Il richiamo del Cantone dopo il no all’effetto sospensivo. Rizzi (Dfe): fiduciosi che il settore si adegui rapidamente. Censi (Lega): adulti sotto tutela
“A seguito della decisione del Tribunale federale di non accordare l’effetto sospensivo ad alcune norme della Legge sull’apertura dei negozi, la Divisione dell’economia comunica che quest’ultima rimane integralmente in vigore”. Integralmente. Dopo il no di Mon Repos al congelamento dell’applicazione delle restrizioni nella vendita serale di alcolici, contenute nella legge cantonale sui negozi scattata col 1° gennaio di quest’anno, il Dipartimento finanze ed economia con una nota stampa diramata ieri mattina fissa i paletti. E ricorda così che ai negozi “che sottostanno alla legge” – inclusi quelli annessi alle stazioni di servizio – è vietato smerciare alcol “oltre i normali orari d’apertura”. Vale a dire oltre le 19 dal lunedì al venerdì – le 21 il giovedì e le 18.30 il sabato – e dopo le 18 la domenica e i giorni festivi.
Ribadisce, raggiunto dalla ‘Regione’, il direttore della Divisione economia Stefano Rizzi: «Le disposizioni della legge, comprese quindi quelle sulla vendita di bevande alcoliche, sono in vigore dal 1° di gennaio, come confermato anche dalla recente decisione del Tribunale federale». Tribunale che non ha conferito l’effetto sospensivo chiesto dal commerciante ticinese che ha impugnato la legge. Sul merito del suo ricorso – l’imprenditore sollecita l’abrogazione delle disposizioni sulla vendita serale di alcol – e sul merito di quello inoltrato dal sindacato Unia in tema di lavoro, i giudici di Mon Repos devono tuttavia ancora deliberare. Le vigenti limitazioni orarie nello smercio serale di alcolici «possono magari risultare indigeste a venditori e consumatori, ma sono contenute – riprende Rizzi – in una legge, quella sull’apertura dei negozi, il cui progetto è stato presentato dal Consiglio di Stato nel 2011, approvato dal Gran Consiglio nel 2015 e avallato dal popolo nella votazione del 2016. La normativa è entrata in vigore: tramite l’Ispettorato del lavoro e sulla base di segnalazioni della polizia faremo le verifiche applicando se del caso le relative sanzioni, ma siamo fiduciosi che il settore saprà regolarsi rapidamente affinché le nuove disposizioni vengano rispettate al più presto. So che in queste settimane la polizia ha fatto anche opera di sensibilizzazione». Eppure l’articolo 21 (“Norma transitoria”) della nuova legge dà un anno di tempo per adeguarsi alla stessa. «Il 21 – precisa il responsabile della Divisione economia – non ha nulla a che vedere con la vendita di bevande alcoliche. La norma transitoria concerne quei negozi che in certe regioni e in alcuni periodi dell’anno avevano orari di apertura più estesi di quelli introdotti dalla nuova legge. Per esempio il sabato potevano chiudere alle 19, dal 1° gennaio di quest’anno dovrebbero farlo alle 18.30. Sulla base della norma transitoria per un anno possono ancora chiudere alle 19».
Sostiene il deputato Andrea Censi (Lega), autore con il liberale radicale Fabio Käppeli della recente iniziativa parlamentare che invoca la rimozione dalla legge del divieto di vendita serale delle bevande alcoliche: «A questo punto chiederemo al Gran Consiglio di accelerare l’evasione dell’iniziativa, con l’approvazione, mi auguro, della nostra proposta. Ciò per cancellare dei divieti inutili e dannosi per l’economia e quindi per emendare una legge, che per quanto riguarda le bevande alcoliche è di stampo proibizionista. Una legge che mette sotto tutela gli adulti e limita la responsabilità individuale».
In attesa che il Legislativo cantonale si esprima, è da ricordare come sul tema – era il settembre 2017 – il Consiglio degli Stati abbia deciso di autorizzare la vendita di bevande alcoliche nelle stazioni di servizio sulle autostrade, seguendo la proposta del deputato al Nazionale Fabio Regazzi (Ppd). Il divieto era in vigore dal 1964 e la Camera dei Cantoni ha ritenuto che fosse contrario al principio della libera concorrenza. Le aree di servizio sono state considerate quindi fortemente penalizzate. Un po’ come alcuni negozi oggi, si potrebbe pensare. C’è poi da domandarsi se le restrizioni orarie in questione non ledano la libertà dei consumatori. Se un adulto deve andare a una cena e finisce di lavorare tardi, non potendo acquistare una bottiglia di vino vede minato un proprio diritto? «Il proibizionismo non ha mai portato a niente», ci risponde Matteo Cheda. Secondo il direttore della rivista ‘Spendere meglio’ «bisogna valutare con attenzione gli effetti che avrà sulla collettività questo divieto di vendita a partire da una certa ora», al fine, spiega, «di porre eventuali correttivi». Uscire dalla logica del divieto e del proibire insomma, «per entrare in quella dove si capisce se c’è o no un guadagno per la collettività da questo divieto. Se calano le malattie dovute all’alcol, ad esempio». E una proposta che arriva da Cheda è quella «di far pagare qualcosina in più l’alcol acquistato negli orari in cui con la nuova legge sarebbe vietato. In questo modo chi compra una bottiglia di vino o un paio di birre partecipa già agli eventuali costi per la collettività di ipotetiche conseguenze».