Il presidente del Consiglio della magistratura sulle richieste provenienti dal Gran Consiglio di riportare a quattro i giudici dei provvedimenti coercitivi
«Come Consiglio della magistratura avevamo chiesto di mantenere a quattro il numero dei giudici dei provvedimenti coercitivi, esprimendoci quindi criticamente, nero su bianco, sulla riduzione prospettata dal governo. La nostra opinione non è cambiata. Si è scesi da quattro a tre gpc, ma per loro il carico di lavoro non è diminuito. E come questo aumenta, cresce lo stress, con il rischio di prendere, nei tempi stretti stabiliti dalla legge, decisioni sbagliate. Che potrebbero sfociare anche in istanze di risarcimento all’indirizzo del Cantone». Pertanto i recenti segnali provenienti dal parlamento «sono senz’altro positivi». A Bellinzona, a Palazzo delle Orsoline, Werner Walser ha appena assistito alla dichiarazione di fedeltà a Costituzione e leggi rilasciata dai magistrati eletti nelle settimane scorse dal Gran Consiglio quando, interpellato dalla ‘Regione’, commenta i recenti segnali provenienti dal parlamento, ovvero le richieste in particolare di socialisti e liberali radicali di ridare il quarto magistrato all’Ufficio dei giudici dei provvedimenti coercitivi, i gpc. «Vuol dire che il problema è stato capito e che lo si vuole risolvere», aggiunge il presidente del Consiglio della magistratura, organo chiamato anche a vigilare sul funzionamento dell’apparato giudiziario ticinese.
Il taglio di un giudice è stato voluto da Consiglio di Stato e maggioranza del Gran Consiglio con la manovra di risparmio del 2016 ed è stato avallato l’anno seguente dal popolo. Tenuti fra l’altro a confermare o meno arresti e carcerazioni di sicurezza ordinati dal Ministero pubblico (cantonale e della Confederazione), ad approvare o meno le istanze di proroga della detenzione preventiva e ad autorizzare o no i controlli telefonici, i tre attuali gpc si sono visti attribuire dal parlamento un’ulteriore competenza: quella di deliberare sui ricorsi contro la custodia di polizia. È anche alla luce di questo nuovo compito che dal Gran Consiglio si sono levate voci per riportare a quattro unità la squadra dei giudici dei provvedimenti coercitivi. A suo tempo, riprende il giudice d’Appello Walser, «la proposta governativa di diminuire da quattro a tre il numero dei gpc prevedeva pure ‘misure di accompagnamento’, fra cui il trasferimento a un’autorità amministrativa di una delle competenze dei gpc: l’applicazione della pena. Un trasferimento mai avvenuto». Quella dell’autorità amministrativa sarebbe una buona soluzione? Walser: «Parliamo di decisioni attinenti alla libertà personale, per cui secondo me la figura del giudice è importante anche in quest’ambito».
Ieri davanti alla presidente del parlamento Pelin Kandemir Bordoli hanno dichiarato fedeltà alle leggi i nuovi pp Pablo Fäh e Petra Canonica Alexakis e il neo gpc Paolo Bordoli (procuratore, subentra a Claudia Solcà), nonché Alessandra Alberti, supplente del Consiglio della magistratura e Gabriella Bianchi Micheli, supplente del Tribunale minorenni.