Cinquantenne condannato a 16 mesi con la condizionale per uno spaccio di 140 grammi di cocaina. Sempre latitante il fornitore albanese
Era finito in manette e quindi in carcere, dopo che la polizia scovò nella sua auto alcune dosi di cocaina. Era il 4 maggio 2021. Di qui è venuta a galla una frenetica attività di spaccio, quantificata in 140 grammi di sostanza stupefacente nell’arco di tre mesi. Protagonista, un 50enne del Mendrisiotto, invalido, comparso oggi davanti alla Corte delle Assise correzionali di Mendrisio, riunita a Lugano. L’uomo, presentatosi a piede libero, accompagnato dalla sua avvocatessa, Alessia Angelinetta, è completamente cambiato: segue un trattamento psicoterapeutico al Centro Ingrado, si è fidanzato, ha smesso con cocaina, eroina e antidepressivi.
Fino allo scorso anno era un forte consumatore di droga – una quarantina di grammi di cocaina in pochi mesi. E per ottenere quale ricompensa qualche busta per garantirsi il proprio consumo personale aveva accettato di spacciare la droga: si riforniva a Campione d’Italia da un cittadino albanese – tuttora latitante e nei confronti del quale le indagini, condotte dalla procuratrice pubblica, Margherita Lanzillo, proseguono ai fini della sua cattura, indagini che avevano portato in carcere una decina di spacciatori. Il 50enne accompagnava un suo amico e lui ricopriva il ruolo di autista: ha compiuto complessivamente otto viaggi a bordo della sua vettura, tra l’enclave e Mendrisio, prendendo in consegna la droga e dunque consegnandola a consumatori. L’uomo ha ammesso ogni sua responsabilità. È stato riconosciuto colpevole di infrazione alla Legge federale sugli stupefacenti, guida in stato di inattitudine e senza autorizzazione (gli era stata ritirata la patente, eppure si era messo alla guida dell’auto per garantire il ‘giro’ di cocaina), nonché di contravvenzione alla Legge federale sugli stupefacenti per il suo cospicuo consumo. Un consumo ora completamente interrotto. Il giudice Marco Villa, nel motivare la sentenza, ha elogiato l’evoluzione positiva e la maggiore presa di coscienza dell’imputato, augurandogli di non più ricadere nella droga e invitandolo, «in caso di inciampi, a farsi aiutare».