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Diario di un professore della Spai, in causa con il Decs

Esautorato da un giorno all’altro per ‘atteggiamenti irrispettosi verso i superiori’, il docente si è appellato al Tribunale cantonale amministrativo

(Ti-Press/Archivio)
25 luglio 2024
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La scuola cambia, ma per certi versi resta sempre uguale a se stessa. C’è qualcosa del maestro Bruno D’Angelo, calato a metà anni Settanta in una borgata romana, nel docente di elettrotecnica della Spai di Mendrisio che, dopo 35 anni di professione, negli ultimi tempi ha dovuto fare i conti con le durezze dell’istituzione scolastica. Come nel ‘Diario di un maestro’, infatti, anche Roberto Caruso ha sempre messo al centro della sua missione gli studenti – in primis i più fragili –, salvo poi scontrarsi con i vertici della Scuola e del Decs, il Dipartimento educazione, cultura e sport. Ritrovatosi a inizio giugno, quindi a una manciata di giorni o poco più dalla fine dell’anno scolastico, con una decisione di esonero e sospensione dalle sue funzioni, ha fatto la sua scelta: salire sulle barricate. Anche perché tutto è successo da un momento all’altro e senza aver modo di dire la sua.

Davanti a quel provvedimento, in effetti, il professore non si è arreso, dando così voce a un malessere che covava in realtà sotto la cenere da ormai un paio di anni. Lo ha fatto mettendoci la faccia, perché, dice subito, «non ho nulla da rimproverarmi». Del resto, ammette, non ha mai saputo tacere davanti alle cose che non vanno. E di situazioni poco consone, fa capire, se ne sono presentate, e non poche, dentro il Centro professionale tecnico del capoluogo. Le stesse situazioni che hanno spinto l’insegnante a segnalare, nel 2022, il malcontento, peraltro condiviso da colleghi e allievi, per la gestione dell’Istituto e il difficile clima di lavoro che aleggiava a scuola, nonché per gli atteggiamenti sopra le righe del vicedirettore. Tutto, dice, a salvaguardia proprio dei ‘suoi’ ragazzi.

Quella ‘sofferenza’ scolastica

Sta tutto lì il nodo gordiano della vertenza che oggi oppone il docente al Consiglio di Stato. In effetti, il ‘caso’ di recente è approdato di fronte al Tribunale cantonale amministrativo (Tram). Toccherà ora ai giudici – ai quali il patrocinatore legale del docente, l’avvocato Stefano Fornara, sollecita l’effetto sospensivo –, fare chiarezza, quindi, sul comportamento del professore, ma al contempo contribuire a gettare una luce sulle circostanze che hanno motivato Roberto Caruso a prendere le difese degli alunni, e dunque a far emergere il malessere di fondo respirato alla Spai. Una ‘sofferenza’ scolastica che, come rimarcato nelle carte e nel memoriale presentato al Tram, ha portato, sì, all’apertura di una inchiesta amministrativa, ma non a una decisione (almeno per quanto è dato sapere). Tanto da lasciare l’impressione di voler dare il proverbiale colpo di spugna. Non si è perso tempo, per contro, a mettere sotto osservazione (in un primo momento) e a procedere contro l’insegnante di elettrotecnica, accusato di aver tenuto “un atteggiamento irrispettoso verso i suoi superiori, che configura – si legge nella comunicazione della Divisione della formazione professionale – una violazione dei suoi doveri di servizio”.

‘Violato il principio di essere sentito’

Per l’avvocato di Caruso i superiori dell’insegnante hanno, di fatto, tirato le conclusioni senza passare dal via. Ovvero senza effettuare le necessarie verifiche e gli approfondimenti del caso o aprire una inchiesta amministrativa, come da prassi. La sensazione, come esplicita il patrocinatore legale tramite il ricorso al Tram, è che “dietro tutta la vicenda vi sia una volontà di liberarsi in modo sbrigativo di un docente divenuto scomodo per la direzione del Cpt e i funzionari del Decs, unita alla palese e crassa violazione del principio cardine di ogni procedura amministrativa: il rispetto del diritto di essere sentito della persona toccata”. Per chi ha impugnato il licenziamento, insomma, ce n’è a sufficienza per parlare di “lacune formali macroscopiche” e superficialità e di una ‘condanna senza appello’.

Studenti ‘orfani’ del maestro

Il risultato plastico? Gli allievi si sono ritrovati senza docente da un giorno all’altro, e senza una motivazione della misura presa. Anzi, rilancia il legale di Caruso, manca una reale giustificazione. Come dire che non basta dire, come è stato fatto, che la permanenza in servizio “si rivela inopportuna sia nell’interesse dell’Istituto scolastico sia del docente stesso”, rincarando la dose affermando che “sulla base delle segnalazioni del direttore del Cpt, il comportamento del docente non appare né adeguato, né rispettoso in merito al suo ruolo istituzionale quale docente”. A precedere l’esclusione ufficiale del docente dal suo ruolo, in aprile giunge uno scritto del direttore della Spai, che il docente definisce oggi come un ‘j’accuse’ nei suoi confronti. Lettera imbucata ad aprile all’indirizzo del caposezione che si chiude chiedendo un intervento per trovare una “soluzione adeguata” per porre fine allo stato di cose esistente.

Sull’altro fronte, quello del professore ‘sotto accusa’, si intravede ben altro. Occorre, fa capire il ricorrente, “impedire questa ingiustizia” a fronte di una sospensione avvertita come “puramente vessatoria”. Tale, del resto, l’hanno percepita i ragazzi, che si sono mobilitati con passione a difesa del loro professore, con il quale i legami non hanno fatto altro che rinsaldarsi. A essersi rotta, semmai, è la fiducia dei giovani verso i vertici scolastici.

