La commissione della Gestione aderisce alla mozione di Pamini (Udc). Sì a un progetto pilota, ma con la conversione in franchi. Contrari Ps e Verdi
Occorre “avviare quanto prima un progetto pilota che permetta il pagamento in bitcoin da parte dei cittadini debitori verso lo Stato, incaricando una società terza affinché venga annullato il rischio di cambio e incassato l'equivalente in franchi svizzeri”. La maggioranza della commissione parlamentare della Gestione sceglie di fare un passo verso il futuro, aderendo al rapporto della liberale radicale Natalia Ferrara che appoggia la richiesta originaria di una mozione interpartitica del 2017 con primo firmatario il deputato Udc Paolo Pamini. E sceglie di farlo ribattendo colpo su colpo a critiche, dubbi e ciò che rende - forse giustamente - perplessi davanti a questa novità che per alcuni però non lo è più. I bitcoin, criptovaluta e sistema di pagamento mondiale, sono nati nel 2009. Dodici anni dopo, se questo progetto pilota supererà lo scoglio del Gran Consiglio la prossima sessione, potranno essere usati per pagare alcuni servizi dell’Amministrazione cantonale. Il rapporto di Ferrara, per prima cosa, smentisce “il rischio di volatilità del bitcoin. Lo Stato non diventerebbe depositario, tesoriere di bitcoin. Verrebbe incaricata una parte terza delle operazioni, azzerando i rischi”. Per quanto concerne l’ambiente, “le valute digitali non sono insostenibili. È fuor di dubbio che queste tecnologie necessitino, peraltro proprio ai fini della sicurezza, di molta energia - scrive Ferrara -. Ma bisognerebbe non solo considerare i conti sull'energia, che permettono di rilevare produzione e consumo di diversi vettori energetici per attività economica, ma anche i bisogni ivi legati, il valore aggiunto creato, i posti di lavoro creati...”.
Un aspetto estremamente delicato è quello relativo alla criminalità. Sentito in audizione, il capitano della Polizia cantonale Orlando Gnosca “ha segnalato che il tema delle criptovalute viene osservato soprattutto dal punto di vista degli illeciti che con esse vengono commessi e che proprio per questo aspetto di anonimato vengono usate massicciamente in tutti gli ambiti illegali”. Non solo. Il capitano Gnosca ha sollevato altre criticità: “Le criptovalute non hanno corso legale e dunque l'accettazione come mezzo di pagamento è su base volontaria, con rischio di cambio in caso di riconversione di denaro; nessuna istituzione o autorità centrale controlla queste valute che non sono nemmeno coniate; la natura relativamente anonima delle valute digitali ha reso i bitcoin molto attraenti per i criminali; possono comportare notevoli rischi riguardo alle truffe”, riporta Ferrara. Che però scrive: “Nessuno nega i rischi connessi alle criptovalute (...) Vi sono, però, anche studi autorevoli che relativizzano i cosiddetti falsi miti sull'anonimità, immutabilità, trasparenza e inviolabilità, e che contestualizzano il tema dei cyber attacchi”. Insomma, si andrà verosimilmente verso questa direzione.
Una direzione che il comune di Chiasso ha intrapreso nel 2018, e il sindaco Bruno Arrigoni interpellato dalla ‘Regione’ non manca di farlo notare: «È sicuramente positivo quanto deciso dalla Gestione, ma ci ha messo tre anni». E tornasse indietro rifarebbe tutto: «Non dobbiamo valutare esclusivamente il numero di persone che aderiscono a questa possibilità, all'inizio il limite era 250 franchi poi l'abbiamo alzato a 1'000 quindi non parliamo di grandi cifre. Ma è importante il messaggio che si dà all'esterno, un messaggio che mostra conoscenza del tema, apertura al futuro e che può far diventare attrattivo un territorio. Il nostro obiettivo è fare di Chiasso una città all'avanguardia».
Entusiasmo non condiviso, è un eufemismo, dalla sinistra. Il rapporto di minoranza firmato dal capogruppo socialista Ivo Durisch e sostenuto da Ps e Verdi infatti fa a pezzi la proposta per una serie di motivi: “Il pericolo di evasione fiscale intrinseco nelle criptovalute; la mancanza di trasparenza legata ai beneficiari economici sia dei depositi che delle transazioni in criptovaluta, con potenziali pericoli di riciclaggio e di utilizzo della stessa per transazioni illecite; l'enorme quantità di energia consumata sia per la loro produzione, che per le operazioni con essa effettuate”.