Le esperienze dell’Istituto scolastico di Balerna che a settembre ‘esporterà’ il suo modello a Novazzano. Atgabbes e Famiglie diurne stringono un’alleanza
Includere e non escludere. Perché la scuola è un diritto di tutti, anche dei piccoli alunni che la vita mette subito alla prova. All’Istituto scolastico di Balerna da anni ormai ne hanno fatto un caposaldo e oggi difficoltà nello sviluppo o ritardi evolutivi, quindi nell’apprendimento, non fanno più paura. La piccola comunità si ‘allena’ da tempo, del resto. La presenza sul territorio da oltre cinquant’anni a questa parte di una realtà come la Provvida Madre ha insegnato ad aprirsi al mondo della disabilità. Un’apertura che oggi permette di ‘contaminare’ pure altre sedi scolastiche – come nel caso di Novazzano – e di contribuire a spianare la strada a nuovi progetti. Consapevoli che senza tenacia, impegno e disponibilità a mettersi alla prova da parte del corpo docente non si va da nessuna parte. Tanto fra le mura della sede scolastica locale che nel mondo di Atgabbes, l’Associazione ticinese di genitori e amici dei bambini bisognosi di educazione speciale, ne fanno il loro pane quotidiano. In caso contrario oggi non sarebbe possibile accingersi a varare, il settembre prossimo, una sezione inclusiva di scuola dell’infanzia a Novazzano o rinsaldare l’alleanza tra Atgabbes e l’Associazione famiglie diurne del Mendrisiotto, che al Boscoiattolo, sempre a Novazzano, ha dato vita a un nido e un preasilo inclusivi.
Quando ne parla Christian Pagani, alla direzione degli Istituti scolastici di Balerna e Novazzano, si entusiasma come il primo giorno. Eppure, racconta a ‘laRegione’, è da cinque lustri che la stretta collaborazione con la Provvida Madre ha permesso di spalancare le porte prima della Materna e, un passo dopo l’altro, di introdurre negli ultimi cinque anni questo approccio anche alle Elementari (e in modo istituzionale), dando modo ai bambini di proseguire nel loro percorso di integrazione scolastica e sociale. «Quest’anno – ci spiega – abbiamo inserito tre alunni in quinta e altrettanti in terza. E per la prima volta concluderemo con loro il ciclo di scuola elementare», sottolinea con giustificato orgoglio. Una esperienza consolidata che ha incoraggiato a ‘esportare’ questo modello. «Ci siamo trovati con tre bambini della scuola speciale a Novazzano e abbiamo avanzato la proposta, poi accettata dal Cantone, di inserire da settembre nelle tre sezioni locali di scuola dell’infanzia una classe inclusiva – conferma il direttore –: i piccoli partiranno da lì e poi gradatamente entreranno a far parte delle sezioni esistenti, secondo un’equa ripartizione; e saranno seguiti da due operatori che collaboreranno con i docenti della sede».
Parole, quelle di Pagani, che danno il senso di quanto questo cammino sia stato proficuo. «Lo è stato senz’altro – ci dice –. Grazie a un docente stiamo analizzando questi venticinque anni di esperienza a Balerna, confrontandoli con il modello più classico delle classi inclusive presente a livello cantonale e che prevede l’inserimento di questi bambini ma in un’unica sezione privilegiata». Di fatto da tempo avete scelto una via diversa? «In effetti, sì. Una strada che ha i suoi vantaggi e i suoi svantaggi – fa presente Pagani –. Innanzitutto, serve avere qualche persona in più. Il grosso vantaggio, però, è l’equa distribuzione degli alunni sulle sezioni: ciò significa che tutti i docenti della sede vengono coinvolti. Detto altrimenti, chi decide di venire a insegnare a Balerna sa che potrebbe essere chiamato a confrontarsi con l’inclusività: fa parte della politica dell’Istituto. Un altro aspetto a favore di questa formula riguarda la collaborazione con i docenti di scuola speciale per le tecniche di insegnamento e la didattica. Un terzo punto interessante, poi, è la valutazione degli allievi, visti sotto un’ottica diversa. Infine, un quarto vantaggio ruota attorno al dialogo con i genitori, dai quali non ho mai avuto nessuna resistenza. Anzi, si interessano del futuro dei compagni dei loro figli. Insomma, nelle loro differenze tutti i bambini hanno diritto alla scolarizzazione. Con le loro potenzialità, tocca ai maestri offrire a ciascuno gli strumenti per apprendere».