Per gli apprendisti della Spai di Mendrisio venire a conoscenza del possibile licenziamento del loro ‘sore’ è stato un colpo al cuore. La reazione, però, è stata immediata. Non si contano, infatti, i messaggi di solidarietà e affetto affidati, in particolare, ai canali social. Due delle classi del docente – una seconda e una quarta Installatori elettricisti – sono andate dritte al punto, chiedendo le ragioni del provvedimento; esprimendo il loro disaccordo e domandando “con forza” al Decs di annullare la decisione. «Il professor Caruso – ci spiegano i ragazzi della seconda – ha svolto un ruolo fondamentale nella nostra formazione, dimostrando sempre grande competenza, passione e dedizione nel suo insegnamento. Le sue lezioni non solo ci hanno arricchito dal punto di vista della materia, ma ci hanno anche ispirato a sviluppare un profondo interesse per il nostro lavoro».

‘Un allontanamento ingiusto’

Ciò che colpisce, al di là delle riconosciute capacità didattiche, è il rapporto che l’insegnante, negli anni, è riuscito a instaurare con i suoi studenti, soprattutto – da docente mediatore – con coloro che attraversano un momento difficile, dentro e fuori le mura scolastiche. «Ha saputo creare un ambiente di apprendimento stimolante e inclusivo», ci fanno capire. «Molti di noi – si aggiungono gli alunni della quarta – hanno avuto possibilità di ricevere sostegno e aiuto grazie al suo ruolo di docente mediatore. Confrontandoci tra di noi abbiamo potuto concordare sul fatto che, nel corso della nostra formazione, abbiamo avuto modo di conoscere un uomo colto e dagli ottimi valori, capace di suscitare anche l’interesse del peggior studente per la sua materia». Ecco che questi giovani stanno vivendo l’allontanamento del professore come un intervento «ingiusto e inopportuno». Perché a essere penalizzati, ci dicono, sarebbero per primi gli studenti dell’Istituto, quelli di oggi e quelli di domani.

I colleghi si dicono ‘perplessi e preoccupati’

A mobilitarsi e a far sentire la loro vicinanza sono stati, d’altro canto, anche i colleghi di Caruso. Una ventina di insegnanti di sei sedi scolastiche dell’obbligo e del post-obbligo hanno voluto, infatti, sottolineare come a lasciare “perplessi e a preoccupare sono modalità e tempistiche con cui un provvedimento tanto severo (chiaramente non inerente a problemi con gli allievi) sia stato emanato. Il diritto di esser sentiti prima che venga data una sanzione, oltretutto di tale entità, dovrebbe essere concesso a chiunque, così come un’inchiesta per accertare i presunti fatti”. Solo il periodo estivo ha impedito di portare la vicenda nel plenum di sede. In effetti, il sentimento che prevale nelle testimonianze dei docenti è quello di una evidente apprensione per quanto accaduto.

«Vorrei sottolineare – fa sapere una insegnante – che sono rimasta molto scioccata dalla procedura adottata dal nostro datore di lavoro, il Decs, nei confronti del collega. Sono particolarmente preoccupata che chiunque tra di noi potrebbe essere oggetto di una simile procedura, che ritengo profondamente ingiusta e assolutamente non rispettosa dei diritti di ogni lavoratore/cittadino. Perché qui è mancata la possibilità di potersi esprimere, di difendersi. Sembra di essere in una dittatura», conclude. Si aggiunge la trepidazione di un altro docente: «In un sistema dove molti colleghi si sentono insicuri per la loro posizione – fa notare –, avendo incarichi che vanno rinnovati di anno in anno, la notizia di un licenziamento con queste modalità desta ancora più preoccupazione e la professione diventa così sempre meno attrattiva». Come dire che il ‘caso’ di Roberto Caruso va ben al di là delle sue vicissitudini scolastiche.

Le segnalazioni del sindacato Ocst

Dicevamo del malessere latente da un paio di anni all’interno del Cpt di Mendrisio. Non a caso, come emerge dalle carte, a portare all’attenzione, il marzo scorso, del capo della Divisione della scuola, Emanuele Berger, la situazione è stata, con una missiva, anche l’Ocst, che ha preso a cuore il caso e sta affiancando il professor Caruso nella sua battaglia. Nella lettera l’Organizzazione cristiano sociale fa presente l’esistenza di una decina di segnalazioni sul clima a scuola, forte altresì del “corposo dossier” presentato già nel 2022 dallo stesso Caruso e da altri colleghi per documentare i vari problemi esistenti. E la realtà dei fatti, a quanto pare, nel frattempo non è migliorata. Tant’è che sono state espresse perplessità sul modus operandi relativo alla vicenda del professore. Alla richiesta di spiegazioni il Decs ha risposto rimandando alla disdetta del rapporto di lavoro recapitata a inizio giugno.

Da noi contattato per una reazione su quanto avvenuto, il Dipartimento ci fa presente che, in linea di principio, non si rilasciano dichiarazioni o commenti su singole situazioni, anche, si ribadisce, a tutela delle persone direttamente coinvolte; a maggior ragione se i casi sono ancora aperti o sub judice. D’altra parte, ci viene ricordato allo stesso tempo che “le misure inerenti al rapporto d’impiego di un dipendente dello Stato del Cantone Ticino sono di competenza del Consiglio di Stato e non di un singolo Dipartimento – come nel merito il Decs, ndr – o di una Divisione”.

Messo, quindi, l’incarto nelle mani dei giudici, l’impressione è che non sia finita qui.