Il Consorzio che gestisce la falda ha deciso: andrà in Procura. A Balerna i Verdi denunciano i rischi corsi negli anni dentro i limiti della zona protetta
Sulla contaminazione del Pozzo Prà Tiro si andrà fino in fondo (è il caso di dirlo). Il Consorzio Azienda che prende il suo nome ha deciso: sporgerà denuncia contro ignoti. Individuare i responsabili della contaminazione da perfluoro-ottansulfonato, più noto fra gli addetti ai lavori come Pfos, sarà pure una strada in salita, ma visto la via intrapresa non si intende proprio lasciar correre. Anzi, il plenum lo ha fatto capire in modo chiaro: sarebbe opportuno che anche i Comuni proprietari della falda, Chiasso e Balerna - di fatto i due danneggiati -, facessero altrettanto. In effetti, quello compiuto è un atto di coraggio, e al contempo di fiducia nelle istituzioni, propugnato in nome di un bene prezioso pubblico, l'acqua potabile. Era nell'aria: quella di questa sera, lunedì, per il Consorzio dell'Azienda Pozzo Prà Tiro (che unisce Chiasso e Balerna) guidato da Bruno Arrigoni, sindaco di Chiasso, non era la 'solita' assemblea. Altro che conti e lavori di manutenzione, i delegati si sono ritrovati fra le mani una bella grana da gestire: la contaminazione da perfluoro-ottansulfonato, appunto. E la questione è seria.
È vero, la potabilità dell'acqua che sgorga dalla falda e, da contratto, va ad approvvigionare gli abitanti di sei Comuni del Basso Mendrisiotto, è garantita. Sta di fatto che tanto l'Age, l'Azienda acqua, gas ed elettricità di Chiasso, che le amministrazioni toccate - con la cittadina di confine e Balerna, Morbio Inferiore, Novazzano, Vacallo e Coldrerio - non perdono di vista le misurazioni regolari che vengono condotte per tenere sotto controllo la situazione. Basta, infatti, che lo Pfos superi la soglia di legge di 0,3 microgrammi per litro e toccherà chiudere i rubinetti. Sino ad oggi ha confortato sapere, come conferma a 'laRegione' il direttore dell'Age Corrado Noseda, che le analisi hanno dato sempre "risultati conformi". In altre parole, al di sotto del limite federale. "Ma restiamo vigili, è il nostro dovere", ribadisce.
Nella regione in queste settimane, però, la preoccupazione è cresciuta. Tanto più che oltre allo Pfos, di recente, nei pozzi del Distretto è venuta (di nuovo) a galla un'altra sostanza sotto osservazione, il clorotalonil, di cui si sono trovate tracce in diversi pozzi (a Riva San Vitale, Novazzano, Genestrerio e LIgornetto), come riferito da questo giornale. Così, se da un lato si fa strada l'urgenza di concretizzare la captazione a lago - obiettivo dell'Arm, l'Acquedotto regionale del Mendrisiotto -, dall'altro c'è chi si interroga sulla salvaguardia, in questi anni, delle fonti d'acqua potabile. È il caso dei Verdi a Balerna, i quali, giusto questa sera hanno colto la palla al balzo del Consiglio comunale per riaprire il dibattito sulla tutela delle fonti idriche locali. Ovvero su un impegno ancorato, rilancia il gruppo per voce del consigliere Alberto Benzoni - prossimo a succedere a Rolando Bardelli in Municipio -, al Piano direttore cantonale - non sempre, annota, seguito pedissequamente - e rimbalzato, ricorda ancora, anche nei dibattiti consiliari al momento di dare il via libera al Consorzio Arm.
Non è un mistero che i Verdi a Balerna abbiano sempre fatto resistenza davanti alla soluzione del cosiddetto 'acquedotto a lago. Del resto, richiama Benzoni siglando una interpellanza, l'esecutivo è al corrente che 'il lago Ceresio è uno dei più inquinati della Svizzera? Che ha una forte presenza di microplastiche e che è nettamente il peggiore per quanto riguarda l'ossigeno disciolto'? D'altro canto, il gruppo non si è mai stancato di denunciare 'situazioni scabrose e illegali che mettevano in pericolo le nostre risorse idriche'. Come nel 2014 per la presenza di 'aziende che operavano illegalmente con materiali inquinanti nell'area ex Findus'. O come nel 2016, segnalando le 'discariche abusive di inerti sul Pian Faloppia, peraltro ancora presenti', incalza. Purtroppo, constata il consigliere, 'continuiamo a ripetere gli errori del passato - le vicissitudini del Pozzo Polenta a Morbio, rincara, non sembrano aver insegnato nulla -, ma con l'aggravante che oggi siamo molto più informati, abbiamo, o dovremmo avere, una maggiore sensibilità ambientale e abbiamo molti più mezzi per far fronte alle minacce che incombono sulle zone di protezione, in questo caso del Pozzo Prà Tiro'.
La partita, comunque, non è ancora chiusa. Non agli occhi del consigliere ecologista. E qui si innestano le domande rivolte al Municipio. Insomma, l'autorità comunale valuta come 'adeguate e sufficienti' le misure messe in atto a tutela della falda e delle sue zone di protezione? E nel caso in cui il pozzo venisse dismesso, 'è disposta a mantenere intatte le zone di protezione attuali per preservare la falda in caso di bisogno e per le future generazioni'? Ci sono poi altre altre due questioni da non sottovalutare, fa memoria il consigliere. La prima rimanda alla politica dell'Ustra, l'Ufficio federale delle strade, che 'riverserà al Consorzio (Arm, ndr) da 500mila a un milione di franchi per ogni zona di protezione delle acque stralciata' (qui, chiede Benzoni, 'qual è la posizione e il pensiero del Municipio in merito?'). La seconda rinvia alla costruzione dei nuovi fabbricati industriali sul Pian Faloppia. Edifici, fa sapere Benzoni, per i quali è stato necessario realizzare una palificazione, scavando in profondità. Ebbene, rimarca, 'la palificazione ha raggiunto ed è penetrata nella falda acquifera del Pozzo Prà Tiro per diversi metri. Chi ha controllato che fosse eseguita effettivamente secondo la domanda di costruzione e secondo le normative cantonali e federali?'. Ma soprattutto, 'come mai si permette la palificazione in profondità in zona di protezione delle acque?'.