Sembra di capire che la scuola a Balerna abbia trovato alleati preziosi. «Di recente – ci illustra ancora il direttore – abbiamo effettuato un sondaggio interno tra genitori, docenti e docenti speciali e stiamo raccogliendo i risultati: sono rientrati circa 200 formulari. Da un primo esame, però, sono tutti positivi, sia per i bambini – la stimolazione di chi è in difficoltà –, sia per l’aspetto sociale ed educativo degli altri allievi, con la loro responsabilizzazione. Del resto, quando si ritiene che un bimbo possa essere parte di una sezione di scuola dell’infanzia o elementare, non viene modificato l’assetto delle attività collaterali: tutti allo stesso modo frequentano le ore speciali, ovvero ginnastica, arti plastiche, canto. Ed è così anche per le uscite di scuola montana, con un supporto. È capitato in una quinta, dove una allieva in carrozzina ha potuto partecipare a un’uscita: siamo noi a esserci adattati nella scelta del mezzo di trasporto. E d’altro canto, per ogni anno abbiamo una figura di riferimento: quest’anno per quinte e terze vi sono due educatori a tempo pieno. Nelle classi, a turno, c’è dunque sempre la presenza di due insegnanti».
A Balerna, quindi, non si fanno differenze e nel limite del possibile non si preclude nulla a nessuno. E i primi a vivere con naturalezza la vicinanza dei loro compagni davvero ‘speciali’ sono i bambini. «Come detto, la presenza della Provvida Madre sul territorio, il suo inserimento nel contesto sociale, ha dato modo di coltivare una sensibilizzazione e una consapevolezza diverse nella comunità. Chiaro, ci vuole una cultura di fondo e tempo per arrivarci», ribadisce Pagani. Un approccio che a distanza di tempo, il direttore ne è convinto, ha dato risultati evidenti, soprattutto a beneficio dei bambini. «Mi viene alla mente un piccolo alunno. Alla scuola dell’infanzia si diceva che non avrebbe parlato, oggi è in quinta e si fa fatica a farlo stare zitto». Ora porterete tre bambini a concludere il ciclo delle elementari. E poi? «Laddove non è possibile un inserimento nella scuola media si pensa a degli sbocchi personalizzati: da settembre a ciascuno si è trovato la sua strada, grazie anche al raggiungimento di un certo grado autonomia».
Nella crescita della vostra esperienza avete sentito l’appoggio delle autorità? «Tanto il Comune di Balerna che quello di Novazzano quando abbiamo presentato il progetto ci hanno sostenuto. Anche la proposta per Novazzano non ha incontrato la minima resistenza: subito si è ritenuto giusto e doveroso andare in questa direzione. Inoltre, sul piano cantonale il Decs – il Dipartimento educazione, cultura e sport, ndr – è sensibile sotto questo aspetto e permette questo tipo di inserimenti, monitorati, che dimostrano di funzionare. C’è apertura in questo senso anche nelle risorse messe a disposizione». Il settembre scorso tra Materna e Medie sono partite 33 classi esclusive.
Pagani sente, altresì, di muoversi in un Distretto ‘fertile’ pure da questo punto di vista. «Il Mendrisiotto si sta muovendo bene sul tema dell’inclusione – conferma –. Pensiamo anche all’esperienza delle le Unità differenziate e al progetto pilota ‘Time out’ (in campo a Breggia, ndr) e agli ottimi risultati ottenuti sin qui. D’altra parte, un fattore importante per lo sviluppo di questi bambini è proprio la territorialità e la possibilità di frequentare la scuola vicino a casa; e al termine di poter restare e inserirsi sul loro territorio nel mondo del lavoro. Si ritrovano con i compagni al parco giochi come nelle associazioni e anche le famiglie non si sentono emarginate ma parte della comunità. Le realtà che centralizzano di più portano allo sradicamento».
