Il Dipartimento delle Istituzioni guidato da Norman Gobbi giustifica così il blocco delle autorizzazioni professionali per permessi B e G
Nessuna discriminazione nei confronti degli agenti di sicurezza privata di nazionalità italiana: la mancata concessione delle autorizzazioni professionali è dovuta all'impossibilità di ottenere tutti i dati necessari per procedere secondo la legge. Lo ribadisce il Dipartimento delle istituzioni (Di) in risposta a un'interrogazione del Movimento per il socialismo.
L'Mps contesta proprio la scelta di non fornire più autorizzazioni agli agenti italiani con permesso B o G in quanto – secondo una comunicazione agli interessati del Servizio armi, esplosivi e sicurezza – "le Autorità italiane non ci forniscono più le informazioni di polizia necessarie per poter stabilire se i richiedenti sono in possesso di tutti i requisiti". Consultando la Legge cantonale sulle attività private d'investigazione e sorveglianza (Lapis), il Movimento sostiene che in realtà non sia necessaria nessuna “informazione di Polizia”, mentre tutta la documentazione prevista continuerebbe a essere regolarmente fornita dalle autorità italiane. Un comportamento giudicato discriminatorio che, come ha poi contestato anche il sindacato Unia, "metterebbe a rischio decine di posti di lavoro in Ticino".
Per il Di, invece, è proprio in nome della parità di trattamento che si sono dovute sospendere le autorizzazioni: la decisione "risiede nel fatto che l’autorità ticinese è impossibilitata a verificare il possesso di uno dei requisiti posti dalla legge, conformemente al diritto e alla giurisprudenza", un requisito invece regolarmente verificato quando chi chiede l'autorizzazione è svizzero o risiede qui da almeno cinque anni. Ma quale requisito? La Legge "evidenzia come le persone che desiderano lavorare in questo contesto debbano dimostrare 'buona condotta'", spiega il Di; per farlo occorrerebbe "accedere alle banche dati di polizia, poiché le informazioni contenute nell’estratto del casellario giudiziale e/o nell’estratto dei carichi pendenti non sono sufficienti a dimostrare l’idoneità della persona". Purtroppo "dall’inizio di quest’anno il Centro di cooperazione di Polizia e Doganale di Chiasso (Ccpd) non fornisce più le informazioni. Questo cambiamento è legato a un’interpretazione sui limiti dell’Accordo internazionale in vigore che mette in difficoltà la Dirigenza italiana del Ccpd". Il Di assicura infine che è in corso "un dialogo con l’autorità italiana per cercare di risolvere la situazione nell’interesse, in primis, dei cittadini italiani".