Parlano i genitori di una adolescente che ha postato sue foto erotiche
«Più volte abbiamo discusso in famiglia dei rischi della rete, di non postare sui social dati personali e foto dalle ferie per non informare i ladri. Eppure mia figlia 14enne è cascata come una sprovveduta nella rete di un abile seduttore, che l’ha manipolata. Come padre ti chiedi dove hai sbagliato, se dovevi controllarla di più, cosa potevi fare per proteggerla da chi le ha rubato l’innocenza».
Incontriamo, nel Luganese, i genitori di una adolescente (la chiameremo Paola) vittima di un predatore sessuale della rete che l’ha convinta a postare sue foto erotiche. I fatti sono emersi al recente processo contro il trentenne del Locarnese che, barando sulla sua età – si spacciava per un 15enne facoltoso di bell’aspetto –, ha adescato negli ultimi 8 anni venti ragazzine (tra 11 e 15 anni) tramite social o app. Usava finti profili (‘Manuel’, ‘Andrea’, ‘Riccardo’, ‘Alessio’, ‘Matteo’), le agganciava su Fb o Instagram e una volta ottenuto il numero di telefono, le chiamava via Skype, iMessage, Wup o Facetime. Tra complimenti e promesse, guadagnava la loro fiducia. Le frasi diventano ogni giorno più intime (diceva ‘di amarle, di volersi mettere con loro’) e il discorso scivolava sulla sessualità. Il finto ‘teenager’ faceva il primo passo, inviando filmati delle sue pratiche erotiche. Con l’inganno ha convinto 17 ragazzine, alla loro prima esperienza affettiva, a mostrarsi in atti di masturbazione o a spedire foto o video di nudo. Intimità rubate che l’uomo poi spediva ad altri.
Abbiamo incontrato i genitori di Paola, una delle 17 vittime. Una famiglia normale con tre figli agli studi, dove c’è dialogo. Ci accolgono a casa loro e accettano di parlare (in modo anonimo) di questa brutta storia, per mettere in guardia altre famiglie: «Pensavamo che nostra figlia sapesse tutto sui rischi della rete visto quello che le abbiamo insegnato. Siamo stati anche a serate sul tema, eppure è successo. Nessuno è al riparo da questi abili professionisti della seduzione che agganciano i nostri figli online», dice la madre.
Le chiediamo di parlarci di Paola. Scopriamo che ha ricevuto il cellulare alla cresima. Una ragazzina introversa, con poca autostima e amici, in un’età difficile: «È fragile, si vede goffa, ogni brufolo è un dramma. Ha incontrato in rete questo abile truffatore, che la faceva sentire bella e importante. Abbiamo scoperto che altre ragazzine si erano innamorate e la storia andava avanti da anni. Con Paola aveva iniziato da qualche mese».
A fare scoppiare il caso, a luglio 2018, è una madre che intercetta sul cellulare della figlia minorenne foto osé. È un’amichetta di Paola, anche lei, vittima del finto ‘teenager’.
Parte le denuncia, iniziano le indagini di polizia. Alle vittime vengono sequestrati cellulari e computer. E si risale al locarnese.
Anche la timida Paola, viene convocata in polizia. Parlare della sua intimità, spiegando che cosa ha fatto in rete, non è una passeggiata. «Malgrado l’agente fosse molto professionale, per lei è stato molto imbarazzante. Mia figlia non va fiera di ciò che ha fatto, è un errore che ha pagato. Speriamo che questa brutta esperienza l’aiuti a crescere», dice il padre. Con sua moglie, è andato al processo, per guardare in faccia chi ha manipolato la sua bambina per soddisfare le sue voglie: «Ero arrabbiato, volevo dirgli di stare lontano da mia figlia. Volevo comprendere perché era successo. In aula ho poi capito che era un poveraccio. È giusto che paghi per il male che ha fatto, ma spero che lo curino». Al processo incontra un altro genitore, lui controllava il cellulare della figlia, eppure è cascata lo stesso nella rete del predatore locarnese. Infatti la ragazzina cancellava ogni traccia. Ora Paola è seguita da un professionista per elaborare tutto quello che è successo, voltare pagina e andare avanti.