Ecco perché a Balerna ma non solo ci si sente pronti alla sfida presentata dall’inserimento in classe dei bambini fuggiti dalla guerra in Ucraina. Solo nel Comune se ne contano oggi sei alle elementari, due alle Medie e due più grandi.
Il preasilo inclusivo di Novazzano non è che l’ultimo di una lunga serie di punti d riferimento per mamme, papà e piccolissimi. Una esperienza che dà forza a una collaborazione preziosa, quella stretta tra Atgabbes e le Famiglie diurne del Mendrisiotto. Del resto, è dalla fine degli anni Novanta che l’Associazione di genitori crede nell’inclusione. «Il primo servizio lo abbiamo aperto a Pedevilla: oggi ne contiamo sei – ripercorre Donatella Oggier-Fusi, coordinatrice settore consulenze –. Possiamo dirlo senza paura di essere smentiti: in questi anni Atgabbes ha dato un bello slancio, portando avanti questo discorso e sperimentando».
L’Associazione, d’altro canto, ha compreso un aspetto importante. «Abbiamo capito che bisognava iniziare il più presto possibile. Non a caso il nostro motto è sempre stato ‘prima iniziamo, meglio è’. Quindi, abbiamo cominciato a offrire la possibilità di far capo a preasili integrati. Così dopo Pedevilla nel 2006-7 è nato a Lugano, poi nel 2018 a Locarno: tre nostre strutture nelle quali accogliamo sia bambini senza difficoltà, sia con disabilità fra i 2 e i 4 anni. E negli ultimi anni la società si è interessata all’inclusione, di conseguenza i nostri preasili si sono reinventati».
Un chiaro esempio è appunto quello di Novazzano. «Ci è arrivata la richiesta a favore di bambini con disabilità che avevano bisogno di interagire con i loro coetanei. E allora – ci fa capire la coordinatrice –, anziché aprire una struttura ex novo e a fronte dei bisogni, mirati, delle famiglie, ci siamo detti: perché non collaborare con nidi già operativi sul territorio in grado di rispondere alle esigenze dei genitori che lavorano garantendo un servizio sull’arco della giornata. È il caso di Novazzano con una struttura aperta tutti già consolidata e nella quale noi mettiamo le nostre competenze in pedagogia speciale; così che mamme con bimbi con disabilità possano accedere a quell’offerta».
E questo, ci rende attenti Donatella Oggier-Fusi, è uno snodo importante. «Includere vuol dire anche prendersi cura nella dovuta maniera: servono risorse e competenze». E allora, rimarca, si rivelano strategiche le alleanze che si riescono a costruire sul territorio. Biasca è stato il primo nido, nato d’intesa con una iniziativa privata già esistente e sostenuta dal Comune locale: in cima alle Tre Valli c’era una necessità reale. Poi si è approdati a Magliaso, nel preasilo comunale gestito dalle mamme, poi è stata la volta di Novazzano. Un percorso non facile che oggi, ci dice, funziona. «Di fatto noi entriamo con una nostra risorsa specializzata che piano piano trasmette le sue competenze all’equipe, che assicura così la continuità del servizio e la tranquillità delle famiglie. Lo scopo è espandere e condividere le competenze grazie a una collaborazione armoniosa».
Atgabbes, annota ancora la coordinatrice, ha «sempre messo l’accento sul prescolastico. È importate iniziare a sensibilizzare tutte le famiglie già quando i figli sono piccoli. Sostenere il prima possibile le mamme con bimbi disabili, che spesso si sentono sole, stanche o stressate, è importante. Purtroppo le resistenze non mancano. Un’opera che ci viene riconosciuta dal Cantone, che crede molto nel nostro lavoro, ed è resa possibile da soci e donatori. In questo il Ticino in Svizzera è stato all’avanguardia. In fondo includere è andare nei luoghi ordinari e mettere abbastanza risorse affinché tutti possano essere accolti indipendentemente dai loro bisogni. In caso contrario si penalizza due volte».