Assise correzionali di Lugano: condannata a sedici mesi sospesi per tre anni una 43enne. Nel 2023 ha dato fuoco a una stanza del centro di accoglienza
«Sono schizofrenica». Consapevole della malattia, come anche del danno causato, la 43enne ucraina che ha appiccato un incendio all’ex Convento Salita dei frati lo scorso ottobre è stata condannata oggi a sedici mesi di carcere sospesi per tre anni, per i reati di incendio intenzionale e violenza o minaccia contro le autorità e i funzionari. La pena, concordata dalle parti, è stata giudicata idonea al termine di un dibattimento svoltosi nella forma del rito abbreviato dal presidente della Corte delle Assise correzionali di Lugano Mauro Ermani. Per la donna sono stati ordinati anche un trattamento medico ambulatoriale e un’assistenza riabilitativa.
Il rogo è scoppiato nel pomeriggio del 27 ottobre 2023 in una camera, la 26, del primo piano dell’ex Convento trasformato in centro di accoglienza per richiedenti l’asilo in concomitanza con l’invasione russa dell’Ucraina. Altre ventiquattro, tra ospiti e operatori, le persone presenti nell’edificio al momento dei fatti. Secondo la ricostruzione effettuata dal procuratore pubblico Pablo Fäh, la donna – che si trovava da poco nella struttura – ha dato fuoco con degli accendini a degli oggetti nella stanza, per poi abbandonarla e chiuderla a chiave, lasciando così che le fiamme attecchissero e si sviluppassero. Stando alla versione fornita dall’imputata, ci spiega l’avvocata Demetra Giovanettina, la donna avrebbe avuto delle difficoltà nell’aprire la propria valigia e per farlo avrebbe utilizzato l’accendino.
Tuttavia, la 43enne già in passato, prima ancora del suo arrivo in Svizzera, ha avuto dei problemi legati al fuoco e probabilmente dovuti alla sua malattia. Al momento dei fatti le è stata infatti diagnosticata una scemata imputabilità di grado medio-grave a causa della schizofrenia dalla quale è affetta. E che lo scorso autunno non era in cura. Sembrerebbe infatti che il suo male, o quantomeno la sua gravità, non siano stati adeguatamente presi a carico prima dell’incendio, non solo in Ticino ma neanche a Zurigo, dove l’accusata è arrivata scappando dal conflitto. A causa del rogo, che ha completamente distrutto la camera nella quale era alloggiata la donna, in tutto lo stabile si sono diffusi fumo e fuliggine. Tutti gli occupanti sono stati evacuati e due persone hanno dovuto essere trasportate in ospedale per degli accertamenti medici. L’edificio, bene culturale che ospita anche una preziosa biblioteca del Sedicesimo secolo, ha subito danni quantificati in oltre 157’000 franchi. La 43enne invece è stata posta in carcerazione preventiva, dov’è rimasta per oltre sei mesi, alla quale è seguita una serie di misure sostitutive. Fra queste, l’obbligo di presentarsi tre volte a settimana in polizia e il divieto di lasciare la Svizzera con tanto di blocco dei documenti d’identità. Queste misure sono ora cadute. La condannata, detentrice di un permesso S, non verrà in ogni caso espulsa, in virtù della sua situazione personale come pure del Paese di provenienza, notoriamente in guerra.
Oltre che per incendio intenzionale, la donna è stata condannata anche per aver colpito con un pugno al petto un impiegato dell’amministrazione cantonale attivo nella logistica del Punto di affluenza per richiedenti l’asilo. Quest’episodio è avvenuto alcune settimane prima dell’imputazione principale e la rabbia della 43enne è stata causata da una risposta dell’uomo: lei, dicendo che necessitava di chiamare i familiari, stava spiegando che le carte telefoniche non erano funzionanti, mentre lui le ha replicato che avrebbe dovuto attendere qualche giorno per sistemare le cose. «L’incarto ci consegna una persona diversa da quella che vediamo oggi in aula – ha detto Ermani –: aggressiva, poco collaborativa, rivendicativa, con un passato molto problematico fatto di tanti ricoveri in cliniche psichiatriche. Addirittura compiaciuta dell’incendio provocato». «È rassicurante che sia consapevole della sua malattia e soprattutto che stia seguendo una terapia» ha concluso il giudice, ammonendola dallo stare lontano dal fuoco.