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Il lutto di una famiglia e i timori dei valligiani

La vittima della frana in Val Colla, un 44enne di Viganello si stava recando su un cantiere. Lascia la moglie e cinque figli

In sintesi:
  • Il sospetto è che il cambiamento climatico abbia indebolito la parete rocciosa
  • Interrogazione al Municipio di Lugano; e il Cantone cosa fa?
Parte del materiale franato
(Rescue Media)
8 gennaio 2025
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Il giorno dopo è quello dei perché. Come sia potuto accadere, su una strada cantonale, già monitorata in passato e ritenuta non a forte rischio. L'incidente mortale di martedì resta per ora una tragica fatalità, che ha gettato nello sconforto una numerosa famiglia e tutta una comunità. Un masso che si stacca dalla parete rocciosa, e travolge una vettura di passaggio. Poi altri sassi, grandi e piccoli, un franamento che ha ovviamente interrotto la circolazione tra Sonvico e la parte alta della Val Colla, ripresa ieri sera.

La vittima, il 44enne Patrick Maggetti si era recato in valle dove la sua impresa di costruzione, la Maggetti & Co. di Viganello, ha un cantiere aperto a Cimadera. Non sapeva che ad attenderlo c'era l'imponderabile. La frana si è staccata da una parete che si trova fra lo scollinamento di Madonna d'Arla (Sonvico) e il villaggio di Treciò, sulla strada che più a valle porta a Piandera. Poche ore dopo, la conferma che l'automobilista colpito era deceduto. Lasciando attoniti la moglie e i cinque figli, tra i 5 e 22 anni d'età «Era il pilastro della nostra famiglia - ci dice affranta la consorte, Elena Bernasconi Maggetti - dei figli come della ditta, che ha una quindicina di dipendenti. Siamo nella disperazione». Una vita dedicata al lavoro e ai suoi cari quella di Patrick Maggetti; nel poco tempo libero amava seguire le partite di hockey, il Lugano di cui era tifoso e anche sostenitore attraverso la ditta. Sulla salma sono stati disposti esami autoptici, esperiti i quali potranno essere celebrati i funerali, probabilmente nella chiesa di Viganello dove risiede questa famiglia.

Il Cantone tace

Intanto durante la giornata di mercoledì, sul luogo dell'incidente erano al lavoro diverse unità di intervento, tra cui i geologi scalatori che in cordata hanno cercato di ripulire la parete facendo cadere altre rocce pericolanti. Presente anche il geologo cantonale Andrea Pedrazzini. Che però, così come la direzione del Dipartimento del territorio, non ci ha potuto rilasciare dichiarazioni. Una prassi del Consiglio di Stato, questa la spiegazione, quando vi è in corso una inchiesta giudiziaria. Che è stata aperta d'ufficio trattandosi di un incidente mortale.

Resta quindi la domanda: cosa è successo al ‘Saas di Corvi’, come si chiamava questo grande masso, che da tempo immemore osservava il passaggio delle genti sulla angusta strada sottostante.

Gelo e disgelo, una causa possibile

Chi conosce bene la zona e queste pareti di roccia è la granconsigliera del Ps Simona Buri, che vive nel vicinissimo villaggio di Treciò. «Prima di tutto vorrei fare le condoglianze alla famiglia» ci risponde. «Io in quel punto sono passata migliaia e migliaia di volte, senza mai pensare di correre un rischio. Una decina d'anni fa, dopo la frana di Davesco, venne la geologa cantonale, e svolse una ispezione, dopo avere anche parlato con noi residenti». Evidentemente, si concluse che non vi fossero particolari rischi. Infatti la zona è sprovvista di reti paramassi, circostanza finita ora sotto la lente d'ingrandimento. «Io sono abbastanza convinta che nel distacco della frana c'entrino qualcosa i cambiamenti climatici, il continuo gelo-disgelo» ci dice ancora Simona Buri. «Ultimamente sono caduti venti centimetri di neve, ma dopo tre giorni non c'era più niente. La zona della frana è sempre stata molto fredda, anche d'estate, e d'inverno c'erano i ghiaccioli attaccati alla roccia. Ora non è più così». A quanto ricordano i residenti, questo tratto di vallata non è tra quelli cronicamente colpiti da frane. Nessuno si può sentire al sicuro? La dinamica della tragedia richiama del resto altri incidenti, come quello di Gurtnellen nel 2006 (due morti) e quello alla Forca di San Martino nel 2007 che costò l'amputazione di una gamba alla conducente.

Interrogazione a Lugano

Un'altra personalità della vallata, il consigliere comunale Angelo Petralli, ha così inoltrato un'interrogazione a nome del gruppo del Centro di Lugano: “Frane in Val Colla: la mappa dei pericoli naturali va aggiornata?” Petralli ricorda due atti parlamentari pendenti, tra cui un messaggio da 8,2 milioni di franchi, che dovrebbe andare ai voti del Consiglio comunale di Lugano in occasione della prossima seduta. “Per la Val Colla sono previsti interventi a Maglio di Colla (reti paramassi) e lungo i riali di Curtina, di Bogno, di Certara, di Cimadera-Piandera e di Cimadera-Mulini di Piandera; inoltre si richiede di poter predisporre il monitoraggio di diversi luoghi di Signôra, di Colla, di Bogno e di Cimadera”, scrive. Il punto esatto della frana non rientrerebbe nel catalogo dei lavori previsti. “Poiché nella maggior parte dei casi si tratta di strade cantonali, chi decide cosa fare tra Città e Cantone? Chi si assume la direzione lavori? Come sono ripartiti gli oneri finanziari?” chiede Petralli. “Il Piano delle zone soggette a pericolo naturale del Piano regolatore di Cimadera è stato aggiornato dopo il 2018? O se ne prevede un aggiornamento? Altri piani regolatori in vigore a Lugano e in particolare in Val Colla necessitano di un aggiornamento dei rispettivi Piani delle zone soggette a pericolo naturale? Con quale ordine temporale?”.

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