Protagonisti Sergio Emery, con opere nate fra il 1983 e il 2003, e Miki Tallone e la sua 'ēx'. Visitabili fino al 4 luglio.
Doppia mostra dal 24 aprile al 4 luglio al Museo d'arte di Mendrisio. Protagonisti Sergio Emery, con opere nate fra il 1983 e il 2003, e Miki Tallone e la sua 'ēx'. Sergio Emery, lo ricordiamo, è stato tra i maggiori protagonisti dell’arte in Ticino nella seconda metà dello scorso secolo. Il suo percorso è singolare, non lineare come nel caso della maggior parte degli artisti della sua generazione. Dopo un esordio sulla scia del ‘900 (Carrà, Sironi, Morandi), si orienta verso il neopicassismo che ha modo di saggiare a Parigi nel’49 da Edouard Pignon. Questa prima stagione si conclude con il brusco abbandono della pittura e l’inizio di un periodo di 10 anni nel design moderno. Il suo percorso riprende verso la metà degli anni ’60 prima in direzione informale, poi in un’arte più concettuale e d’impronta ambientalista. Ma la grande svolta pittorica avviene nei primi anni ’80 con il ciclo delle bambole. È da qui che parte la retrospettiva di Mendrisio, sviluppandosi sull’arco di un ventennio. La stagione finale si snoda in una concatenazione di temi, tutti incentrati sulla natura, che vista a posteriori dà l’idea di un lavoro in progress di grande compattezza. Dominanti di una pittura tra gestuale e parvenze di figurativo: il segno, il ritmo, l’invenzione compositiva, l’inserto di materiali di scarto. Capitolo a sé, ultimo straordinario ciclo, Nel settembre del ’43, nel quale Emery recupera grazie a un sogno, dando briglia sciolta alla fantasia, un fatto accadutogli negli anni della guerra.
Miki Tallone (classe 1968) è un’artista ticinese la cui ricerca si basa sull’esplorazione dello spazio e del tempo – anche alla luce di studi personali in ambito performativo – e sulla raccolta di memorie private e collettive dei luoghi dove è ospite. Particolarmente importante all’interno del suo approccio concettuale è il confronto, sia architettonico sia ambientale, con i territori in cui opera e la concezione antropocentrica degli spazi: le sue installazioni, come lei stessa ha affermato sono «costruite attorno all’uomo, ma anche come emanazione dell’uomo». L’ampiezza dei riferimenti di Miki Tallone è composita, la sua abilità di interagire con l’ambiente ne fa una restauratrice al contrario: anziché ripristinare lo stato originario da esso evolve, integrandolo in una nuova visione nella quale il pubblico è chiamato ad interagire. Così è anche in 'ēx', la mostra allestita al Museo d’arte Mendrisio, per la quale Tallone ha concepito tre opere site-specific (nello splendido chiostro ad arcate e nel grande salone al primo piano) che ne rivelano l’attitudine alla ricodificazione dei contesti. Nei due progetti esterni (Arundo 1 e 2, e Fluo) Tallone si inserisce nel luogo storico non attraverso una sua manipolazione ma secondo un processo di assimilazione che integra lo spazio elevandolo oltre i confini architettonici; nell’installazione interna (Demo) il visitatore è sottoposto a una serie di silenziosi meccanismi di socialità attraverso la rappresentazione di un rituale (il banchetto) senza commensali, la cui gestualità statica e simbolica è cristallizzata nell’utilizzo della stoffa e di immagini complementari a parete.