In aula marito e moglie 'beccati' nel luglio del 2018 al valico di Brogeda con 40mila euro non dichiarati
Che la giornata giudiziaria di oggi potesse essere quanto meno originale, lo si è capito sin dalle prime battute, constatando al momento dell’entrata in aula l’assenza degli imputati; marito e moglie di nazionalità albanese. Assenza che ha costretto il presidente della Corte delle assise correzionali Amos Pagnamenta a fissare una nuova data per il procedimento. Salvo poi scoprire che l’uomo e la donna, di 36 e 24 anni, da Brescia al Ticino, in ritardo, ci sono arrivati. Nuova convocazione, dunque, cinque ore più tardi.
In aula sono così comparsi i coniugi (con prole al seguito) accusati di riciclaggio di denaro. Loro che, il 19 luglio del 2018, al valico di Brogeda, furono ‘pizzicati’ con quasi 40mila euro non dichiarati. Banconote (in larga parte di piccolo taglio) celate in due borse e nel reggiseno della donna. Ma non è tutto: dall’analisi delle forze dell’ordine è emerso che quei soldi erano “fortemente contaminati da cocaina”. Un caso ‘semplice’, verrebbe da dire, considerato il fatto che il procuratore pubblico Roberto Ruggeri, nel novembre dello stesso anno, firmò un decreto d’accusa con una condanna a una pena detentiva di 150 giorni sospesa condizionalmente. Decreto alla quale gli imputati si sono opposti, arrivando così in aula di tribunale.
E oggi – assistiti dai legali Michela Gentile ed Enrico Germano – hanno provato a far valere le proprie ragioni, rivendicando il proscioglimento dal reato di riciclaggio. Stando alle loro giustificazioni, infatti, quel denaro – la famiglia ha dichiarato di essere in viaggio (a bordo di un Porsche Cayenne prestato da un amico) verso l’Olanda – era provento «di una vendita di un terreno in Albania», poi di «un terreno e del bestiame» allevato nei Balcani, poi ancora, in aggiunta, «del latte prodotto dalle bestie» dal lavoro di autista svolto dall’uomo in Italia. Banconote, per di più, contaminate da cocaina così come l’interno dell’auto (nel baule v’erano anche tracce di eroina) e addosso agli imputati. Rinvenimenti che, ha sottolineato il giudice, «non sono affatto spiegabili con lo sporadico consumo che ha dichiarato il marito».
Per la Corte, quanto ricostruito dimostra un «traffico di cocaina inequivocabile», anche in considerazione del fatto che, meno di due mesi dopo il fermo a Brogeda, l’uomo fu condannato in Italia per aver trasportato più di 400 grammi di cocaina. Macchiatisi di una colpa definita «media», il giudice ha quindi confermato integralmente l’atto d’accusa, condannando marito e moglie a una pena di 140 aliquote giornaliere da 30 franchi l’una sospesa per un periodo di prova di due anni e alla multa di 800 franchi. E il denaro? «Confiscato».