In rete non tutto è come sembra. Quando il primo amore adolescenziale nasce con un boyfriend virtuale, c’è il rischio di farsi davvero male. Di settimana in settimana il rapporto diventa più tenero, più intimo, ma dietro a un ‘nickname’ spesso c’è chi si approfitta di ingenue ragazzine. Come è possibile che una timida 13enne, che non riesce a parlare col compagno di banco, metta la sua intimità nelle mani di uno sconosciuto nella grande rete? Eppure è successo e continua a succedere.
Ci aiuta a capire lo psicologo e psicoterapeuta Fsp, Pierre Kahn, specialista per bambini-adolescenti che ha seguito vari casi.
Prima di tutto occorre capire il profilo delle vittime che rischiano di cascare nella vischiosa ragnatela di chi si muove in rete cercando proprio loro, facili prede. «Sono più a rischio le ragazze timide, insicure, inibite, che faticano ad approcciarsi alla propria o altrui sessualità. Si mascherano dietro lo schermo proprio perché così si sentono più sicure». Insomma, chi tende a vivere più in rete che nella realtà: «Ragazze che non hanno saputo costruire relazioni affettive solide e positive coi coetanei e dunque usano un altro strumento per ottenere attenzione e gratificazioni. Da un primo approccio affettivo si rischia di slittare a volte in scambi sessuali», precisa.
Un altro tratto che può emergere è la solitudine: «Ci sono adolescenti che ricevono poco affetto in famiglia, perché i genitori sono presi dai loro conflitti di coppia o dal lavoro o sono impegnati col fratellino più piccolo. Il rischio è di trovare in chat chi li ascolta, li valorizza, li gratifica e lusinga, magari anche con regali, come dovrebbe fare un genitore». Lacune affettive che un predatore sessuale sa far girare a suo vantaggio. Nell’adolescenza c’è poi la curiosità verso la sessualità. «Si fanno sentire i bisogni ormonali, magari sommati al desiderio di non essere inferiore per esperienza alle amiche, che certe esperienze le hanno già vissute o dicono di averlo fatto».
«Infine, a volte c’è anche il «bisogno di esibirsi in una società molto legata all’immagine, al mostrarsi, che da molta importanza a ‘like’ e ‘followers’», conclude.
Smanettano tutto il giorno e poi sottovalutano i pericoli della rete. «Alcuni adolescenti non sono pienamente consapevoli dei rischi di postare video erotici in rete. Materiale che può diventare un boomerang», spiega ancora lo psicologo Pierre Kahn. È difficile immaginare che un nativo digitale ignori una regola d’oro: si perde il controllo di ogni foto postata. «Lo sanno, ma non è una priorità nella fase dell’innamoramento, perché ciò che conta è l’attenzione dell’altro. Le gratificazioni ricevute offuscano tutto il resto. La priorità è avere finalmente qualcuno che le ascolti, che si occupi di loro, le gratifichi dicendo che sono carine. C’è un bisogno smisurato di gratifiche e attenzioni che non trovano nel compagno di classe preferito col quale non riescono a parlare perché sono insicure». La soluzione diventa avere l’amico in rete. «Ho seguito diversi casi, anche un ragazzo che passava ore e ore durante la notte a chattare con l’amichetta in rete, compromettendo il suo rendimento scolastico. L’amichetta in realtà non era nemmeno un adolescente come lui pensava», conclude.
Il tema della sessualità non dovrebbe essere tabù in famiglia. «Sarebbe opportuno parlare coi figli di sessualità, del rischio di essere adescati in rete, andando oltre al fatto che è pericoloso. Meglio discutere apertamente anche di tentazioni, del desiderio di trovare un boyfriend in rete, spiegando che è una scorciatoia rispetto al mondo della sessualità e il prezzo da pagare potrebbe essere molto alto», precisa lo psicoterapeuta Pierre Kahn. Ai genitori l’esperto consiglia di essere molto chiari sulle conseguenze: «Ci sono ragazze che non escono più di casa dalla vergogna, perché hanno le loro foto erotiche in rete e tutta la scuola le ha viste. Per non parlare di chi, torturata dal senso di colpa, si è tolta la vita o ha tentato di farlo». Un altro consiglio è capire se i propri figli vivono delle relazioni positive e adeguate per loro nella realtà. «Se così fosse è meno probabile che cerchino nella rete chi li possa gratificare. Ma la migliore prevenzione, forse, – insiste Kahn – è aiutare i nostri figli ad avere una testa pensante. Alleniamo i nostri figli a pensare, a vedere i rischi, a soppesare “costi e benefici”», conclude.