglio, il governo, sollecitato da un paio di atti parlamentari, aveva fornito i primi dati disponibili sull’erogazione della prestazione. Dati relativi ai Comuni, settantotto, che avevano trasmesso la documentazione entro l'8 aprile. Ebbene, durante il mese di marzo sono state evase 456 domande di prestazione ponte Covid: 185 quelle accolte, ovvero il 41 per cento; 271 quelle rifiutate. Tra gli obiettivi della prestazione ponte non c’è solo il sostegno finanziario, vi è anche quello della consulenza individuale, rammentava De Rosa, della quale hanno potuto beneficiare diverse persone: fra queste 69 richiedenti sono stati indirizzati ad altri servizi e/o prestazioni di supporto. Con le 69 persone indirizzate verso altri servizi si è arrivati a un 56% di richieste, 254, soddisfatte attraverso un contributo o un’altra prestazione. La somma erogata all'8 aprile era di poco superiore ai 251mila franchi. Per la precisione 251'435 franchi: “l’importo medio unitario” delle richieste accolte ammontava a 1'359.
Le motivazioni di rifiuto della domanda sono per condizioni d’accesso e per limiti di calcolo. Stando al governo, sono state rilevate in particolare situazioni “dove i richiedenti hanno raggiunto l’età pensionabile o dove dei membri dell’unità di riferimento dei richiedenti sono a beneficio di altre prestazioni sociali, quali ad esempio le indennità straordinarie di disoccupazione, l’assegno di prima infanzia, le prestazioni assistenziali o quelle complementari all’Avs/Ai, oppure di altre indennità ai sensi della Legge sull’assicurazione contro la disoccupazione”. Per limiti di calcolo “si intendono invece le esclusioni riconducibili a ragioni di tipo economico, segnatamente nel caso in cui il reddito annuo disponibile risulti superiore ai parametri definiti dall’articolo 4 del Decreto legislativo". Le richieste di prestazioni rifiutate per condizioni di accesso sono state “135 (50 per cento delle richieste rifiutate), mentre quelle per limiti di calcolo 136”.
Nei Comuni, come detto autorità preposta alla presa a carico delle domande, per ora sta funzionando tutto regolarmente. «Qualche Comune aveva espresso alcune preoccupazioni perché temeva di essere inondato di richieste e di finire in difficoltà, ma non ho avuto concretamente dei segnali negativi né in generale né soprattutto dai comuni che avevano timori», osserva raggiunto dalla ‘Regione’ il presidente dell’Associazione comuni ticinesi (Act) e sindaco di Minusio Felice Dafond. E quindi, aggiunge, «posso desumere che le preoccupazioni siano tutte rientrate, e che si stia procedendo bene. So che il Cantone vuole fare il punto della situazione e fisseremo un incontro per confrontarci». Ad ogni modo, per Dafond «resta importante ribadire il ruolo del Comune, noi siamo il punto di riferimento del cittadino più che altri tipi di sportelli, i cittadini si rivolgono a un funzionario comunale il quale a sua volta prende contatto col Cantone». E fa un appello rivolto a chi si trova in difficoltà, il presidente dell’Act: un appello a non vergognarsi e a chiedere aiuto. «È possibile che persone che hanno effettivamente bisogno non osino farsi avanti - spiega infatti Dafond -, ma bisogna ribadire che il Comune è l’autorità di prossimità, alla quale le persone devono far capo. Se rientrano o meno nei parametri lo si vedrà, ma è giusto che chiunque sappia che il Comune c’è: siamo in uno Stato dove per fortuna questa autorità è forte. L’ente istituzionale di prossimità che rappresentiamo c’è e siamo pronti ad ascoltare e consigliare». Attitudine che, evidenzia Dafond, è nel Dna dei Comuni indipendentemente dalla pandemia o dalla prestazione ponte: «Tramite le polizie comunali, il controllo abitanti, i servizi sociali abbiamo antenne e reti pronte e a fare da tramite e aiutare chi ha un problema o un’esigenza».