Bilancio natalizio in chiaroscuro per Bosco Gurin, dove l’inversione termica rovina i piani dei gestori. Frapolli: ‘Troppi ricorsi bloccano le iniziative’
Passata l’Epifania, anche per Bosco Gurin è tempo di un primo bilancio della montagna. Natale e Santo Stefano si sa, portano solitamente nelle casse delle società che gestiscono gli impianti sciistici il 40-50% degli introiti stagionali. Ma Babbo Natale quest’anno lassù è arrivato senza sci: «La poca neve e l’apertura parziale della stazione alto valmaggese non ha sicuramente portato un boom di sciatori sulle piste e nelle strutture ricettive, tuttavia – come spiega Giovanni Frapolli, proprietario e gestore degli impianti – gli appassionati (scuole di sci, famiglie e bambini con bob e slittini, ciaspolatori) non sono mancati e il bilancio non è così negativo. Con piacere abbiamo riscontrato la presenza di un gran numero di confederati proprietari di case di vacanza nel Locarnese. I calcoli sono comunque presto fatti, anche se bisogna riconoscere che il Ticinopass ci è di aiuto, dal momento che offre la possibilità di ottenere sconti in comprensori esterni al nostro territorio. Più che la mancanza di copiose nevicate, sono state le temperature alte in quota (il noto fenomeno dell’inversione termica) a complicarci la vita, rendendo impossibile il ricorso al sistema di innevamento automatizzato predisposto. Si è dunque potuto sciare sfruttando unicamente un 20% dell’intero comprensorio sciistico. Se non possiamo garantire la totale sicurezza dell’utenza, rinunciamo ad aprire le piste».
La neve, ironia della sorte, è arrivata negli ultimi giorni prima dell’Epifania. «Questo ci ha consentito di aprire, nel fine settimana, la seconda seggiovia che sale ai 2’400 metri del Sonnenberg. Contrariamente a quanto si potrebbe pensare ne sono arrivati 15 centimetri, contro il mezzo metro che ha invece imbiancato le valli più a est del Cantone. Purtroppo il clima non lo possiamo influenzare, ma dobbiamo adattarci e reagire ai cambiamenti. Auguriamoci che i prossimi inverni siano migliori altrimenti finiremo con le spalle al muro. Ricordo, inoltre, che con il nubifragio che ha colpito a fine giugno la Lavizzara e la Bavona, anche noi siamo rimasti praticamente isolati dal punto di vista dell’affluenza turistica per oltre due mesi. Senza il ponte di Cevio, che ha messo a nudo la fragilità del sistema viario vallerano, pochi ospiti sono arrivati quassù. Certo, ai vicini è andata ben peggio, tra distruzione e morti. Tutta l’economia dell’Alta Vallemaggia ha risentito di questa tragedia». Utilizzando la metafora del re nudo, l’alluvione è stata quel colpo di vento che gli strappa l’ultimo lembo d’abito di dosso.
E mentre in Lavizzara e Bavona è iniziata la fase di riflessione e ricostruzione, in Rovana si cerca di fare il possibile per migliorare i propri servizi in modalità compatibile con la crisi climatica. Le ricette sono chiare: destagionalizzare e fare squadra. L’epoca delle sciate dal primo dicembre a fine aprile sembra essere tramontata.
«Alla base di ogni discorso di rilancio con offerta diversificata – prosegue Frapolli – ci sono comunque nuovi investimenti. Ma per mantenere quelle persone disposte a investire capitali è necessario creare il pieno consenso attorno ai progetti. E qui è doveroso aprire una parentesi, anche polemica: dal 1998 a oggi a Bosco Gurin abbiamo continuato a investire capitali per poter accrescere l’offerta e portare a termine i progetti a suo tempo pianificati nel businessplan. Ebbene sono trascorsi più di 25 anni e molti di essi sono ancora fermi davanti ai tribunali. Penso ad esempio al collegamento con la Valle Formazza o all’ampliamento dell’Hotel Walser con la creazione della Spa. Vi sono dei ritardi generati dalla pianificazione, dalla burocrazia e da opposizioni da parte di gente che non ha sicuramente a cuore il futuro delle zone periferiche e che blocca tutto. Non è ammissibile che un imprenditore debba attendere decenni per veder realizzati i propri investimenti, mettendo così a repentaglio quanto si è costruito dal 1998 in poi. Altrimenti perde la pazienza e molla tutto. Ne va dello sviluppo della valle! È necessario rafforzare la cooperazione tra gli attori del territorio (imprese, lavoratori, imprenditori, autorità politiche e patriziali, Cantone, associazioni) per identificare e progettare infrastrutture che rivitalizzano quelle esistenti. Tanti anelli di una catena finalizzata all’accoglienza e allo svago turistico che, uniti fra loro, possono garantire redditi alternativi e il futuro di queste località. La politica deve perciò ‘premiare’ questi imprenditori coraggiosi che investono nelle zone periferiche sempre più in difficoltà e confrontate con lo spopolamento».