A settembre è stata aperta a Novazzano una sezione nella scuola dell’infanzia. Ne abbiamo parlato con il direttore della ‘Provvida Madre’ Adriano Cattaneo
Ogni bambino ha le sue caratteristiche, le sue difficoltà, i suoi tempi. Stare insieme ad altri coetanei è però un momento di crescita molto importante e permette di «sviluppare le competenze sociali fondamentali per vivere nelle nostre comunità». È questo l’obiettivo principale degli asili inclusivi, ci spiega Adriano Cattaneo, direttore della Fondazione Provvida Madre. Si tratta di scuole dell’infanzia che accolgono bambini con bisogni ed esigenze particolari. Dall’inizio di quest’anno scolastico anche a Novazzano la Fondazione ha aperto una sezione inclusiva: il Millepiedi.
Da 20 anni è già attivo un progetto analogo, ovvero il Ghirigoro di Balerna. Quest’ultimo ha però una capienza limitata, indica Cattaneo. Infatti può accogliere al massimo cinque bambini contemporaneamente. Le richieste tuttavia sono maggiori ed è dunque nata l’esigenza di una nuova sezione. «Novazzano è stata una scelta strategica, per vari motivi», dichiara il direttore della Fondazione. «Anzitutto con la sede di Balerna fa parte di un unico istituto scolastico, con un direttore e un corpo docenti con cui collaboriamo già. Il secondo fattore è quello degli spazi: la sede di Novazzano aveva infatti un’aula da poter utilizzare per la sezione inclusiva. Il terzo aspetto fondamentale è che ci sia una volontà politica e il Comune si è subito dimostrato disponibile».
A livello di spazi è importante che, oltre a uno riservato alla sezione, vi sia anche la mensa. Questo non solo per una facilità logistica di trasporto, ma anche perché quello del pasto è «un momento importante della crescita per acquisire autonomia», spiega Cattaneo. Inoltre è auspicabile che le sezioni regolari non siano troppo affollate, per permettere anche ai docenti di riuscire a gestire bene la classe anche in presenza dei bambini, solitamente uno o al massimo due, della sezione inclusiva. I contatti con altre sedi del Mendrisiotto comunque ci sono, «ma non sempre sono presenti gli spazi e le condizioni». In ogni caso non è escluso che in futuro «si possa proporre il progetto anche in altri istituti».
Ma come funziona esattamente il percorso? I bambini della sezione inclusiva hanno una loro aula e in una prima fase alcuni allievi delle classi regolari passano dei momenti in esse. In questo modo si facilita l’interazione in un contesto più ristretto. In seguito gli alunni della sezione inclusiva entrano in contatto con quella che diventerà la loro classe di riferimento, il tutto accompagnati da un’educatrice. La tappa successiva prevede che i bambini passino gradualmente del tempo nella classe senza l’accompagnamento individuale, per poi frequentarla per la maggior parte della giornata in autonomia. Proprio perché vengono rispettati i tempi di ogni bambino, non è detto che queste fasi vengano attuate da tutti e in ogni caso le modalità di accompagnamento si basano su «un programma fatto ad hoc per ognuno di loro», evidenzia Cattaneo. Gli allievi che frequentano la sezione inclusiva possono avere dei problemi nello stare in gruppo, nel rispettare le regole o presentano delle difficoltà cognitive, spiega il direttore, che però precisa quanto ogni bambino sia diverso: non è dunque possibile «definire delle caratteristiche univoche». Entrando a far parte di un contesto di gruppo più grande, tutti i bimbi e le bimbe hanno però la possibilità di «imparare a stare insieme, a rispettare il proprio turno, a fare delle attività in comune», descrive Cattaneo. I benefici sono anche per gli allievi delle sezioni regolari che «imparano ad accogliere». Tutte queste competenze vengono poi trasferite in maniera naturale anche all’esterno della scuola dell’infanzia. I bambini si incontrano infatti anche dopo l’orario scolastico: al parco, alle feste di compleanno, nelle rispettive case.
Attualmente sono quattro i bimbi e le bimbe che frequentano il Millepiedi, con un massimo di capienza di cinque, e per il prossimo anno scolastico «abbiamo già diverse richieste», dice Cattaneo. «Queste andranno comunque valutate». Infatti «riteniamo che quella dell’inclusione sia la strada giusta da percorrere, anche se non è quella ideale per tutti i bambini. Alcuni hanno bisogno di situazioni più protette». Riguardo al progetto avviato a Novazzano, «l’auspicio è quello di poter avere, come a Balerna, anche la sezione inclusiva per le scuole elementari». L’intento è dunque di far proseguire il percorso scolastico, in maniera naturale, con lo stesso sistema di accompagnamento. I genitori, afferma Cattaneo, accolgono positivamente queste iniziative e «molti di loro, anche di altre regioni, ci contattano. Lì c’è però un limite organizzativo, perché questo tipo di inserimento ha senso se è all’interno di una regione, in modo tale da garantire una continuità dei rapporti tra i bambini anche fuori dalla scuola». In ogni caso, i progetti di inclusione sono presenti in tutto il cantone promossi da altre associazioni o fondazioni e dal Dipartimento dell’educazione, della cultura e dello sport (Decs): «C’è una bella rete che segue i bambini già da quando sono molto piccoli e si cerca di trovare la soluzione migliore per ognuno di loro».