A lanciare la proposta è una mozione del Partito comunista. 'Sussidiare non basta per un rilancio dell'economia'
A Ginevra lo fanno già. Esiste una alternativa ai capannoni e agli edifici industriali dismessi. Ad attirare l'attenzione sull'esperienza romanda è il Partito comunista per voce di Massimiliano Ay e Lea Ferrari. In effetti, spiegano i due parlamentari in una mozione indirizzata al governo ticinese, “grazie alle disposizioni previste dalla Legge generale sulle zone di sviluppo industriale (Loi générale sur les zones de développement industriel del 13 dicembre 1984, articoli 8 e 9), lo Stato ha diritto di procedere all’esproprio dei terreni e degli edifici inutilizzati per più di 5 anni. La gestione pubblica di questo patrimonio immobiliare (che a Ginevra concerne la metà degli edifici legati alla manifattura) permetterebbe allo Stato di agire in prima persona come promotore di un rilancio industriale di queste proprietà, attirando imprese ad alto valore aggiunto e costruendo delle zone industriali coerenti e innovative”.
Il Consiglio di Stato ha messo sul tavolo una sua strategia, ricordano i due deputati, che prende spunto da uno studio del 2016 dell'Acacdemia di architettura di Mendrisio, 'Aree di attività in Ticino'. Secondo questa analisi gli edifici inattivi sarebbero poco di meno di duecento (187), di cui poco più di un centinaio (114) in cattivo stato. Come annota il Governo, esplicitano, “questi edifici si concentrano principalmente nel Bellinzonese e valli (40% del totale, in particolare in Leventina e Riviera)”. Ora, la proposta d’intervento del Cantone “si fonda essenzialmente sulla concessione di sussidi (a fondo perso o tramite mutui senza interessi), che possono giungere fino al 50 per cento dei costi di studio e di realizzazione per progetti di rivitalizzazione degli edifici”. Interventi, commentano Ay e Ferrari, che “rischiano però di essere largamente insufficienti ed inappropriati”. Meglio, insomma, la via ginevrina. “In effetti – scrivono ancora –, la semplice erogazione di sussidi rischia da un lato di non essere affatto sufficiente ad attivare dei progetti di rivalorizzazione degli edifici dismessi, e dall’altro di lasciare ancora troppa libertà a progetti speculativi a basso valore aggiunto, che non farebbero altro che impoverire ulteriormente il territorio senza dare alcuna prospettiva di sviluppo economico e sociale alle zone periferiche”.
Occorre, rilanciano i gran consiglieri, fare un passo avanti. E meglio “elaborare una modifica legislativa che dia allo Stato gli strumenti giuridici per espropriare e amministrare gli edifici industriali dismessi, sulla base del modello ginevrino sopracitato, così da essere promotore in prima persona di un rilancio economico sostenibile sia socialmente sia ecologicamente”.