Il Consiglio di Stato sull'iniziativa Censi/Käppeli: non faremo un messaggio, prenderemo atto di qualsiasi decisione che il parlamento adotterà
Sulla proposta avanzata dal leghista Andrea Censi e dal liberale radicale Fabio Käppeli di abrogare le restrizioni riguardanti lo smercio serale di alcolici in Ticino, il governo rinuncia a elaborare un messaggio: prenderà quindi atto “della decisione che adotterà il Legislativo”. Lo ha scritto nei giorni scorsi al Gran Consiglio, e meglio alla commissione ’Economia e lavoro’, dove è pendente l’iniziativa con cui i due deputati chiedono di cancellare il divieto della vendita di bevande alcoliche nei negozi, compresi quelli annessi alle stazioni di servizio, dopo una certa ora. Ovvero: dopo le 19 dal lunedì al venerdì - le 21 il giovedì e le 18.30 il sabato - e dopo le 18 la domenica e nei giorni festivi. Le limitazioni orarie sono state introdotte dalla nuova Legge cantonale sull’apertura dei negozi, entrata in vigore il 1. gennaio di quest’anno. E sono state impugnate anche da un commerciante con un ricorso al Tribunale federale.
Nella comunicazione al parlamento il Consiglio di Stato ripercorre pure l’iter del divieto in questione. Era stato inserito nel progetto di legge sui negozi “a seguito di una proposta del gruppo di lavoro ’Giovani, violenza, educazione’ ". Secondo quest’ultimo, ricorda ancora l’Esecutivo, “il divieto di acquistare bevande alcoliche a costo contenuto a serata inoltrata avrebbe limitato il fenomeno dell’abuso di alcol da parte dei giovani e di conseguenza diminuito il verificarsi di episodi di violenza”. Una misura che all’epoca (2011) il governo “aveva salutato favorevolmente”. Nel gennaio 2020 l’entrata in vigore della normativa sull’apertura dei negozi. E dunque anche delle disposizioni sullo smercio serale di alcolici. “Va pur rilevato - osserva tuttavia ora il Consiglio di Stato - che esse paiono oggi in controtendenza con la decisione a livello federale di levare il divieto di vendita di bevande alcoliche nelle aree di servizio delle strade nazionali, nonché con la possibilità di vendere alcolici nei negozi o chioschi ubicati nelle stazioni Ffs in applicazione dell’articolo 39 capoverso 3 della Legge federale sulle ferrovie, il quale dispone che per i negozi ubicati nel sedime Ffs non sono applicabili le leggi cantonali sugli orari di apertura dei negozi”. «Se il Gran Consiglio deciderà di abrogare gli articoli della legge concernenti il divieto di vendere alcolici dopo una data ora, come governo non ci opporremo», commenta, interpellato dalla ’Regione’, il direttore del Dipartimento finanze ed economia Christian Vitta.
La ’Economia e lavoro’ ha incaricato Alessandro Speziali (Plr) di esaminare la richiesta di Censi e Käppeli. Che, dice Speziali da noi contattato, «tocca sensibilità diverse e con ogni probabilità sentiremo anche alcune persone che facevano parte del gruppo ’Giovani, violenza, educazione’». Continua il parlamentare: «Personalmente sono favorevole all’eliminazione di queste restrizioni serali nella vendita di bevande alcoliche». Il o i motivi? «Ritengo che siano superate dai tempi e assai poco capite, come abbiamo sentito e letto, dalla popolazione. Parliamoci chiaro: misure del genere sono facilmente aggirabili, chi vuole acquistare alcolici si reca in negozio prima dell’ora in cui scatta il divieto di vendita. Addio prevenzione. Per contro se si ha bisogno di una bottiglia di vino o della birra perché a cena si mangia pizza con un gruppo di amici, ma per una serie di motivi non è stato possibile andare in negozio in tempo utile, si viene penalizzati. E così anche i commerci». Per Speziali «è preferibile rimuovere qualche divieto e concentrarsi sulla prevenzione investendo maggiormente in campagne di sensibilizzazione, soprattutto nelle scuole». Dal governo, osserva, «mi pare sia giunto un segnale di apertura, di apertura dal mio punto di vista». Speziali pone poi l’accento su un altro aspetto: «Queste restrizioni nella vendita serale colpiscono anche artigiani ticinesi che producono birra e produttori di vino, spesso nostrani, che generano un commercio virtuoso. Date le difficoltà economiche dovute alla pandemia, tali limitazioni sono, oltre che inutili, davvero poco opportune».