Si tratta del 41% delle 456 richieste inoltrate. Ma con le consulenze e le 69 persone indirizzate ad altre indennità si arriva al 56%
Poco più di 450 domande accolte. 456, per la precisione. Per la prestazione ponte Covid, pensata dal Dipartimento sanità e socialità diretto da Raffaele De Rosa soprattutto per indipendenti e salariati che non hanno potuto beneficiare di alcuna indennità in precedenza dall'inizio della pandemia, il mese di marzo è stato il primo dei quattro previsti. I dati, aggiornati all'8 aprile e che fanno capo ai 78 Comuni che finora hanno trasmesso i rispettivi numeri, li snocciola il presidente del Consiglio di Stato Norman Gobbi davanti al plenum del Gran Consiglio rispondendo a un'interpellanza del capogruppo leghista Boris Bignasca: di queste 456 domande ne sono state accolte 185, il 41%, e rifiutate 271, il 59%. Percentuali che, però, si ribaltano quando Gobbi annota come lo scopo dell'esercizio, con la collaborazione dei Comuni, era anche di fornire consulenza e dirottare magari alcuni richiedenti verso altri tipi di prestazioni e indennità. Ebbene, con le 69 persone che sono state indirizzate verso altri servizi si arriva a un 56% di richieste, 254, soddisfatte attraverso un contributo o un'altra prestazione. La somma finora erogata è di poco superiore ai 251mila franchi.
Il Gran Consiglio ha deciso anche di fare un passo verso il riconoscimento degli Uffici virtuosi nell’Amministrazione cantonale e per ridurre l’assenteismo dal posto di lavoro. Raccogliendo e conducendo in porto una mozione con primo firmatario Boris Bignasca (Lega), il relatore del rapporto commissionale Bixio Caprara (Plr) afferma che «la questione delle assenze è importante, e l’indicatore relativo alle assenze per malattia deve essere monitorato con attenzione». Nell’Amministrazione, premette, «non c’è un problema generalizzato» ma l’auspicio è quello di «un monitoraggio grazie all’inserimento nell’allegato statistico dell’indicatore delle assenze nei diversi ambiti dello Stato, nel rispetto della privacy. La gestione delle risorse umane - prosegue Caprara - presuppone il proseguire nella formazione dei quadri». A tutto guadagno, va da sé, del clima di lavoro. La risposta del direttore del Dfe Christian Vitta arriva a stretto giro di posta: «Dal 2022 inseriremo quanto richiesto nell’allegato statistico, ed entro la metà di quest’anno svolgeremo un sondaggio presso impiegati e docenti sul clima di lavoro». Ma non basta: nella discussione su un emendamento dell’Mps che chiedeva di affidare a un istituto indipendente esterno il mandato per uno studio approfondito annuale, poi respinto, il presidente della commissione parlamentare della Gestione Matteo Quadranti (Plr), il capogruppo Ps Ivo Durisch e il presidente popolare democratico Fiorenzo Dadò ricordano con fermezza al Consiglio di Stato i due atti parlamentari, uno socialista e uno del Ppd, su molestie e clima nell’Amministrazione cantonale: la richiesta è quella di una celere risposta, la risposta di Vitta è la garanzia «dell’impegno del Consiglio di Stato a evadere le due mozioni, e rassicuro che sul tema del personale siamo attivi». Una risposta che convince fino a un certo punto Dadò: il termine per evadere la richiesta di un audit esterno su come si affrontano le molestie nell’Amministrazione cantonale, ricorda, «scadrà a fine maggio. I tempi celeri devono essere questi».
Via libera unanime, poiché ritenuta evasa, alla mozione con primo firmatario Nicola Pini (Plr) che chiedeva un sostegno fattivo ai parti naturali. «L'obiettivo era eliminare un disincentivo finanziario per chi decide di partorire in una casa nascita, scelta che anche il Consiglio di Stato e le autorità sanitarie dicono che non pone nessun tipo di problema - ricorda Pini in aula -. In più volevamo eliminare il paradosso che questa scelta costava meno al sistema ma più a chi lo sceglieva, e lo abbiamo voluto fare per tre ragioni: favorire una vera libertà di scelta per il parto, valorizzare una formazione importante come quella della levatrice, ridurre sensibilmente i costi della sanità». La mozione è ritenuta evasa, conclude Pini, «perché il disincentivo è eliminato dalla copertura delle casse malati». Infine, bocciata la richiesta dell'Mps di istituire un ente cantonale case anziani e cure a domicilio.