Dopo le modifiche decise da Berna, il Dipartimento finanze ed economia illustra alla commissione parlamentare della Gestione le modalità di sostegno
Martedì 12 la commissione parlamentare della Gestione ha firmato all’unanimità il rapporto sul messaggio del Consiglio di Stato riguardante i cosiddetti casi di rigore. Il giorno dopo il Consiglio federale ha modificato l’ordinanza Covid-19 allargando i criteri di accesso agli aiuti finanziari a fondo perso per le aziende colpite sia direttamente dai provvedimenti di chiusura, sia indirettamente per le conseguenze della ridotta attività economica derivante dal lockdown o simili. Ora è necessario adattare anche il provvedimento cantonale alle nuove direttive federali. «Per fare questo la commissione non stilerà un altro rapporto, ma presenterà al plenum del Gran Consiglio un emendamento, ancora in via di definizione, che prevederà un adeguamento da parte del Consiglio di Stato degli importi degli aiuti a favore delle aziende», afferma il liberale radicale Matteo Quadranti, presidente della Gestione. La quale ha sentito stamane il direttore del Dipartimento finanze ed economia Christian Vitta, accompagnato dal responsabile della Divisione economia Stefano Rizzi e dal capo dell’Ufficio per lo sviluppo economico Valesko Wild. Entro venerdì il testo definitivo sarà pronto. Per ora, per quanto concerne i casi di rigore, gli importi a disposizione sono pari a 75,6 milioni di franchi (51,1 federali e 24,5 cantonali). Il Consiglio federale ha fatto intendere di essere pronto a mettere a disposizione altri fondi. Il totale del credito salirebbe così a 110 milioni di franchi. «Se però il Cantone dovrà partecipare a finanziare anche questo ulteriore credito, sarà necessario un altro messaggio», precisa Quadranti. Ad ogni modo il rapporto e l’emendamento commissionale saranno votati nella seduta dei Gran Consiglio che inizierà lunedì prossimo.
Due le strade per arrivare agli aiuti pubblici a fondo perso: una per le aziende chiuse per un provvedimento dell’autorità (via semplificata) e un’altra per quelle che in relazione ai provvedimenti ordinati dalle autorità per combattere la pandemia hanno subìto una diminuzione della cifra d’affari di almeno il 40% nel corso del 2020. Percentuale che scende al 20% degli ultimi dodici mesi, nel periodo tra gennaio 2021 e giugno 2021. In questo secondo caso il calo deve essere certificato da un revisore e paragonato alla flessione della cifra d’affari media degli anni pre-pandemici, il 2018 e il 2019.
Come saranno calcolati gli aiuti? «Partendo dal presupposto che i dipendenti sono coperti dalle indennità per lavoro ridotto e i titolari dalle indennità perdita di guadagno, rimane da risarcire parte dei costi fissi», risponde Quadranti. Costi fissi che cambiano da settore a settore. È atteso un decreto esecutivo del governo con l’elencazione dei criteri di calcolo. In generale si può dire che il limite del 20% della cifra d’affari (massimo 750 mila franchi) per i fondi non rimborsabili dovrà servire a coprire i costi fissi (gli affitti, per esempio) per al massimo cinque mesi e mezzo. Semplificando: i settori con costi fissi più elevati riceveranno di più, quelli con costi più bassi, di meno con una forchetta tra il 5 e il 20%. «È un modo per evitare sussidi a pioggia e nel contempo garantire la parità di trattamento», rileva Paolo Pamini (Udc). Ricordiamo che i casi di rigore riguardano alcuni settori economici: eventi, baracconisti, manifestazione e intrattenimento, palestre, centri sportivi fitness e wellness, viaggi e trasporti terrestri non regolari, turismo degli affari, ristorazione, oltre a tutti quei settori, come i commerci 'non essenziali', che hanno subìto una chiusura per oltre 40 giorni per ordine dell'autorità.
In merito a questi ultimi casi, cioè alle aziende cui le autorità hanno imposto una chiusura superiore ai quaranta giorni, queste hanno diritto automaticamente, senza quindi dover giustificare una perdita della cifra d’affari, a un aiuto pubblico a fondo perso: un indennizzo che corrisponderà a una data percentuale, oscillante fra il 5 e il 20 per cento della cifra d’affari annua, stabilita in base a una media dei costi fissi del settore economico al quale appartiene l’azienda. Costi fissi settoriali indicati da Berna. Potenzialmente le aziende beneficiarie in Ticino sarebbero tra le 5mila e le 6mila, di cui 1’500 tra bar e ristoranti.
«È un’importante apertura del Cantone verso realtà economiche che in questo momento fanno fatica - osserva il capogruppo socialista in Gran Consiglio Ivo Durisch -. Si prevede una significativa facilitazione nell’accesso agli indennizzi, che peraltro arriveranno rapidamente dato che da inizio febbraio si potrà avviare la procedura per la richiesta. Le aziende che hanno subìto una chiusura per più di quaranta giorni non dovranno comprovare la perdita della cifra d’affari e la solidità della ditta. Come ci è stato spiegato dal Dfe, dovranno produrre il rendiconto Iva, essere in regola con il pagamento degli oneri sociali e non avere procedure di fallimento in corso. Non solo: anche le chiusure indirette - come quelle di fornitori locali - sono riconosciute se un’azienda dimostrerà di avere la sua cifra d’affari legata per oltre il 66% a settori chiusi. Insomma, è un passo avanti».
Annota il capogruppo del Ppd Maurizio Agustoni: «L’aggiornamento del messaggio governativo, basato sulle modifiche introdotte a livello federale dopo i recenti provvedimenti di chiusura, contiene dei significativi miglioramenti per le aziende, soprattutto sul piano burocratico. Una parte degli aiuti sono oggettivamente poco mirati (vengono erogati sostegni anche a chi non ha subìto una flessione della cifra d’affari), ma si tratta di una scelta federale su cui non possiamo intervenire a livello cantonale. L’impegno finanziario per il Cantone sarà molto importante, oggi però la priorità deve essere l’immediato sostegno del nostro tessuto economico, in particolare delle realtà medio-piccole. L’applicazione concreta ci dirà se ci saranno correttivi da apportare e se sarà necessario rivedere le cifre».