Alla testa del laboratorio dell’Age, Giordano Vassalli da anni va a ‘caccia’ di batteri e inquinanti e tiene d’occhio la qualità di pozzi e sorgenti
La formula chimica, H2O, in sé è semplice. A chi non è rimasta impressa dai banchi di scuola? Il punto oggi è un altro. È garantire la qualità dell’acqua che si beve. E questo è un compito impegnativo per Comuni e Aziende acqua potabile. Per la legge, del resto, è un imperativo categorico. Perché anche quello che sgorga dal rubinetto di casa è una derrata alimentare, a tutti gli effetti. E in quanto tale deve essere ineccepibile. L’ingegner Giordano Vassalli, responsabile del laboratorio d’analisi dell’Age Sa – l’Azienda acqua, gas ed elettricità – di Chiasso, ne ha fatto la sua missione quotidiana. Tra microscopi, provette e piastre di coltura, è una sorta di ‘007’ alla ricerca di inquinanti con licenza di ‘uccidere’ batteri e intrusi chimici. «Fa già parte della filosofia dell’Age essere un metro davanti al problema. A maggior ragione quando si tratta di acqua potabile», chiarisce subito accogliendoci con il camice bianco d’ordinanza nel suo ‘habitat’ di lavoro: il laboratorio dell’Azienda. Quel luogo è una realtà da ormai una dozzina d’anni, ma dal giugno del 2018 lo si è trasferito nei nuovi locali ricavati all’interno della sede che affaccia su piazza Municipio. Lo spazio non è grandissimo, ma non manca davvero nulla per tenere d’occhio pozzi e sorgenti. Tant’è che a fine luglio il laboratorio ha ottenuto dalla Segreteria di Stato dell’economia la certificazione Iso17025. Adesso all’Age si possono effettuare analisi anche per altre aziende, industrie o privati: un sigillo importante. «E di cui andiamo orgogliosi – ci conferma Vassalli –. Il processo che ci ha portato sin lì è stato complesso». Il lavoro, d’altra parte, non manca: ogni mese sono un centinaio i campioni da esaminare. E in cima alla lista c’è, appunto, la qualità dell’acqua, sotto osservazione sul piano microbiologico e chimico.
Sotto l’Age ricade la responsabilità di ciò che bevono i circa 22mila abitanti del comprensorio che, oltre a Chiasso, abbraccia Balerna, Morbio Inferiore e Vacallo. «Qui – ci spiega il responsabile – monitoriamo l’acqua potabile, ma anche l’acqua ‘greggia’, ovvero non ancora trattata alla captazione. I processi sono sorvegliati da sensori; così noi andiamo a verificare se i filtri fanno il loro dovere. In questo modo possiamo intercettare l’eventuale problema per tempo e intervenire prima che un possibile contaminante arrivi in falda». È successo? «Il rischio c’è – ci dice Vassalli –. Ma in 12 anni è capitato 3 volte». Merito delle sentinelle che segnalano la presenza di microorganismi o l’indizio di un inquinamento; e questo 24 ore su 24, tutto l’anno, festivi compresi, osserva l’ingegnere. «Non possiamo dimenticare che l’acqua è un bene primario, che una volta in rete non si può fermare e che la bevono bambini, adulti, anziani e malati. Ecco che, quando ci si accorge che qualcosa non va, si è pronti a reagire». E qui la tecnologia dà una mano, accorciando i tempi di analisi. «Se con il metodo di coltura (per l’analisi dei batteri) servono giorni, con la Pcr (che permette di estrarre il Dna) oppure tramite la citometria di flusso, che restituisce per densità ottica la presenza di batteri e la loro pericolosità, si ha un risultato in pochi minuti; e può essere collegato direttamente alla fonte idrica».
Una strumentazione che dà la possibilità al laboratorio di affrontare anche nuovi compiti: come l’individuazione della legionella. Questo batterio si insinua nelle tubature e, se inalato, può essere all’origine di malattie come la legionellosi e la febbre di Pontiac. In questo caso pure i privati con un’attività commerciale – come alberghi, piscine e palestre – ma pure proprietari di immobili – sono tenuti a tenere sotto osservazione i loro impianti. E ad appurare che non vi siano presenze indesiderate (come è stato il caso sinora) ci pensa il team del laboratorio dell’Age di Chiasso. Nel Mendrisiotto le brutte esperienze, certo, non sono mancate. «Da un punto di vista territoriale – fa notare Vassalli – sussistono dei potenziali rischi su cui occorre continuare a vigilare. Pensiamo ai depositi di prodotti chimici, ai distributori di benzina o, per altro verso, alle stalle. D’altro canto, il nostro è un territorio carsico; e ciò espone le sorgenti a criticità superiori alla norma». Ha mai dovuto intervenire? «Ogni tanto lo si fa, a protezione della falda freatica. Si obbliga, ad esempio un proprietario, a prendere delle misure. Ribadisco: l’acqua è un bene comune. Ma mi sa – ammette il responsabile dell’Azienda – che, a volte, non mi faccio grandi amici».
'Vanno cambiate le abitudini'
La popolazione del Mendrisiotto l’esperienza se l’è fatta sulla sua... pelle. Negli anni Settanta era venuto a galla l’inquinamento del Pozzo B4 a Coldrerio, contaminato da solventi clorati. In un passato più recente – correva l’anno 2008 – era toccato, invece, al Pozzo Polenta a Morbio Inferiore: cancellato dalle mappe per una questione di idrocarburi. A rinfrescare la memoria, poi, solo l’altroieri, ecco la scoperta che nelle nostre falde può esserci traccia di pesticidi o fungicidi sparsi su campi e vigneti, come è accaduto, il settembre scorso, a Genestrerio. Lì, nel pozzo Gerbo, è affiorato il clorotalonil in concentrazioni superiori al consentito (cfr. ‘laRegione’ del 13 settembre). Per non parlare della ‘fuga’ di cloro (o meglio di sottoprodotti di clorazione) dalla piscina comunale di Chiasso, poi finito in un pozzo che disseta Vacallo e che ha costretto a chiudere anzitempo l’impianto balneare. Negli anni ce n’è stato a sufficienza per mettere sul chi va là cittadini e autorità. Insomma, si fa presto a dire facile come bere un bicchiere d’acqua.
«Vorrei sdrammatizzare quella che può essere la sensazione del cittadino – prova a rassicurare l’ingegner Giordano Vassalli dell’Age –. Perché più cerchiamo in profondità, grazie ai nuovi strumenti e alle tecnologie a disposizione, e più troveremo sostanze che in passato non c’erano». E che dipendono un po’ dalla responsabilità collettiva, come nel caso dei prodotti fitosanitari in agricoltura, ma non solo. «Queste ‘scoperte’ ci fanno capire che nelle persone devono cambiare la mentalità e la sensibilità. Tocca a noi, per primi, dove è possibile, modificare abitudini e consumi. In fondo, siamo noi che facciamo il mercato. Ecco che i cittadini devono essere rispettosi di sé stessi, ancor prima che dell’ambiente. Proprio perché l’acqua è un bene primario». Oggi, in ogni caso, si tende a tranquillizzare sulla presenza di determinate sostanze nella falda: i quantitativi riscontrati sono minimi. «Al di là dei quantitativi, da non trascurare sono l’interazione fra le diverse sostanze e le conseguenze per l’organismo. Un aspetto, quello del cosiddetto effetto cocktail, che ancora non conosciamo a fondo».
Per la serie meglio prevenire...