L'APPROFONDIMENTO

Ex bancario, oggi 'vivo di elemosina'. Storie di povertà ticinese

Quattro testimonianze di indigenza raccolte a Tavolino Magico. Tra cifre che parlano di un calo di disoccupati e assistiti e gli enti al fronte, un abisso.

Foto Ti-Press
2 maggio 2019
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Già una mezz’oretta prima dell’inizio della distribuzione settimanale il locale comincia ad affollarsi. Si aspetta, si chiacchiera, c’è chi scherza e chi sta in disparte. L’ambiente è tranquillo, ma non sereno: aleggiano nell’aria le preoccupazioni dei presenti. Una in particolare è comune: il disagio economico. Siamo al centro di Cornaredo di Tavolino Magico, nello stadio: il terzo a Lugano, aperto a gennaio, e il quinto nel Luganese.

«Gli utenti che fanno capo a questa struttura sono circa 150 – ci dice Edo Maffioretti –, ma non tutti vengono ogni giovedì. Distribuiamo 4,5 chili di cibo a persona per una spesa sui 70 franchi». Riso, zucchero, pane, scatolame vario, dolci, yogurt, latte, frutta e verdura. Oggi manca la carne. «C’è cibo secco e alimenti freschi che variano in base alle stagioni. Raccogliamo gli esuberi anche da contadini ma il grosso viene dai supermercati. Lo scorso anno Tavolino Magico ha salvato in Ticino 660 tonnellate di cibo». Il responsabile del nuovo centro di distribuzione di Cornaredo è preoccupato per il futuro: «Non ci sono indicatori che la situazione sociale stia migliorando, credo che diventerà sempre più difficile». In Ticino, gli indigenti che settimanalmente fanno capo all’aiuto di Tavolino Magico sono circa 1’800 (19’100 in Svizzera). Inoltre da gennaio l’ente benefico distribuisce più volte al mese cibo anche a Campione, dove la povertà si fa sentire.

La fotografia che scattiamo a Tavolino Magico mette in luce un fenomeno poco noto, spesso non rilevato dalle statistiche ufficiali, ma purtroppo crescente: la nuova povertà. Persone che lavorano e che non arrivano a fine mese. Beneficiari di qualche forma di prestazione sociale, che però non basta. Volti e storie purtroppo sempre più comuni. Ne abbiamo incontrati alcuni (cfr. articoli su 'laRegione' del 2 maggio, nomi noti alla redazione) nei centri di distribuzione di Tavolino Magico: ci hanno fatto entrare nelle loro vite, fatte di lotte quotidiane per far quadrare i conti, speranze spezzate e rinunce.


Dentro quattro vite precarie

Quattro facce della stessa medaglia: un ex bancario che con la crisi finanziaria di dieci anni fa ha perso il lavoro e oggi è costretto a far capo al Tavolino Magico; una signora in invalidità alla quale le rendite dell’assicurazione non bastano per arrivare a fine mese. E due donne combattive, con famiglia a carico. Una 45enne in assistenza che prende 300 franchi al mese facendo la fattorina e una 30enne che pur lavorando è stata costretta a mettersi in proprio per tirare avanti, oltre ai figli deve pensare anche al marito.

Le cifre ufficiali parlano di un calo del tasso di disoccupazione e anche delle persone che fanno capo all’assistenza. «Il rischio è che il Cantone perda il polso della situazione – ha detto alla ‘Regione’ un paio di mesi fa Fra Martino Dotta che gestisce a Lugano la mensa dei poveri–. Da parte degli enti che erogano aiuti si registra un aumento delle richieste, persone che non hanno più diritto agli aiuti pubblici». Varie associazioni – dal Soccorso d’inverno alle Vincenziane – si prodigano per sostenere chi è in difficoltà.

Da noi sentita, la Divisione dell’azione sociale e delle famiglie del Dipartimento della sanità e della socialità aveva rigettato le accuse: «Sono situazioni differenti. La copertura del fabbisogno garantita ai beneficiari di prestazioni sociali permette di soddisfare i principali bisogni senza necessariamente dover ricorrere a ulteriori sostegni». Dichiarazioni che cozzano non solo con la dura realtà delle storie che abbiamo raccolto, ma anche con quanto rilevato dall’economista Christian Marazzi (cfr. edizione cartacea). Il lavoro sarebbe sì in aumento, ma si tratta di un trend che riguarda principalmente il precariato nelle sue varie forme e che contribuisce alla crescita di una povertà velata.

Roberto, 40: Due diplomi, nessun impiego. ‘Lavoravo in banca, ora elemosino cibo e vestiti’ 

«Non è vita, così mi sento sprecato». Sguardo commosso, parole acuminate come frecce. Il lavoro Roberto l’ha perso una prima volta nel 2009, in piena crisi economica globale. «Mi hanno lasciato a casa poco prima che la banca dov’ero impiegato fallisse – ricorda –, a causa delle difficoltà del settore ho capito che sarebbe stata dura rientrare. Così ho fatto una seconda formazione professionale». Con il diploma di scuola alberghiera in tasca, il 40enne ha passato sei anni in un hotel, «dove ho fatto di tutto: dal cameriere al receptionist, dal portiere al lavoro d’ufficio». Nel 2015 il secondo licenziamento. «Mi dissero che ero troppo vecchio, ma penso fosse una scusa per assumere personale più giovane e pagarlo meno». Il peggioramento della sua situazione finanziaria si è fatto drammatico dopo il periodo di disoccupazione: «Non percepisco l’assistenza. Mia moglie fa la custode nel palazzo dove abitiamo, ma i soldi non bastano. Mi hanno detto che avrebbe potuto darmi una mano mia madre (pensionata, che non vive con loro, ndr). Ma per orgoglio non le chiedo nulla».

Quella di Roberto oggi è una vita molto dura. «Faccio molte rinunce e vivo di aiuti: chiedo vestiti, cibo. Di fatto elemosino». La voce si rompe a causa del pianto, il pensiero corre alla figlia. «A lei non do a vedere che soffro così. Ma quando mi accorgo che deve rinunciare a una bibita o un gelato, cosa che a me non capitava mai da piccolo, è un colpo al cuore».

Roberto ripercorre con dispiacere e disillusione il proprio percorso che, nonostante la buona volontà e i due diplomi, non l’ha portato a reinserirsi nel mondo del lavoro. «In disoccupazione non mi sono sentito aiutato. Ho visto poco interesse, forse sono capitato col collocatore sbagliato – ipotizza –. Oggi come oggi sarei propenso a lavorare per pochi soldi. Mi sento vittima di un’ingiustizia: sono ancora giovane, potrei essere utile alla società. Ho entusiasmo, ma mi mancano le occasioni. Mando candidature, mi propongo, mi presento di persona per conoscere i datori di lavoro, ma purtroppo senza esito. È un circolo vizioso scoraggiante, mi sento abbandonato».

A peggiorare il quadro, contribuisce la preoccupazione per la salute propria, e dei cari. «Ho un’ernia e dei problemi ai denti – rivela –, ma non posso spendere soldi per curarmi. Purtroppo anche solo 200 franchi per me sono troppi».

Con il deterioramento della situazione finanziaria, Roberto si è presentato alla mensa sociale gestita dalle Acli alla casetta gialla di Cornaredo. «È stato Fra Martino a consigliarmi e a indirizzarmi al Tavolino Magico». Un aiuto prezioso in un contesto difficile, con la consapevolezza di poter contare principalmente sull’affetto dei propri cari e «sulle mie spalle larghe». 

Per l'intervista a Marazzi e per le altre tre storie vi rimandiamo all'edizione cartacea odierna.