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Ex Macello: ‘Non ci sono segreti degni di protezione’

Tra i requisiti per togliere i sigilli posti dalla Polizia cantonale, il giudice Ares Bernasconi ha intravvisto ‘sufficienti indizi di reato’

In sintesi:
  • Secondo il gpc, la misura è proporzionale perché i documenti ‘schiariti’ potrebbero essere utili all'inchiesta penale.
  • Non bastano le tesi sollevate da Matteo Cocchi, che ha evocato motivi di sicurezza pubblica per mantenere gli ‘oscuramenti’.
Un’immagine del 30 maggio 2021. Le macerie sono ancora lì
(Ti-Press/Archivio)
30 luglio 2024
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La ricerca della verità prevale sul mantenimento dei sigilli. Di più: sussistono sufficienti indizi di reato nell’operazione di sgombero degli autonomi dall’ex Macello di Lugano e soprattutto nel successivo abbattimento dello stabile ‘F’, che era occupato con il beneplacito di una convenzione sottoscritta a fine 2012 dall’associazione Alba con il Municipio e il Consiglio di Stato. Questi passaggi spiccano nella decisione del giudice dei provvedimenti coercitivi Ares Bernasconi, che, tra l’altro, non ha rilevato “segreti degni di protezione” e ha disposto la levata dei sigilli sulla documentazione fornita dalla Polizia cantonale in merito all’operazione delle forze dell’ordine nella notte tra il 29 e 30 maggio 2021.

Le operazioni più volte approfondite

L’accoglimento dell’istanza di dissigillamento, presentata nel novembre del 2023 dal procuratore generale Andrea Pagani, poggia sull’esistenza di sufficienti indizi di reato e su una serie considerazioni giuridiche. Tuttavia, la decisione, alla quale ‘laRegione’ ha avuto accesso dopo esplicita richiesta formulata da direttore e vicedirettore, include osservazioni che potrebbero (o, forse, dovrebbero) avere un impatto politico. Dalla decisione di dodici pagine firmata da Bernasconi, emerge che le operazioni ‘Papi’ (pianificazione dello sgombero), ‘Aiemo’ (mantenimento dell’ordine in vista della manifestazione del 29 maggio 2021) e il successivo abbattimento di un edificio dell’ex Macello erano state pianificate nel dettaglio, in varie riunioni, alcuni mesi prima. Il giudice lo mette nero su bianco: “Nel caso in esame, i sufficienti indizi di reato sono ampiamente dati nel quadro di una procedura di dissigillamento: dagli atti istruttori sino a ora esperiti emerge che la notte del 30 maggio 2021 ha avuto luogo l’abbattimento (e la totale demolizione) dello stabile ‘F’ presso l’ex Macello di Lugano, senza che vi fosse la relativa licenza edilizia, e senza aver esperito preventivamente le verifiche necessarie ai sensi della protezione dell’ambiente, causando al contempo il danneggiamento di beni mobili ubicati all’interno dell’edificio stesso. Tali circostanze si sono verificate allorquando, perlomeno dall’11 marzo 2021 (ovvero almeno 2 mesi prima della demolizione), è stato costituito uno Stato maggiore – composto dagli ufficiali della Polizia cantonale e da un ufficiale della Polizia comunale di Lugano – che ha ipotizzato, tra i vari scenari possibili, sin da subito interventi di natura edilizia”. In questo passaggio, il giudice si riferisce agli atti istruttori che ha potuto visionare prima e dopo la sentenza della Corte dei reclami penali (Crp), che ha costretto Pagani a completare l’inchiesta penale sulla demolizione dell’ex Macello di Lugano, respingendo al mittente il decreto di abbandono risalente al dicembre del 2021. Un decreto di abbandono che aveva scagionato dalle accuse di abuso di autorità, violazione intenzionale (sub. colposa) delle regole dell’arte edilizia, infrazione alla legge federale sulla protezione dell’ambiente e danneggiamento il vicecomandante della Cantonale Lorenzo Hutter (a capo dell’operazione di polizia) e la municipale di Lugano Karin Valenzano Rossi. Proprio la sentenza della Crp ha chiesto a Pagani di acquisire, tra le altre cose, “gli ordini di servizio e di impiego e i piani di intervento redatti/acquisiti dallo Stato maggiore, per chiarirne l’organizzazione e il numero di agenti impiegati, ma soprattutto i loro rispettivi obiettivi”.

Stabile ‘F’ e la demolizione ipotizzata

Ma quali sono i fatti di cui parla Bernasconi? Il giudice, nella decisione, indica gli “scambi di corrispondenza e-mail tra il Dicastero immobili della Città di Lugano e la Polizia di Lugano, rispettivamente all’interno della Polizia comunale stessa, risalenti al 12 marzo 2021 nei quali si discute in merito all’ipotetica demolizione. Si tratta, lo si ribadisce, di scambi di corrispondenza e-mail inviati oltre 2 mesi prima dell’abbattimento dello stabile ‘F’ dell’ex Macello. Agli atti vi è pure un verbale di una riunione, svoltasi in data 6 maggio 2021 tra degli ufficiali della Polizia cantonale e dei municipali del Comune di Lugano, dov’è stato espressamente indicato che ‘La rioccupazione è un elemento da considerare e quindi la ditta dovrà essere subito presente per eliminare l’infrastruttura’. Visto quanto precede, oggettivamente gli indizi di reato a questo stadio non possono essere negati”. Poi, a proposito di quell’incontro che si svolse poco dopo le elezioni comunali dell’aprile 2021 del relativo verbale, il giudice scrive che “il Comandante (della Polizia cantonale, Matteo Cocchi, ndr) ha ritenuto di annettere agli atti l’ultimo passaggio oscurato alla pagina 3 del verbale, il cui tenore è il seguente: ‘Viene chiesto dall’autorità un tempo di preavviso necessario per lo sgombero (…) ribadisce che l’autorità dà l’ordine e nessuno saprà quando avverrà sino all’ultimo momento. Indicativamente, cita 72 ore (...), tempi più lunghi per il coinvolgimento del Gmo’ (Groupement latin de sécurité publique et de Maintien de l’Ordre, le forze speciali antisommossa che sono intervenute nella notte tra il 29 e il 30 maggio di tre anni fa, ndr). Preso atto del parziale triage concordato tra l’autorità inquirente e la Polizia cantonale, la presente decisione verterà sui restanti passaggi oscurati della documentazione posta sotto sigilli”.

