Ticino

'Una vera e propria estorsione a danno dei frontalieri a tempo'

La denuncia della Cisl della Lombardia. Nel mirino del sindacato alcuni datori di lavoro italiani

17 febbraio 2021
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Un'estorsione ai danni dei frontalieri a "tempo" costretti a restituire il denaro guadagnato nelle missioni di lavoro oltre frontiera. Questo il convincimento dell'organizzazione sindacale Cisl della Lombardia, che ha avviato una vertenza per tutelare alcuni lavoratori inviati in Ticino, diventando in questo modo "frontalieri a tempo". Si tratta soprattutto di operai e dipendenti attivi nel settore del montaggio di mobili e impianti, obbligati a restituire parte dello stipendio ai datori di lavoro, ciò che, secondo i sindacalisti, configurerebbe una vera e propria "estorsione" da parte di alcuni imprenditori italiani. A questo proposito Antonio Mastroberti dell'Ufficio vertenze della Cisl fa un esempio: ''Giovanni (nome di fantasia di un lavoratore la cui vertenza legale è il corso) fino al 2018 ha lavorato per un'azienda italiana del settore montaggio di mobili e impianti". Giovanni nel corso degli anni è stato mandato più volte in missione temporanea in Svizzera e a fine mese, come i suoi colleghi assunti da aziende con sede nella Confederazione, ha percepito mensilmente dal proprio datore di lavoro italiano sino a 3.500 euro netti. La differenza tra la retribuzione italiana e svizzera si aggirava attorno a 2000 euro che Giovanni ha dovuto restituire per non perdere il posto. Non un caso isolato come risulta all'ufficio legale della Cisl che parla un ''malcostume sempre più diffuso''. Ma come funziona questo giro di soldi che, secondo il sindacato, permetterebbe agli imprenditori di riprendersi indebitamente quanto va riconosciuto per legge al lavoratore? Normalmente, il datore di lavoro deve inserire in busta paga l'importo aggiuntivo e bonifica il corrispettivo per rispettare una norma svizzera che ha lo scopo di "evitare il dumping salariale e quindi evitare che in Svizzera i lavoratori stranieri possano percepire una retribuzione più bassa che possa favorire le aziende straniere a scapito di quelle svizzere". Denuncia il sindacalista: ''Abbiamo scoperto che in alcuni casi l'azienda paga con bonifico quanto riportato in busta paga, ma poi chiede al lavoratore di restituire la differenza in contanti". Le vertenze legali sono al vaglio del giudice del lavoro di Como.