Il Tribunale federale conferma il rifiuto delle istanze cantonali: per l'uomo niente regime aperto e niente congedo. C'è un rischio di fuga
Bastano due parole - delitto e Obino - per riportare alla memoria il 2010 e uno dei casi che più ha scosso il Mendrisiotto e l'intero cantone. È il 25 di marzo quando un marito toglie la vita alla giovane moglie, che, già madre di un bambino, in quel momento è in attesa del secondo figlio. Il novembre successivo, la sentenza della Corte delle assise criminali, presieduta dalla giudice Agnese Balestra Bianchi, non gli lascia scampo: è colpevole di assassinio; la condanna è a vita. Una condanna che l'uomo sta ancora scontando in regime di carcere chiuso. E così sarà ancora. Dopo la Corte dei reclami penali del Tribunale d'appello del Cantone Ticino, anche il Tribunale federale (Tf) ha, infatti, respinto il suo ricorso e confermato la decisione: niente sezione aperta e niente primo congedo.
Non era la prima richiesta di 'libertà' che il detenuto avanzava al Giudice dei provvedimenti coercitivi. Come in passato, però, per le diverse istanze non sussistono, al momento, le condizioni per modificare le condizioni carcerarie dell'uxoricida. A pesare per il primo giudice sono stati in particolare due aspetti, ovvero sia un pericolo di fuga sia un pericolo di recidiva. In altre parole, "la situazione del detenuto è stata ritenuta del tutto simile a quella in essere al momento dei precedenti rifiuti". Una valutazione, quella legata al rischio concreto che l'uomo possa riparare in Italia, dove ha degli evidenti legami, ribadita pure dalla Corte dei reclami penali.
Se è vero, insomma, come ricorda l'Alta Corte, che il carcere deve essere orientato al reinserimento e alla risocializzazione del detenuto; è altresì un dato di fatto che la situazione deve escludere, tra le altre cose, il pericolo di fuga, secondo una valutazione seria e oggettiva. In effetti, come ricorda il verdetto del Tf, "la Corte cantonale ha osservato che il termine per un'eventuale liberazione condizionale - che rimanda al 2025, ndr - è ancora lontano e che, dall'ultimo rifiuto di alleggerimento di regime, non sono stati registrati progressi nella definizione concreta di un luogo in cui l'insorgente potrà ricostruire un futuro e di un settore lavorativo in cui potrà reinserirsi professionalmente".
Ecco che le contestazioni dell'uomo non hanno fatto breccia: "Mal si comprende - annota ancora l'Alta Corte - come l'insorgente possa censurare la violazione dei diritti costituzionali e convenzionali invocati". Morale, "il rifiuto di primo congedo e di trasferimento in sezione aperta si rivela conforme al diritto". Per lui, quindi, le porte del carcere per ora restano chiuse.