‘Papi’ e ‘Aiemo’

La gravità degli illeciti giustifica la misura

In concreto, scrive Bernasconi nella decisione, “in tutti i documenti oscurati trasmessi dalla Polizia cantonale vi sono presumibilmente quelli rilevanti per il procedimento penale”. Documenti che potrebbero quindi contribuire “a chiarire ulteriormente le dinamiche dei fatti occorsi la notte del 29/30 maggio 2021 relativi alla demolizione dello stabile ‘F’ dell’ex Macello di Lugano”, si legge. Secondo quanto scrive il giudice, “sarà proprio mediante i documenti dettagliati relativi alle operazioni ‘Papi’ e ‘Aiemo’, nonché i verbali delle riunioni dello Stato maggiore creato ad hoc che sarà possibile fare ulteriore luce sui fatti”. Peraltro, continua Bernasconi, “tali accertamenti istruttori sono stati richiesti dalla Corte dei reclami penali con sentenza del 28 giugno 2023”. Una sentenza, che ricordiamo, ha imposto al pg di procedere con altri approfondimenti. Il giudice aggiunge che, “per poter compiutamente indagare sui reati oggetto del presente procedimento, non vi sono misure meno incisive dell’ordine di perquisizione e sequestro operato sui verbali delle riunioni dello Stato maggiore (che si è occupato di pianificare, e poi di seguire sul campo le operazioni che sono di seguito sfociate nell’effettiva demolizione la notte dei fatti), rispettivamente sui documenti relativi ai dettagli della pianificazione e dell’attuazione delle operazioni ‘Papi’ e ‘Aiemo’ sopraindicate. Infine, va considerato come la gravità dei reati oggetto dell’indagine giustifichino la misura coercitiva adottata. In definitiva, i principi della proporzionalità e della sussidiarietà sono anch’essi rispettati”.

Non escluso il coinvolgimento di terzi

Insomma, ci sono i presupposti giuridici affinché possa essere accolta l’istanza presentata da Pagani. Del resto, sottolinea il giudice, “è sufficiente che il Ministero pubblico dimostri che fra i documenti e i dati sigillati ci siano presumibilmente quelli rilevanti per il procedimento penale”. Bernasconi ha rilevato “la sussistenza di sufficienti indizi di reato giustificanti l’ordine e le modalità d’esecuzione della perquisizione e del sequestro, la proporzionalità di queste ultime, l’utilità potenziale per l’inchiesta dei documenti posti sotto sigillo, nonché l’assenza, nella fattispecie, di segreti degni di protezione, la documentazione posta sotto sigillo deve essere riconsegnata, rispettivamente rispedita al Ministero pubblico, il quale potrà procedere praticamente al dissigillamento dell’intera documentazione”. Nella decisione affiora pure altro: “Allo stadio attuale, non è possibile escludere che, nel contesto del procedimento penale relativo alla demolizione dello stabile ‘F’ dell’ex Macello di Lugano, la qualità di imputato venga estesa a terze persone sottostanti al segreto d’ufficio (si pensi, a titolo di puro esempio ipotetico, ad altre persone attive in seno alla Polizia cantonale, rispettivamente alla Polizia comunale, oppure alla Città di Lugano), nemmeno tale motivo è ostativo al dissigillamento della documentazione in oggetto. Si segnala peraltro che, dal silenzio del Consiglio di Stato (il quale è stato invitato più volte dallo scrivente giudice nel contesto di questa procedura a esprimersi in merito al dissigillamento), se non fosse altro per difendere la delega decisionale in favore della Polizia cantonale, non si può non dedurre un notevole interesse alla difesa delle proprie prerogative”.

Un intero classificatore ‘oscurato’

Invece, non sono bastati gli argomenti avanzati dal comandante della Polizia cantonale Matteo Cocchi. In questo conflitto tra autorità, secondo il giudice Bernasconi, Cocchi “non ha concretamente sostanziato gli asseriti motivi di sicurezza pubblica alla base della richiesta di mettere sotto sigilli i documenti in questione, essendosi limitato a indicare che si tratta di ‘informazioni di natura tattica e strategica per interventi di polizia, la cui divulgazione potrebbe rappresentare una minaccia per la sicurezza pubblica nel contesto di interventi futuri’. Infatti, i documenti posti sotto sigillo in formato cartaceo occupano un classificatore intero e, dal verbale di incontro del 21 dicembre 2023 (con il procuratore generale), rispettivamente dalle osservazioni del 29/30 gennaio 2024 della Polizia cantonale, emerge che sono state avanzate, quali motivazioni e spiegazioni atte a precisare la portata dei motivi di sicurezza pubblica, rispettivamente del segreto d’ufficio, unicamente poche frasi. Nel quadro della procedura di dissigillamento occorre particolare cura nel sostanziare i segreti, ciò che nella fattispecie manca completamente. Anche andando per ipotesi, mal si comprende quali siano i motivi di sicurezza pubblica o di segreto di ufficio”.

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