La Corte d'appello e revisione penale ha lasciato cadere il reato di soggiorno illegale. Il difensore: 'Riconosciute le motivazioni umanitarie e la situazione dei migranti a Como'
Una sorta di riscatto morale. Seppur parziale, una certa soddisfazione Lisa Bosia Mirra oggi sente di potersela prendere davanti al verdetto pronunciato dalla Corte d'appello e revisione penale (Carp). «L'ho sentita un attimo fa – dice a 'laRegione' l'avvocato Pascal Delprete – e nelle parole della Corte – presieduta dalla giudice Giovanna Roggero-Will, al suo fianco Angelo Olgiati e Matteo Tavian – si è sentita riconosciuta nella sua azione umanitaria». Nell'assolvere la 46enne dal reato di soggiorno illegale – riconosciuta, invece, colpevole di ripetuto aiuto all'entrata e alla partenza illegale –, la Carp non ha mancato di considerare le motivazioni che hanno mosso l'allora presidente dell'Associazione Firdaus, ma soprattutto la situazione che in quell'estate del 2016 si stava vivendo a ridosso della frontiera di Chiasso. Valutazioni che, come osserva il difensore, hanno avuto delle ricadute favorevoli sulla decisione e sulla commisurazione della pena (ridotta da 8'800 a 2'200 franchi, stralciata la multa di mille franchi). «La sentenza – ribadisce il legale – ci dà parzialmente ragione. Dalle motivazioni traspare la considerazione per uno scenario estremamente drammatico ed eccezionale».
La scena aperta, in quei giorni, era quella dei giardini davanti alla stazione ferroviaria San Giovanni di Como, dove avevano trovato rifiugio a centinaia (fino a 600) i migranti in fuga verso il Nordeuropa. È vero, la Carp non ha “ritenuto adempiuti i presupposti dello stato di necessità”. Non di meno, si sottolinea nella nota della Corte, “che quella creatasi presso quel giardino fosse una situazione di vera e propria emergenza è pacifico”. Un giardino che “non era assolutamente attrezzato a fungere da centro d’accoglienza”. Entrando nel merito, la Carp rileva ancora che “se, da un lato in quel giardino pubblico, si era venuta a creare una situazione di estremo disagio e precarietà, dall’altro ha considerato che i trasporti di migranti imputati a Bosia Mirra ( 20 cittadini di origine eritrea e siriana, sprovvisti di documenti, ndr) sono avvenuti quando l’emergenza era ormai gestita nei suoi aspetti più critici, grazie, in particolare, agli sforzi lodevoli di numerose associazioni di solidarietà intervenute (fra cui quella riconducibile proprio a Lisa Bosia Mirra)”. Con questa gara di solidarietà, “i migranti non erano abbandonati a loro stessi, la loro vita e la loro salute non erano in pericolo e il loro diritto ad ottenere aiuto in una situazione di bisogno (art 12 Costituzione federale) era, comunque, garantito”.
L'agire di Lisa Bosia Mirra, in ogni caso, ha visto riconosciute, altresì, delle attenuanti, in particolare per i suoi “motivi ideali e onorevoli” e per lo "stato di grave angustia”, siccome “pesantemente segnata e sofferente a causa di precedenti contatti con la tragica realtà dei migranti e dei campi profughi”. Non solo la 46enne, annota ancora la Corte, “ha già pesantemente pagato in termini di sofferenza e perdita di qualità di vita a causa della campagna denigratoria subita”.
Lisa Bosia Mirra e i suoi patrocinatori potrebbero, però, non fermarsi qui. «Siamo indirizzati a soppesare la possibilità di impugnare il dispositivo di fronte al Tribunale federale. Lo decideremo nei prossimi giorni».